La vera democrazia italiana si chiama neoguelfismo!
La penisola italica è caratterizzata dalla attuale “democrazia” che tanto si ispira ai valori della Costituzione repubblicana del 1948, della “Rivoluzione” francese del 1789 e della politica estera americana, dentro il vantarsi di essere uno Stato garante dei diritti e delle libertà. Con tutto il rispetto, tutto questo è una inutile messa in scena per favorire il dominio della sola élite grando-padana e degli imperialisti americani che condizionano la vita degli altri popoli europei.
Attraverso l’imperialismo americano e il colonialismo padano, la “democrazia italiana” ha regalato ai popoli d’Italia (e non al popolo italiano mai storicamente e territorialmente unito) molte e inaspettate sorprese: discriminazione dei popoli considerati ingiustamente “inferiori” (Napolitania, Sicilia e Sardegna); soggezione dei popoli considerati forzatamente “superiori” (Padania, Toscana, Arpitania, Veneto, Sud Tirolo e Trieste, tutti inglobati ideologicamente nel sciovinismo della “Grande Padania”); dirottamento dei fondi UE alle regioni padane (diventate eccessivamente ricche, sempre per volontà dell’élite grando-padana); e infine ci stanno ovviamente la disoccupazione, il femmincidio, l’emigrazione, l’ingerenza straniera negli affari produttivi, l’illegalità e l’instabilità politica (ma guarda caso tali problemi vengono sempre inflitti, a voce dei sciovinisti padani e degli ascari legati allo Stato e alla partitocrazia coloniale, ai soli popoli della Napolitania e della Sicilia, ignorando che anche la Padania li ha subiti nelle repressioni sanguinarie commesse dai Savoia, negli anni di piombo, nella Tangentopoli e negli scandali di infrastrutture e finanziari). Queste vere e proprie ingiustizie sono opera della “democrazia italiana”, colpevole non solo di aver ridotto tutti gli italici nelle situazioni di depressione e di rabbia verso la partitocrazia ma di voler fomentare il colonialismo padano al dispetto dei due popoli mediterranei che tutt’oggi, in quanto causa della divisione etnico-territoriale della penisola italica, sono vittime innocenti di quel crimine disumano e impunito da parte di quello Stato che continua a favorirlo, senza pensare alle pesanti conseguenze che, prima o poi, ne dovrà venire incontro. Sarebbe opportuno iniziare a dire che la “democrazia italiana”, di fatto coloniale e troppo legata all’imperialismo americano, non ha a che fare con le antiche tradizioni civili-religiosi dei popoli d’Italia che vissero nel rispetto della loro amicizia e collaborazione grazie all’intervento e alla presenza del Papato, figura e guida principale dell’unità territoriale-spirituale di tali popoli. Se il cattolicesimo rappresenta le radici dei popoli europei, nella penisola italica è stata ed ha il privilegio e il merito di essere la vera unità dei popoli contro l’imperialismo delle Potenze straniere, in particolare prima contro la Francia e l’Inghilterra e poi contro gli Stati Uniti, e all’apertura della modernizzazione socio-economica, tra cui le scoperte scientifiche e l’affermazione del principio di solidarietà, ben presto affiancato a quello dell’uguaglianza con la pubblicazione delle leggi civili e delle carte costituzionali scritte dagli intellettuali e dai principi italiani, per es. è il famoso Statuto di San Leucio del 1789 promosso e riconosciuto dai sovrani Ferdinando I di Borbone e Maria Carolina che sancirono l’uguaglianza e la solidarietà nella società napolitana; il Codice Carafiano che sancì in Sicilia gli aspetti egualitari dell’umanesimo; la Carta de Logu del 1392 in Sardegna, dove la regina Eleonora d’Arborea aveva stabilito la nascita dello Stato moderno caratterizzata dalla riduzione del potere del feudalesimo e dalla tutela dei cittadini, e molte altre leggi e documenti certamente condivisi dagli altri popoli d’Italia. L’Italia non deve essere dimentica che il suo vero ideale civile-religioso ben voluto dai suoi figli popoli fu ed è il federalismo, l’unico modello di legittimità culturale e territoriale e di tutela dell’indipendenza dei popoli italici. La sua origine la si può trovare nel 1454 quando i quattro Stati monarchici italiani (Stato Pontificio, Regno di Napoli, Repubblica di Firenze, Serenissima Repubblica di Venezia e Ducato di Milano) si unirono per combattere l’ingerenza del Regno di Francia intenta a voler riappropriarsi illegittimamente della penisola, anche se in seguito ci riuscì. A causa di tale sospetto e timore che molti principi italiani, a cominciare dal nostro Ferdinando II di Borbone e dal Santo Padre Pio IX, che nell’Ottocento il federalismo italico non viene dimenticato e, anzi, viene ricordato e poi messo al centro dell’attenzione delle legittime monarchie italiche. Nel 1831 fu proprio Ferdinando II di Borbone, dopo la sua salita al trono nel novembre del 1830 nel Regno delle Due Sicilie, a proporre al Pontefice Gregorio XVI, al Granduca Leopoldo II di Lorena e al re sabaudo Carlo Alberto di Savoia la creazione di una nuova Lega italiana fondata sulla cooperazione politica ed economica di tutti gli Stati preunitari e sulla libertà degli Stati preunitari dalle ingerenze straniere europee, in particolare dall’Impero austriaco e dall’Inghilterra. La risposta dei principi italiani nei confronti della proposta fu moderata ma poco decisa, per il timore degli stessi sovrani di una proclamazione della guerra all’Impero austriaco. Il Primo ministro Von Metternich non condivise lo spirito federalista italiano del sovrano Ferdinando II, il quale però tentò di lanciare la sua proposta per la seconda volta, ossia nel 1832, ottenendo la stessa risposta, ad eccezione della dura opposizione del sovrano Carlo Alberto di Savoia che era favorevole all’espansionismo del suo Stato in tutta la penisola con lo scopo di divenire l’unico “Re d’Italia”, ignaro di violare il diritto internazionale allora vigente in quegli anni. Il sogno di una Italia unita nel senso federalista stesse per avverare nel 1848, dopo la rivoluzione siciliana, e i principi italiani si mossero a promuovere le proprie carte costituzionali in risposta alle forti pressioni politico-massoniche liberal-settarie che destabilizzarono le integrità politico-economiche degli Stati preunitari. Nel mese di aprile Ferdinando II e altri sovrani italiani dichiararono guerra all’Austria con lo scopo di liberare i territori di Milano e di Venezia in mano ai governi provvisori italici attraverso un nuovo corpo di spedizione multinazionale composto dai generali, ufficiali e soldati degli Eserciti duosiciliano, pontificio, toscano, ducale-emiliano, ducale-modenese, lombardo, veneto e sabaudo. Pian piano il corpo di spedizione multinazionale costituito si sciolse quando i due governi provvisori di Milano e di Venezia cessarono di esistere per essere occupati dai soldati austriaci e dai volontari austriacanti sotto la guida del feldmaresciallo Radetzky nel 1849. Nello stesso anno il terrorismo mazziniano iniziava ad affermarsi con il rovesciamento illegale dei governi moderati legittimi e la proclamazione delle Repubbliche di pura anarchia nelle due città italiane: Firenze e Roma. Ma soltanto l’indifferenza e, soprattutto, la resistenza patriottica degli abitanti italici contro i governi repubblicani permisero l’intervento delle truppe austriache e francesi a frenare il terrorismo di Mazzini, ma i sovrani precedentemente deposti ritornati nei loro Stati non imposero una serie di misure severe e sanguinarie ma un ripristino riformista della legittimità giuridica, offrendo agli oligarchi settari sia liberali sia repubblicani la possibilità di poter esiliare in Francia o in Inghilterra fino allo scoppio della guerra di conquista sabauda mai dichiarata negli anni 1859-1870. Però il federalismo italico non viene ancora dimenticato dai sovrani desiderosi di realizzarlo ma non ebbero il tempo a causa della loro opposizione alle mire espansionistiche dei Savoia che interruppero tale realizzazione, responsabili di aver imposto leggi ingiuste ai popoli italici e di repressioni che causarono più sangue meno pace. Ferdinando II di Borbone, Pio IX, Carlo III di Borbone-Parma, Leopoldo II di Lorena e Francesco V d’Austria-Este furono i principali protagonisti della lotta unitaria italiana al presunto colonialismo dei Savoia che s’impose con una guerra senza la dichiarazione ufficiale, al dispregio del diritto internazionale, e di fatto mercenaria a tutti gli effetti, grazie ai finanziamenti della Massoneria internazionale e dell’Inghilterra, per spezzare “l’oscurantismo cattolico” e le “tirannie straniere” in Italia per dar spazio a un nuovo Stato unitario. Per essere più precisi, tutti i sovrani citati ebbero l’onestà e la capacità di adattarsi ai costumi e al linguaggio dei loro popoli per poi inserire le loro esigenze e i loro bisogni nelle proprie politiche riformiste, come avvenne nei Borbone e nel Pontificato di Pio IX in cui tali sovrani inaugurarono opere di infrastrutture, risanarono il debito pubblico, offrirono sussidi ai poveri, realizzarono ospedali e scuole, favorirono i commerci dei propri popoli e costruirono scuole e università. Invece i Savoia, a differenza dei due sovrani, promossero una politica personalistica e di impronta oligarchica, tacciata come “liberale” e “costituzionale”, che ha determinato un’alta speculazione finanziaria per il supporto delle guerre straniere e “nazionali” contro l’Impero austriaco, facendo precipitare lo Stato sabaudo nelle difficili condizioni economico-finanziarie e sociali con il rischio della bancarotta, ma, sempre peggio, i Savoia e il suo governo scelsero di usare la forza militare invadendo illegittimamente gli Stati preunitari unendoli sotto il nome di “Regno d’Italia”. Una guerra di conquista compiuta con la violenza e non con la spontaneità dei popoli d’Italia, perché il “Regno d’Italia” fu indubbiamente un regime coloniale affermatosi dal patto tra la dinastia dei Savoia e l’élite sabauda e i collaborazionisti ascari e tale natura di governo rimase tale dopo la proclamazione della Repubblica nel giugno del 1946. Con l’espansionismo sabaudo si arrivò ad costituire una nuova società italiana, divisa tra chi è superiore o ariano, padani e altri popoli suoi vicini, e inferiore o africano, napolitano, siciliano e sardo (che era già colonia del Piemonte dal 1720). L’élite grando-padano, gli ascari e i lombrosiani preferiscono ignorare che la vera Unità d’Italia non fu la volontà sabauda ma il federalismo che è l’assoluto modello di convivenza etnica dei popoli italiani, nel rispetto della propria indipendenza e nella lotta ai mali interni ed esterni, a cominciare dall’imperialismo. L’Italia ha il diritto, la libertà e il dovere di essere riunificata come luogo civile e concorde, in nome di un federalismo integrale e contrario al suprematismo di ogni popolo d’Italia e di una determinata Potenza straniera. Pio IX disse che aveva benedetto l’Italia e la benedirà manifestando il proprio amore nei suoi confronti, allora che Dio aiuti i popoli d’Italia a una nuova benedizione per la penisola stessa: riunificazione confederale o federale e una democrazia neoguelfa non come sinonimo di oscurantismo ma di apertura alla modernità in segno di conciliazione tra i precetti morali del cattolicesimo romano e delle civiltà dei popoli italici.
Antonino Russo