Alta Terra di Lavoro

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La Storia che non si racconta

Posted by on Mar 22, 2017

La Storia che non si racconta

Un estratto da “Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta” scritto dal Cappellano dell’esercito borbonico Giuseppe Buttà, testimone oculare dell’invasione nel Regno delle Due Sicilie.

………..Circa la invasione del Regno di Napoli si dissero e si stamparono cose iperboliche sul merito militare di Garibaldi, ed hanno innalzato costui al di sopra di Turenna, di Federico II, di Napoleone I.

Senza spirito partigiano vediamo quali furono le battaglie vinte dal duce rivoluzionario, e qual merito militare dimostrò da Marsala al Volturno. Per maggior comodo de’ miei benevoli lettori compendierò in poche pagine la Iliade garibaldesca ricavandola da’ fatti autentici, e che oggi sarebbe impudenza mettere in dubbio.

Garibaldi partì dal continente confortato dagli aiuti morali e materiali del governo sardo.

Egli sbarcò a Marsala quando già sapea che la guarnigione era stata mandata a Girgenti per ordine del comando generale di Palermo: quella guarnigione a piedi comandata dal colonnello Francesco Donati sembrò pericolosa allo sbarco garibaldesco e due giorni prima fu mandata altrove. Due legni inglesi fecero la spia contro i regï, e protessero lo sbarco di Garibaldi.

Tre piroscafi di guerra napoletani che si trovavano in crociera nelle acque di Marsala, presero il largo fino che non si fosse effettuato quello sbarco.

Uno di quei piroscafi, il Capri, era comandato da Marino Caracciolo, che poi, come rilevasi dalla Difesa Nazionale di Tommaso Cava, a pag. 101, volle tenuto al fonte battesimale un figlio da Garibaldi, e costui memore de’ servizii ricevuti da quello in Marsala, accettò con piacere di farsi compare col primo che tradì Francesco II. Marino Caracciolo è quello stesso che poi entrò il primo nel forte di Baia e prese possesso a nome del compare.

Un altro legno era comandato da Guglielmo Acton, poi ministro del Regno d’Italia!

Nello stesso sbarco di Marsala, tanto celebrato da’ rivoluzionarii, nulla trovo di straordinario, neppure potrebbe dirsi audace. Garibaldi a Calatafimi fu sbaragliato coi suoi mille da solo quattro compagnie dell’8° cacciatori comandate dal maggiore Sforza. Ma Landi, come sapete, avea accomodati gli affari suoi, quando vide il compare Garibaldi a mal partito per la disobbedienza di Sforza, volendo riparare il mal fatto di costui, fuggì verso Palermo col resto della grossa brigata di 3000 uomini, lasciando le quattro compagnie senza munizioni, e senza avvertirle della sua fuga.

Sin’oggi i garibaldini strombazzano che vinsero a Calatafimi, mentre furono battuti da sole quattro compagnie che non oltrepassavano cinquecento uomini, e costoro s’impossessarono pure della loro tanto celebrata bandiera di Montevideo.

Garibaldi appena assalito al Parco fuggì in disordine assieme a’ suoi; e vedendosi abbandonato dalla squadre siciliane, volea gettarsi su’ monti per aspettare il tempo e l’occasione d’imbarcarsi sul continente.

I suoi ammiratori dicono che quella fu una gran manovra militare per ingannare i regï, ma si sà, e lo pubblicarono gli stessi garibaldini, che il loro duce era scoraggiato, ed avea abbandonato il progetto di entrare in Palermo.

Crispi e il Turr cominciarono a persuaderlo della necessità di entrare audacemente in Palermo: e il comitato rivoluzionario di quella città finì di convincerlo, con fargli conoscere che avea delle pratiche con qualche duce regio, e che costui gli avrebbe lasciate libere le Porte di S. Antonino, e di Termini per entrare in Città comodamente.

Difatti la sera precedente ad onta che il generale Lanza sapesse che Garibaldi dovea entrare la mattina seguente in Palermo da quelle porte, non solo richiamò attorno a sè al palazzo reale la brigata Colonna che campeggiava fuori le porte di Termini, e S. Antonino, ma sguarnì di truppa quelle due porte; alla prima lasciò 59 soldati del 9° di linea, alla seconda 260 reclute del 2° cacciatori, che ancora non sapeano maneggiare il fucile.

Non trovo nulla di estraordinario che Garibaldi confortato dalle buone disposizioni di Lanza a suo riguardo, sia entrato da quelle due porte con quattromila uomini tra garibaldini e squadre siciliane.

Il generalissimo Lanza invece di combattere validamente l’invasore, avendo a sua disposizione ventiduemila uomini, prima lo lasciò fortificare con ripari e barricate, poi mandò drappelli di soldati per combatterlo, e quando costoro arrecavano danni agli invasori era solerte a richiamarli indietro.

Lanza per rendere un maggior servizio alla rivoluzione, bombardò Palermo senza necessità e senza scopo militare, indi pregò Garibaldi per un armistizio, che finì poi con l’abbandono di Palermo e dell’Isola.

Il 30 maggio la sola brigata Meckel sbaragliò tutti i rivoluzionarii fortificati in Palermo. Garibaldi era perduto, gridava: tradimento! sono stato tradito! Ricorse al generale Lanza per salvarsi da’ soldati di Meckel, e quel Generale trattenne il braccio di costui che stava già per stritolare Garibaldi e tutti i suoi.

Dopo questi fatti, Lanza senza far bruciare una cartuccia da’ ventiseimila soldati che avea sotto i suoi ordini, e che fremeano di battersi, abbandonò Palermo e la Sicilia a Garibaldi!

L’entrata di Garibaldi in Palermo si celebra da’ rivoluzionarii come una gran vittoria militare, è un’impudenza mentire con tanta sfacciataggine: lo credono i gonzi, e coloro che non sanno o non vogliono sapere i fatti di quella tragicomedia.

Il Dittatore della Sicilia vinse a Milazzo, cioè con ottomila uomini tra garibaldini e truppa piemontese in camicia rossa, oltre delle squadre siciliane, dopo otto ore di combattimento fece ritirare nel castello mille soldati napoletani.

Che Garibaldi avea in Milazzo ottomila uomini tra garibaldini e truppa piemontese, lo disse egli medesimo al comandante del vapore francese il Protis; che Bosco oppose soli mille uomini, si rileva dal documento che riportai a pag.109.

È da osservarsi poi che Garibaldi oltre della superiorità del numero avea una flottiglia che bersagliava i regï in Milazzo, ed avea l’appoggio morale in Messina da Clary, ed in Napoli da’ ministri liberali, D. Liborio e Pianelli. E da osservarsi ancora che il merito del fatto d’ami di Milazzo è tutto dovuto a Medici e Cosenz; sin dal principio della pugna Garibaldi lasciò il campo di battaglia e se ne andò sul Veloce.

Nulla dunque si rileva di estraordinario per parte di Garibaldi circa il fatto d’armi di Milazzo, ma trovo estraordinario solamente che mille soldati napoletani lottarono 8 ore contro tutta la rivoluzione cosmopolita, e dopo di avere uccisi ottocento garibaldini, in bell’ordine si ritirarono nel castello di Milazzo, ed era ciò secondo le istruzioni di Clary date a Bosco.

Garibaldi assalendo i regï in Milazzo era certo del fatto suo, dappoichè se da Messina o da Napoli fossero arrivati altri tre o quattro Battaglioni, la rivoluzione sarebbe stata distrutta anzichè acquistar forza morale e materiale.

Sino a Milazzo non trovo dunque alcun fatto che dimostra essere Garibaldi un generale di qualche merito.

In Calabria, il Dittatore non sostenne alcun fatto d’armi importante; il suo passaggio sul continente calabro fu agevolato e protetto dalla squadra sarda, e da quella napoletana, e lo dimostra la 2a parte del Diario di Persano.

Il fatto d’armi di Reggio o sia scaramuccia, fa poco onore a Garibaldi: costui fece assalire tre compagnie mentre dormivano sicure di non essere molestate, ignorando il tradimento del proprio generale Gallotti; e perché il prode colonnello Dusmet si oppose all’irrompente piena de’ nemici che si riversavano nella piazza del duomo per opprimere i suoi soldati dormienti, è assassinato assieme al figlio…!

Dopo la scaramuccia della piazza del Duomo, i garibaldini ne sostennero un’altra finta contro il Castello di Reggio: sicuri che il comandante generale Gallotti avrebbe ceduto quando essi l’avessero desiderato, avendogli lasciata in ostaggio la sua famiglia. Sul lido reggiamo e sopra que’ vicini monti, Garibaldi sostenne insignificanti scaramucce, avendosi comprato il generale Briganti comandante una brigata, ed avendo anche a fronte il colonnello Ruiz con un’altra brigata, il quale dimostrava una inqualificabile condotta con far di tutto che i suoi soldati non combattessero, anzi, che si sbandassero.

Quando Garibaldi, mercè i tradimenti di Briganti ed il contenersi equivoco di Ruiz, ebbe libero il passo, corse con tutte le sue forze ad opprimere la piccola brigata Melendez sul Piale. Melendez sicuro che Briganti e Ruiz avrebbero combattuto Garibaldi, si credea sicuro sul Piale, e giudicava opportuna la sua posizione ed accorrere al bisogno per appoggiare l’altre due brigate. Quando meno lo pensava si vede circondato da numerosi nemici, i quali gl’intimano di rendersi, facendogli conoscere, che le brigate di Briganti e Ruiz già si erano sbandate, e che Vial non potea soccorrerlo. Melendez dopo di aver tentato tutti i mezzi di salvare la sua brigata, fu costretto rendersi pel tradimento de’ suoi colleghi, e per l’inazione del comandante in capo Vial.

Fin qui non trovo nessuna azione militare di Garibaldi che lo dimostri un grande Generale, esso disarmava e sottometteva tre brigate non con le armi e col valore, ma coi mezzi morali…

Garibaldi, nella Provincia di Reggio non trovando più soldati, non già da combattere, ma da farli vendere e tradire da’ propri Generali, marcia alla volta di Napoli. Sul suo cammino raggiunge un corpo di esercito comandato dal generale Ghio, il quale avrebbe potuto batterlo e sbaragliarlo, invece, senza colpo ferire, gli consegna quel corpo di esercito di 12 in 14 mila uomini, e si mette agli ordini del Dittatore…!

Caldarelli, in Cosenza senza neppure vedere i garibaldini, fa con un messo una capitolazione e marcia con la sua brigata di conserva col nemico. Il campo di Salerno fu tolto per le male arti de’ nemici del Re, e per la dabbenaggine degli amici; e così Garibaldi giunse a Napoli, senza aver bisogno delle sue masse! In tutta questa campagna militare del Dittatore non trovo né scienza militare qualunque, né coraggio guerriero, ma soli mezzi morali, cioè viltà, infamie e tradimenti.

Trovo però che Garibaldi, ad onta che fosse in possesso del ricco Reame delle Due Sicilie, avendo acquistata forza morale e materiale; ad onta dell’ostinazione di Ritucci a non volerlo molestare, fece cattivissima prova militare nella guerra del Volturno. In effetti quando il 1° ottobre fu attaccato in campale battaglia mal diretta, e peggio eseguita, salvo il valore di speciali individui, egli si ridusse a domandar soccorso all’esercito Piemontese; non giudicando sufficienti i battaglioni sardi che avea a sua disposizione: tutto questo glielo rinfacciò poi pubblicamente il generale Cialdini. Son questi fatti inappuntabili, e volerli negare o travisare sarebbe impudenza.

Conchiudo con ripetere quello che dissi ragionando de’ fatti di Calabria, cioè che Garibaldi sarà un grand’uomo, che supera in istrategia e coraggio i più rinomati Generali d’Europa; il fatto si è che nell’invasione del Reame di Napoli nulla operò di estraordinario militarmente; e tutto quello che egli fece l’avrebbe fatto un uomo qualunque dotato di talenti non estraordinarii se avesse avuto i suoi mezzi.

So che questo mio giudizio non andrà a sangue agli ammiratori ciechi di Garibaldi; ma dopo 15 anni gli uomini di senno non giudicano più sulle notizie a sensation del 1860, al contrario valutano gli uomini di quel tempo con la realtà de’ fatti compiuti. Valga per tutto vedere oggi Garibaldi Deputato di Parlamento italiano.

Gianni Ciunfrini

 

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