La visita alle Sette Chiese, un’immersione nella cristianità
L’antica consuetudine del pellegrinaggio tra i luoghi più santi della Città eterna fu rinnovata e consolidata da san Filippo Neri. È un itinerario dello spirito sulle tracce dei martiri e dei santi.
Un fiorentino noto in tutta Roma e che alla Città Eterna legherà per sempre il suo nome: è san Filippo Neri del quale domani ricorre la memoria liturgica. Neri rappresenta davvero uno dei santi più poliedrici del ‘500: basterebbe pensare alla sua forza evangelizzatrice o ai suoi sermoni che arrivavano dritti al cuore di ogni fedele; oppure all’impegno per la formazione dell’Oratorio o alle proverbiali penitenze. Quando si pensa alla sua biografia viene subito in mente un’immagine che può racchiudere tutta la sua esistenza: un caleidoscopio di diversi colori.
Fra le molteplici iniziative di cui fu promotore ne spicca una, ancora oggi assai viva: la cosiddetta “visita delle Sette Chiese”. È possibile indicare con grande precisione quando questa pratica devozionale ebbe inizio: era il giovedì grasso del 1552 quando san Filippo Neri, per la prima volta, oppose ai festeggiamenti del carnevale romano la devozione ai luoghi più santi di Roma, accompagnandola con delle meditazioni sulla Passione di Cristo. Ciò era veramente qualcosa di rivoluzionario, soprattutto in un’epoca in cui Roma conosceva bene gli sfarzosi festeggiamenti rinascimentali di un carnevale sfrenato, pieno di eccessi. Dai primi storici di questo speciale pellegrinaggio veniamo a conoscenza che il santo si sarebbe ispirato ad una antichissima tradizione romana: rinnovamento nella tradizione, questo uno dei caratteri principali dell’evangelizzazione del Neri. L’antica consuetudine di visitare i luoghi santi romani potrebbe avere la sua origine nelle cosidette stationes che furono fissate con papa Ilario (o Ilaro, 461-468): cioè dei luoghi sacri, delle chiese di Roma, nelle quali il pontefice celebrava messa a seconda delle festività. Prima delle celebrazioni liturgiche del Santo Padre una moltitudine di prelati e di fedeli si recava in processione presso la chiesa destinata a ospitare la cerimonia. In questa maniera si era venuta a consolidare la tradizione delle processioni verso diversi punti della Capitale. Un’antica tradizione – sucessivamente ben più strutturata e consolidata durante il pontificato di Bonifacio VIII con il primo grande Giubileo del 1300 – dalla quale molto probabilmente è nato il pellegrinaggio filippino alle Sette Chiese. Il santo fiorentino, romano d’adozione, la rinnovò, conferendole anche un valore ancor più pedagogico.
È necessario comunque precisare che alla visita delle Sette Chiese come la conosciamo adesso, san Filippo Neri arrivò in maniera graduale. Il santo aveva cominciato a ritrovarsi con alcuni suoi amici in un pomeriggio del 1551 sul sagrato della chiesa di San Girolamo della Carità. Era lì, in quella chiesa che abitava e prestava la sua opera. Ed è proprio attorno a questa chiesa che si muoverà il primo gruppo di seguaci del santo. Riunito il gruppo di fedeli che già seguiva il noto sacerdote, si entrava nella chiesa per una breve meditazione. Poi, una volta usciti – complice il caldo sole romano – il santo e gli altri suoi amici si recavano verso uno dei ponti più celebri di Roma, il ponte Sant’Angelo. Una volta oltrepassato, era d’obbligo una sosta presso l’ospedale di Santo Spirito in Sassia. Di seguito, la basilica di San Pietro per un pellegrinaggio presso la tomba dell’Apostolo.
Un altro usuale itinerario era diretto verso il monte Esquilino, per visitare la basilica di Santa Maria Maggiore. Ma oltre a questi due itinerari c’era anche un terzo percorso, più lungo: si faceva sosta alle Tre Fontane (luogo del martirio dell’Apostolo delle genti) e poi alla basilica di San Paolo; di seguito, si procedeva verso la via Appia, una delle strade più antiche di Roma, per andare a visitare le catacombe di San Sebastiano. Qui, dove all’epoca era aperta campagna, si mangiava con quello che oggi potremmo definire “pranzo al sacco”. Per il ritorno, in fine, si passava per le basiliche di San Giovanni in Laterano e Santa Croce in Gerusalemme.
Era questo, in embrione, il pellegrinaggio alle Sette Chiese di Roma che solo l’anno successivo, nel 1552, diventerà una pratica devozionale più stabile e organizzata. Ciò avvenne quando il numero di partecipanti cominciò a crescere sempre più: da quei primi sei-sette amici di san Filippo dei pellegrinaggi del 1551 si passò ad un numero di partecipanti considerevole (fino alle centinaia in poco tempo). Vista l’affluenza, san Filippo Neri stabilì anche un giorno per tale pratica devozionale: il giovedì grasso. La prima visita alle Sette Chiese reca la data del 25 febbraio 1552. Il percorso, in sostanza, rimaneva abbastanza invariato, diviso però in due giornate: la partenza avveniva il mercoledì sera prima del giovedì grasso dalla chiesa di San Girolamo della Carità e dopo aver attraversato ponte San’Angelo si faceva visita ai malati dell’ospedale di Santo Spirito. Da questo momento di vicinanza verso gli ammalati si passava, dunque, alla basilica di San Pietro. Il giorno dopo, alle prime luci dell’alba, i partecipanti si ritrovavano presso la basilica di San Paolo, da dove si percorreva la via che prese poi il nome delle Sette Chiese e si giungeva a San Sebastiano: qui, la Messa alla quale seguiva un’omelia di san Filippo stesso o di altri religiosi.
La comitiva di questi primi pellegrinaggi ascoltava in ogni chiesa visitata (tranne nelle basiliche di San Pietro e di San Paolo) diversi sermoni e, lungo l’itinerario, cantava inni e salmi. In tutto questo programma così fitto c’era anche posto per un’agape fraterna: avveniva, di solito, nei pressi del parco della Caffarella, uno dei “polmoni verdi” più estesi della Capitale. Col tempo divenne poi abituale una sosta in quello che all’epoca era chiamato “giardino Mattei”, oggi chiamato Villa Celimontana. Dopo queste soste ricreative, il gruppo di fedeli assieme al Neri si recava alla Scala Santa e a San Giovanni in Laterano per poi proseguire verso Santa Croce in Gerusalemme. Altra tappa, la basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Ultima sosta, prima di rientrare, la basilica di Santa Maria Maggiore: la preghiera del Salve Regina rappresentava il congedo.
Come si comprende bene dall’itinerario filippino, partecipare alla visita delle Sette Chiesa era come immergersi nel cuore della cristianità, nella sua storia. Era come sfogliare il grande libro della Chiesa: una Chiesa di martiri e santi, di uomini che hanno seguito Cristo fino all’ultimo respiro terreno. Così come lo stesso Neri farà, diventando per tutti san Filippo Neri.
fonte
https://lanuovabq.it/it/la-visita-alle-sette-chiese-unimmersione-nella-cristianita