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La storia di Esperia già Roccaguglielma: dal Medioevo all’Unità d’Italia

Posted by on Set 7, 2021

La storia di Esperia già Roccaguglielma: dal Medioevo all’Unità d’Italia

Secondo la tradizione Roccagugliela venne fondata dai cittadidini di Interamna che nel V secolo d. c. a causa delle invasioni e della distruzione della loro città si rifugiarono in quel territorio montano facilmente difendibile. Costruirono un piccolo villaggio fortificato e gli diedero nome Arx Inteamna.


Agli inizi del secolo VIII il duca longobardo di Benevento Gisulfo nella guerra contro il papa Giovanni VI occupò le cittadine di Arce Aquino e Sora prima soggette al dominio bizantino. Questi luoghi segnarono il confine tra il Ducato longobardo e il Ducato romano. In quell’occasione anche il territorio di Roccaguglielma entrò a far parte del Ducato di Benevento (702).
Nel 747 Gisulfo II donò al monastero di Montecassino parte delle terre appartenenti al territorio di Aquino e nei confini risultarono anche le contrade del territorio di Roccaguglielma.
Nell’840 Landolfo gastaldo di Capua riscatta le proprie terre dal Ducato di Benevento e fonda un nuovo stato i cui confini si estendevano da Caerta fino oltre Aquino comprendendo il comprensorio di Roccaguglelma.
In questi anni funesta fu la presenza i Saraceni che stabilito il loro capo alla foce del Garigliano imperversarono in queste contrade per circa mezzo secolo mettendo a ferro e fuoco alcune città (Formia e Fondi nell’846) e nel territorio di pertinenza le celle benedettine di S.Andrea e di S. Stefano.
Nel X secolo Roccaguglielma risulta inserita nel gastaldato di Aquino, uno dei villaggi di questa insieme a Pico e S. Giovanni Incarico. In seguito, per successioni dinastiche interne alla casata dei Conti d’Aquino, Roccaguglielma entrò a far parte della Contea di Pontecorvo.
Roccaguglielma rimase in possesso dei Conti d’ Aquino fino al 1065 quando cessò il dominio della famiglia sulla Contea di Pontecorvo (ultimo conte fu Giovanni figlio di Landolfo III) sottratta a loro dal Principe di Capua Riccardo di origine normanna.
Riccardo Conte di Aversa, acquistato il Principato di Capua nel 1058, fece conte di Pontecorvo Goffredo Ridello cedendogli la contea di Pontecorvo così come era stata posseduta dai Conti d’Aquino: tra i castelli della contea era nominato quello di Roccaguglielma.
Goffredo muore nel 1086 e gli seccede il Figlio Rinaldo che muore nel 1095 lasciando come suo erede alla contea di Pontecorvo Gualgano Ridello che la mantenne fino alla sua morte nel 1103.
Nello stesso anno, Guglielmo di Blosseville duca di Gaeta, approfittando della morte di Gualgano, si impadronì di Roccaguglielma e sottrattala alla giurisdizione di Pontecorvo la rese indipendente diventandone il primo barone.
L’opera di maggior importanza di Guglielmo fu la costruzione della Rocca e la fortificazione del borgo facendo diventare i due siti come una sola inespugnabile fortezza che da lui presero il nome di Roccaguglielma.
Perse le tracce di Guglielmo, nel 1155 troviamo signore di Roccaguglielma Erbia di Bolita, giustiziere di Terra di Lavoro. Successivamente nello stesso anno il feudo passò sotto la giurisdizione dall’abate di Motecassino Rainaldo che la tenne fino al 1163 quando re Guglielmo I la pose sotto il diretto dominio della Corona.
Succeduto nella corona a Guglielmo (1190), Tancredi, figlio di Ruggiero, donò il feudo di Roccaguglielma, nel 1191, all’abate di Motecassino Roffredo che la concesse al nobile Roberto di Apolita.
Re Tancredi, volendo punire l’abate Roffredo per aver sostenuto le sorti dell’Imperatore Enrico alla successione del Regno di Napoli, nel nel 1193 tolse la signoria di Roccaguglielma a Roberto di Apolita e la concesse ad Andrea di Teano.
Nel 1194, morto Tancredi, l’imperatore Enrico ritorna con un esercito in Italia e conquista il Regno di Napoli. All’entrata nel Regno nel mese di agosto le uniche ad opporre resistenza all’imperatore sono Atina e Roccaguglielma.
L’imperatore Enrico, per ricompensare la fedeltà dell’Abate Roffredo gli concesse Atina e Roccaguglielma che si rifiutò di accettare tale signoria. Ma la sorte era segnata e nel 1195 Roccaguglielma dovette arrendersi all’abate che diede in feudo il castello a Tancredi di Venafro.
Roccaguglielma, alcuni anni più tardi, ritornò nelle mani dell’imperatore Federico II figlio e successore di Enrico (morto nel 1197), che se la fece assegnare dall’abate di Montecassino.
Nel 1229 papa Gregorio IV tentò di impossessarsi delle terre di confine del Regno di Napoli , approfittando dell’assenza di Federico andato in Terra Santa. Il suo esercito mise a ferro e fuoco queste contrade e fra tutte le terre federiciane l’unica che gli resto fedele e non fu espugnata dall’esercito papalino fu proprio Roccaguglielma retta in quegli anni da Taffuro di Capua.
Il ritorno di Federico ristabilì le sorti del conflitto e l’ordine venne sanzionato dalla pace sottoscritta a San Germano il 23 luglio 1230 tra il papa e l’imperatore.
L’imperatore mantenne sotto la propria giurisdizione il castello di Roccaguglielma per il quale si riservò personalmente la facoltà di nominare e deporre il feudatario.
A Federico successe il figlio Manfredi che 1266, sconfitto da Carlo D’Angiò nella battaglia di Benevento, scomparve lasciando il Regno delle mani del francese.
Carlo I D’Angiò, conquistato il regno, volle premiare i vassalli a lui fedeli e per questo donò il feudo di Roccaguglielma a Riccardo di S. Dionigi (1269).
Ma questi preferì rimanere presso la corte al servizio del re che assegnò il feudo, il 13 luglio 1271, a Filippo D’Angoth che morì, senza eredi, alla fine dello stesso anno.
Il re insediò un nuovo signore, Filippo della Lagonessa, che tenne il feudo fino al 1278 quando lo stesso venne incamerato dalla Regia Corte e il barone ricompensato con altri beni.
Dopo una breve parentesi in mano a Jacobo de Turione , dal gennaio del 1284 al marzo 1290, Roccaguglielma venne nuovamente concessa da Carlo II a Riccardo di S. Dionigi.
A Riccardo successe la figlia Margherita e, alla sua morte (1330 circa), il marito Nicola di Mondovilla che, nel 1336, concesse in dote alla figlia Caterina e a suo marito Vivaldone di Millao metà del feudo.
Il feudo venne riunito nuovamente da Luigi Mondovilla che ne ricevette una metà in eredità e una metà per acquisto diretto dalla Curia.
Nel 1343 Luigi vendette il castello al nobile napoletano Matteo Brancaccio che provvide ad ampliare le sue terre: prima annettendosi il casale di San Pietro, allora in possesso di Montecassino; poi impossessandosi di S. Paolo e di S. Pietro della Foresta, di S. Tammaro, di S. Oliva e di Valle. In seguito egli mantenne il possesso di questi beni, fatta eccezione di S. Paolo che venne restituito all’abate.
A Matteo successe sua figlia Maddalena che venne data in sposa da Niccolò Spinelli suo tutore a suo figlio Luca. Il feudo passò, in questo modo, dalla casata dei Brancaccio a quella degli Spinelli (1382).
Gli anni di Niccolò Spinelli furono quelli legati al Grande Scisma che segnarono le sorti del Regno Di Napoli che, dopo l’assassinio della regina Giovanna, passò nelle mani di Carlo III di Durazzo.
Lo Spinelli in tutte queste vicende si era apertamente contrapposto a Carlo che, salito al trono, gli confiscò, nel novembre del 1382, tutti i beni feudali tra cui Roccaguglielma
I beni di Niccolò vennero riconquistati da suo figlio Luca e rimasero in suo possesso fino all’ ottobre del 1393 quando, stipulata la pace con l’abate di Montecassino Pietro che aveva occupato le terre degli Spinelli, dovette riconoscere a questi la signoria sui propri beni.
Morto Luca nel 1415 gli successe il figlio Antonio detto Antonello che, entrato nelle grazie della regina Giovanna e diventato suo consigliere, ottenne da lei nel 1419 la restituzione di tutti i beni sottratti a suo padre e in possesso dei monaci di Montecassino.
Nella guerra che seguì fra i pretendenti alla successione della regina Giovanna , Renato e Alfonso, Antonello parteggiò per il primo. Nel 1442 Alfonso pose l’assedio a Roccaguglielma, dove si era rifugiato Antonello, e la espugnò. Fu uno degli ultimi atti prima di diventare re.
Nel giugno 1442 Alfonso d’Aragona si impossessò del Regno di Napoli e perdonato Antonio Spinelli della sua fedeltà ai francesi, lo riconobbe quale signore di Roccaguglielma. A quel tempo essa occupava il 39° posto fra le 156 terre principali del Regno.
Nel 1458 ad Alfonso I successe Ferdinando I D’Aragona e contro d lui alcuni baroni del Regno, tra cui Antonio Spinelli, invitarono Giovanni d’Angiò figlio di Renato ad invadere il Regno di Napoli. Contro lo Spinelli Pio II alleato di Ferdinando inviò nella primavera del 1462 Federico da Montefeltro che devastò la contrada di Roccaguglielma e poi nel 1463 Napoleone Orsini che, morto lo Spinelli nel frattempo, si accordò con i terrazzani per definire la successione dello Spinelli a favore della Santa Sede.
Ma Ferdinando, non riconoscendo questo patto stipulato nel 1464, l’anno successivo riconquistò Roccaguglielma e la assegnò in feudo a Fabrizio Spinelli suo pupillo, liberandola successivamente dai pagamenti fiscali (1470).
Nel gennaio del 1587, coinvolto nella disputa tra Onorato Caetani Conte di Fondi e suo figlio Bernardino, Fabrizio, per aver preso le parti di quest’ultimo suo cognato, venne fatto imprigionare da re Ferdinando che inviò al governo del feudo di Roccaguglielma un suo Commissario e un proprio Capitano di Giustizia che rimasero in carica fino alla liberazione di Fabrizio.
A Ferdinando I successe nel gennaio del 1494 suo Figlio Alfonso e a questi nel gennaio del 1495 il figlio Ferdinando II detto Ferrante. Nel frattempo Carlo VIII re di Francia mosse alla conquista del Regno di Napoli e Fabrizio Spinelli, in rotta con gli Aragonesi, parteggiò per il francese.
Ma la morte lo colse nel 1495, ultimo della famiglia Spinelli e senza figli. Per questo Carlo VIII, che aveva conquistato Napoli relegando Ferrante in Sicilia, decise di assegnare Roccaguglielma a suo cugino Lancellotto Agnese a lui devoto.
Lancellotto tenne la signoria del Feudo per alcuni mesi e nello stesso anno 1495 venne assegnata dal re al suo nuovo signore Giovanni Della Rovere, nipote di papa Sisto IV, che lo aveva aiutato nell’impresa napoletana.
Ma le sorti cambiarono e partito Carlo VIII per la Francia, Ferrante riconquista Napoli e tra i suoi primi atti toglie la signoria di Roccaguglielmo a Giovanni Della Rovere e vende queste terre, nel 1496, a Michele D’Afflitto, suo consigliere, per 4.000 ducati.
Nonostante tutto Giovanni non cedette il proprio feudo e continuò la sua battaglia contro Ferdinando, al punto che Roccaguglielma risultava , nel 1496, insieme a Gaeta e Taranto una delle tre terre ancora da conquistare.
Nel frattempo Ferrante muore nell’ottobre del 1496 lasciando la successione a suo zio Federico. Quest’ultimo presa Gaeta nel mese di dicembre pone l’assedio a Roccaguglielma con l’aiuto di Prospero Colonna e il Gran capitano Consalvo. Roccaguglielma venne espugnata il 4 gennaio 1497.
Il castello però era rimasto nelle mani dei francesi che nei giorni successivi riuscirono a scacciare gli spagnoli da quelle terre e Giovanni potette riprendere la sua guerra assegnando il comando di Roccaguglielma ad Andrea Doria che lo tenne saldamente anche contro agli assalti del Gran Capitano che nella primavera del 1497 tentò nuovamente di conquistare la rocca senza esito alcuno.
Giovanni Della Rovere muore il 6 novembre 1501 a Senigallia lasciando erede dei suoi beni e quindi anche del feudo di Roccaguglielma il figlio Francesco Maria, di dieci anni, sotto la tutela della madre Giovanna.
Durante i successivi tre anni, Roccaguglielma, venne coinvolta nella guerra tra Ferdinando il Cattolico di Spagna e Luigi XII di Francia per la conquista del Regno di Napoli schierandosi apertamente dalla parte di quest’ultimo.
Colpito dalla sua fedeltà Luigi XII nel maggio del 1503 confermava ai roccani i privilegi ottenuti da Carlo VIII nel 1497.
Nel giugno del 1503 gli spagnoli sotto il comando di Consalvo di Cordova posero l’assedio a Roccaguglielma che si arrese dopo aver fatto fuggire le truppe francesi del presidio. I roccani pagarono al Consalvo un riscatto di 8.000 ducati per evitare la distruzione del loro paese e questi vi lasciò per governatore il capitano Tristano D’Agugna.
Il governatorato del D’Agugna durò poco più di un mese e il 14 agosto i roccani, ribellatisi agli spagnoli, consegnarono il capitano spagnolo alle truppe francesi chiamate da Gaeta. Saputo dell’accaduto il Consalvo inviò un contingente di 800 uomini che il giorno 16 agosto attaccate e sconfitte le forze francesi saccheggiarono Roccaguglielma e la diroccarono uccidendone gran parte degli abitanti.
Il 1° gennaio 1504 il Regno di Napoli venne definitivamente conquistato dagli spagnoli. Con l’avvento degli spagnoli il Feudo di Roccaguglielma fu tolto ai Della Rovere e ceduto nel 1507 a Michele d’Afflitto, che l’aveva precedentemente acquistato da Ferrante d’Aragona nel 1497.
La signoria dei D’Afflitto durò poco tempo in quanto Ferdinando D’Aragona Re di Spagna, in accordo con il pontefice Giulio II, restituì il feudo ai Della Rovere nella persona di Franceso Maria nipote del papa.
Il dominio dei Della Rovere terminò definitivamente nel 1516 quando, nel dicembre di quell’anno, Carlo d’Asburgo, successore di Ferdinando nella corona di Spagna, la tolse a Francesco Maria, per punirlo della sua alleanza con Francesco I di Francia, e la concesse in feudo a Guglielmo di Croy, marchese D’Areschott e duca di Sora.
Anche la signoria del D’Areschott durò poco, appena tre anni. Infatti, lo stesso re Carlo, con diploma del dicembre 1519, decise di inglobare il territorio di Roccaguglielma nel Regio demanio, ritenendo lo stesso assolutamente strategico per la difesa dei confini del Regno.
Il feudo venne ceduto al demanio da Filippo figlio di Guglielmo soltanto nel 1535, previo il cospicuo pagamento di sessantamila ducati devoluto dalla Regia Camera, dopo che Carlo era diventato imperatore con il titolo di Carlo V. Nel febbraio del 1536 inoltre, su richiesta degli stessi abitanti di Roccaguglielma e a loro beneficio, l’imperatore confermò tutti i privilegi e le immunità precedentemente concessi loro dai sovrani di Francia Carlo VIII e Luigi XII.
Qualche anno dopo, nel settembre del 1542, vicende dinastiche portarono il feudo di Roccaguglielma sotto la signoria dei Farnese. Esso faceva parte della dote che Margherita figlia dell’imperatore portò al futuro marito Ottavio Farnese figlio di Pier Luigi Duca di Parma e Piacenza.
Nel 1551, l’alleanza del duca Ottavio con il re di Francia Enrico II in funzione antispagnola portò l’imperatore a riappropriarsi del feudo di Roccaguglielma che ritornò in mano di Ottavio solo nel settembre del 556 quando il nuovo imperatore Filippo II ricucì l’alleanza con il duca.
In linea dinastica al duca Ottavio successe nel 1586 il figlio Alessandro, nel 1592 a quest’ultimo successe il figlio Ranuccio e quindi nel 1622 suo figlio Odoardo.
Nel 1636 le dispute tra Francia e Spagna videro Odoardo parteggiare per i Francesi contro l‘impratore Filippo IV che, per questo motivo, gli confiscò tra i vari beni posseduti nel Regno il feudo di Roccaguglielma. Il feudo venne assegnato, in pagamento di un credito a lui dovuto dalla Regia corte, al re di Polonia WLadislao VII che ne prese possesso il mese luglio del 1636 nella persona del suo procuratore Mattia Telesio.
Alcuni anni più tardi nel 1653 il feudo passò nelle mani di Filippo Guglielmo duca di Neuburg, assegnatoli quale parte dell’eredità di sua moglie Anna Caterina Costanza sorella di re Wladislao.
Durante tutto il Seicento le vicende politiche e la cattiva amministrazione ridussero il territorio del feudo in uno stato di prostrazione, in particolare con la devoluzione del feudo alla camera regia. Il continuo manifestarsi di fenomeni criminali ed eventi nefasti impoverirono le condizioni economiche e sociali della popolazione.
Primo fra tutti il fenomeno endemico del banditismo che vessava le popolazioni e le spogliava dei pochi beni in loro possesso. Ricordiamo le scorrerie dei principali capibanda quali Giuseppe D’Alessi, Domenico Aloisio e Domenico Colessi detto “Papone” che operavano nel territorio tra Sora e Gaeta proprio in quelle contrade contigue alle terre di Roccaguglielma.
In secondo luogo le calamità, come il terremoto del 23 luglio 1654 che distrusse buona parte delle case del borgo; e le epidemie come quella della peste che nel 1656 investì l’intero Regno con grave danno per la popolazione ridotta fortemente di numero (nel 1642 la popolazione di Roccaguglielma era composta di 1066 fuochi, nel conteggio del 1658 essi si erano ridotti a soli 147).
Morto Filippo Guglielmo Neuburg, nella signoria del feudo gli successe il figlio Giovanni Guglielmo. Divenuto Conte Palatino del Reno, Giovanni Guglielmo si schierò, nella guerra di successione per il Regno di Sapagna, dalla parte di Carlo figlio di Leopoldo I d’Austria contro Filippo V di Borbone nipote di re Luigi XIV di Francia. Per questo motivo gli venne confiscato il feudo di Roccaguglielma e concesso in usufrutto nel maggio del 1702, da Re Filippo, alla principessa Anna Maria di Baviera nipote di Wladislao VII di Polonia.
Nel 1706 Carlo divenne re di Spagna e nel 1707 conquistò il Regno di Napoli. Con il governo Austriaco del Regno Giovanni Guglielmo, nel 1709, venne reintegrato nel possesso del feudo di Roccaguglielma che successivamente nel 1711 passò sotto il diretto dominio dell’imperatore Carlo VI d’Austria e quindi incorporata nei beni della Regia Corte.
Nel 1722 il feudo di Roccaguglielma , insieme ai suoi due casali ( San Pietro e Monticelli) e alle terre di San Giovanni Incarico e Pico, fu donato dall’imperatore alla contessa Marianna Pignatelli che lo tenne in possesso fino al maggio1734.
Nello stesso anno il feudo di passò sotto il dominio del casato dei Borbone ceduto, per volontà del duca Antonio Farnese, a suo nipote Carlo di Borbone figlio di Elisabetta Farnese ed erede di tutti i feudi della casata. Divenuto Re di Napoli con il titolo di Carlo III egli la incorporò, nel giugno del 1734, nel suo patrimonio come Duca di Parma. Con questo atto Roccaguglielma divenne terra allodiale alle dirette dipendenze della corona che la governò attraverso una speciale Azienda di S. Maestà dalla quale dipendevano gli agenti amministratori del tutto indipendenti dalla Regia Camera. Nel 1759, Carlo III rinunciò alla corona di Napoli e il suo successore, il figlio Ferdinando, insieme al Regno ereditò anche i feudi farnesiani tra cui Roccauglielma.

Con l’avvento dei Francesi e la nascita della Repubblica Napoletana nel gennaio del 1799, venne predisposto un nuovo assetto amministrativo dei territori divisi in Dipartimenti e questi in Cantoni.
Roccaguglielma divenne capoluogo di un Cantone composto dai seguenti Comuni: Roccagulielma, San Giovanni in Carico, S. Oliva, Pico, San Giorgio, , Vallefredda, S. Apollinare, Castelnuovo, Le Fratte, San Pietro in Curulis e Monticelli (quest’ultimi, divisi da Rocaguglielma divennero Comuni autonomi).
Furono, questi, gli anni di maggiore diffusione del brigantaggio, che aveva forte presa sulla popolazione rurale in funzione anti-francese. In queste terre agì in particolare il brigante itrano Michele Pezza detto Frà Diavolo che nell’aprile del 1799 pose il suo quartiere generale sulle montagne di Roccaguglielma.
La Repubblica napoletana durò circa cinque mesi e il ritorno di Ferdinando IV fu caratterizzato da una violenta repressione contro i patrioti napoletani filo-francesi. Tra questi vi era Clino Rosselli di Roccaguglielma, professore e membro della Magistratura partenopea per i diritti del cittadino, che, imprigionato insieme ai suoi due fratelli Giacomoantonio e Giuseppe, venne giustiziato dopo cinque mesi di prigionia.

Il ritorno dei Francesi nel Regno nel gennaio del 1806, fu l’occasione per il riacutizzarsi del fenomeno del brigantaggio. Fra’ Diavolo, rispondendo all’appello di re Ferdinando, riorganizzò nuove bande di briganti e iniziò la sua lotta anti-francese partendo proprio dai territori di Roccaguglielma che divennero nuovamente teatro delle sue scorribande.

Le imprese di Fra’ Diavolo e dei suoi capimassa durarono in questi territori fino all’autunno del 1806. Numerosi furono gli scontri con il contingente delle truppe francesi acquartierate a Roccaguglielma (circa 700 uomini). Sconfitto e con pochi uomini Fra’ Diavolo fu costretto a lasciare queste contrade e a fuggire sulle montagne della vicina Campania dove venne catturato, nella terra Baronissi, e poi giustiziato a Napoli l’ 11 novembre 1806.

Il nuovo assetto amministrativo Murattiano riunì, nel 1808, i due centri di San Pietro in Curulis e Monticelli in un solo comune (prese il nome di San Pietro in Curulis e durò fino alla riunificazione con Roccaguglielma nel nuovo comune di Esperia nel 1867) staccandoli da Roccaguglielma che con decreto del 4 maggio 1811 divenne capoluogo del nuovo Circondario che aveva lo stesso territorio del Cantone del 1799 con l’aggiunta del comune di S. Andrea.

Con il ritorno dei Borboni, nel 1816 vennero riviste le circoscrizioni amministrative francesi e Roccaguglielma rimase capoluogo del Circondario dal quale però si staccarono i comuni di Pico e San Giovanni in Carico.

Vicina alle frontiere del Regno, per tutto il periodo borbonico fino all’Unità d’Italia, Rccaguglielma fu una delle terre più esposta alle incursione di briganti regnicoli o provenienti dallo Stato Pontificio. Tra le figure di maggior spicco vi erano i capibanda Chiavone (Luigi Alonzi) di Sora e Cucitto (Francesco Piazza) di Formia che con le loro scorrerie furono protagonisti, in questi anni, della storia di queste contrade.

Dopo il plebiscito dell’ 8 novembre 1860 con il quale veniva decisa l’annessione delle terre napoletane al Regno d’Italia, Roccaguglielma venne occupata, il 21 dicembre 1860, dalle truppe regie della Legione del Matese sotto il comando del maggiore Campagnano allo scopo di porre fine alle incursione del brigantaggio che infestava queste zone.

Riportato l’ordine e la pace in queste terre, l’amministrazione regia pose in essere un nuovo assetto amministrativo tra i comuni del circondario. I comuni di Roccaguglielma e di San Pietro (che comprendeva la frazione di Monticelli) accolsero la proposta del sottoprefetto di Gaeta Righetti di unirsi in una sola unità amministrativa comunale. I consigli dei due comuni nella riunione straordinaria del 3 ottobre 1867 deliberarono tale unione che venne sancita con il decreto n. 4057 del 14 novembre 1867. A partire dal 1 gennaio 1868 i due comuni si fusero in un solo comune che comprendeva i paesi di Roccaguglielma, San Pietro e Monticelli e prendeva il nome definitivo di Esperia.

Estratto da: Donato, Aceto, Storia dell’antico territorio di Roccaguglielma. Dalle origini al XX secolo, Caramanica editore, Minturno, 2004

fonte

http://progettoesperia.blogspot.com/2007/05/la-storia-di-esperia-dal-medioevo.html

4 Comments

  1. Campania Felix? non credo proprio, la I regio Latium et Campania giungeva fino a Cuma ed includeva la liburia, ma dal 265 A.C. le terre a destra del Garigliano erano Latium adjectum, la regione di terra di Lavoro è molto successiva e non era identificabile con la sola Campania, includeva territori laziali, molisani e campani.
    non si discute la Terra di Lavoro, è un’entità assolutamente da rivalutare e rifondare! è altrettanto vero che il toponimo venne “allargato” a dismisura per volontà dei regnanti che occuparono quelle terre. incorporando un po’ tutto quello che gli capitava a tiro.

  2. sul discorso liburia siamo ancora agli studi e nulla è certo, forse leboria ma certamente campania felix. terra di lavoro gia terra laboris e nella storia europea visto che è la più antica provincia di’italia e forse europa come è certo che ciociaria non esiste e mai esistita ma solo una invenzione massonico-fascista

  3. Leggo sempre con molto piacere i vostri post, ben fatti e attenti alle fonti, ritengo tuttavia fuorviante indicare i territori appartenenti al Latium Adjectum come “Liburia”, essendo questa un’area limitata all’area flegrea, successivamente, per rinominare le terre diventate parte integrante del regno si volle estendere un toponimo improprio a terre che ne possedevano già uno proprio, non è corretto.
    il Lazio meridionale è Lazio dalla II guerra sannitica, escludendo le terre a sinistra del fiume Liri, successivamente diventate parte integrante del regno delle due Sicilie, orgogliosamete fiero delle mie origini duosiciliane, mi considero un laziale , di alta Terra di Lavoro, giammai ciociaro, ma nemmeno campano.

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