La Storia violata
Gli storici continuano a voler ignorare una storia piena di dolore, disperazione e di morte che da quasi 150 anni aspetta di essere scritta sui testi scolastici. L’esempio più emblematico di questa continua censura storica è il Lager di Finestrelle.
Ma facciamo un piccolo passo indietro, cosa ha
comportato l’Unità d’Italia?
Le cifre ufficiali, anche se molto sotto-valutate, sono terrificanti: 5212
condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Una
vera e propria repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai
Savoia e forse la si può definire come la prima pulizia etnica dell’epoca
moderna, operata sulle popolazioni meridionali, dettata dalla Legge Pica,
promulgata dal governo Minghetti.
Se queste argomentazioni ci indignano, niente può farci venire il ribrezzo più delle vicende che hanno coinvolto il forte di Fenestrelle dal 1860 al 1870. In quel periodo si concretizzò il primo campo di sterminio della storia moderna, in esso trovarono la morte più di 8.000 soldati del Regno delle Due Sicilie, ai quali va aggiunto un numero imprecisato di letterati, preti, briganti e miseri contadini.
Ma tutto ciò
continua ad essere ignorato dalle menti illustri della storiografia “ufficiale”
italiana e dai letterati; addirittura sul sito dell’Amministrazione Provinciale
la fortezza viene presentata come “Monumento simbolo della Provincia di Torino
“ (con tanto di foto in notturna per decantarne implicitamente la bellezza),
mentre sul sito ufficiale del Forte, si invita alla devoluzione del 5 per
mille! Sempre sul sito De Amicis scrive: “Uno dei più straordinari edifizi che
possa aver mai immaginato un pittore di paesaggi fantastici: una sorta di
gradinata titanica, come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso
gigantesco e triste di costruzioni, che offriva non so che aspetto misto di
sacro e di barbarico, come una necropoli guerresca o una rocca mostruosa,
innalzata per arrestare un’invasione di popoli, o per contener col terrore
milioni di ribelli. Una cosa strana, grande, bella davvero. Era la fortezza di
Finestrelle”. Si chiude con “Guardiano immobile e supremo della nostra
indipendenza e del nostro onore”.
E’ la pura esaltazione dell’ inferno! Ora immaginate se invece di Fenestrelle
si parlasse di Auschwitz , e con in mente il nome del famoso lager nazista
rileggete le parole di De Amicis appena sopra riportate!!
Noi popolo meridionale abbiamo l’obbligo morale di
dire tutte le verità sulla cieca e razzista politica di aggressione che i
Savoia e i Piemontesi hanno fatto nelle nostre meravigliose regioni!
Di seguito riporterò la vera storia, quella che non troverete mai nei testi
scolastici dei vostri figli, leggetela con attenzione e con una lacrima nel
cuore, come quella che avevo io mentre la trascrivevo.
Fenestrelle, storia di un lager sconosciuto
“ Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto
produce” (iscrizione messa in epoca fascista).
E’ l’iscrizione che un visitatore legge oggi su un muro, entrando a
Fenestrelle, fortezza ubicata sulle montagne piemontesi dove, dal 1860 al 1870,
furono deportati i migliaia di meridionali che si opposero all’unità d’Italia e
alla colonizzazione piemontese.
Gli internati erano soprattutto poveri contadini ed ex soldati borbonici, gli
stessi che sarebbero morti di stenti e vessazioni perpetrati da chi si reputava
un liberatore! Un insieme di forti protetti da altissimi bastioni ed uniti da
una scala di 4000 gradini scavata nella roccia: ecco cos’era a quel tempo
Fenestrelle, una gigantesca cortina fortificata resa ancor più spettrale dalla
naturale asperità di quei luoghi e dalla rigidità del clima.
Assassini, sacerdoti, giovani, vecchi, miseri popolani e uomini di cultura
privi di luce e coperte, senza neanche un pagliericcio lottavano tra la vita e
la morte in condizioni disumane; perfino i vetri e gli infissi venivano
smontati per rieducare con il freddo i segregati.
Laceri e poco nutriti passavano le giornate standosene appoggiati ai muraglioni
nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi di sole invernali, e chissà
che in quei momenti non ricordassero con nostalgia il calore di climi più
mediterranei. Pochissimi riuscirono a sopravvivere: le aspettative di vita in
quelle condizioni non superavano i tre mesi e spesso i carcerati venivano
uccisi anche solo per aver proferito ingiurie contro i Savoia. Nessuna
spiegazione logica dunque alla base della loro misera prigionia, molti non
erano nemmeno registrati, da qui la difficoltà di conoscere oggi il numero
preciso dei morti, processati e non.
E proprio a Fenestrelle furono imprigionati la maggior parte di quei soldati
che, subito dopo la resa di Gaeta nel 1861, avrebbero dovuto trovare la
libertà. Dopo sei mesi di eroica resistenza dovettero, invece, subire un
trattamento infame: disarmati, derubati di tutto e vigliaccamente insultati
dalle truppe piemontesi, morirono di stenti. Poi, il 22 agosto del 1861 arriva
il tentativo di rivolta: uno sforzo inutile, sventato per tempo dai piemontesi
e che ebbe come risultato l’inasprimento delle pene tra cui la costrizione di
portare al piede palle da 16 chili, ceppi e catene. L’unica liberazione
possibile era dunque la morte, delle più atroci: i corpi venivano sciolti nella
calce viva, collocata in una grande vasca nel retro della chiesa all’ingresso
del Forte. Una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo,
affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti.