L’ABBAGLIO, Film storico o commedia?

Con questo film, cosa ci hanno voluto narrare il regista Roberto Andò e gli sceneggiatori? Un evento della nostra storia o semplicemente una commedia ricca di fantasia? Nel secondo caso ci faremmo quattro risate con la magnifica coppia Ficarra e Picone. Nel primo caso avrei qualcosa da ridire.
1) Il protagonista colonnello Vincenzo Giordano Orsini, interpretato dal bravo Toni Servillo, è presentato come un idealista disinteressato. Nato a Palermo nel 1817 da famiglia napoletana (suo padre era ufficiale dell’esercito borbonico di guarnigione a Palermo), entrò giovanissimo nel collegio militare della Nunziatella e divenne ufficiale d’artiglieria. Durante la rivoluzione del 1848 disertò e fu arruolato nell’esercito siciliano col grado di colonnello. Partecipò alla battaglia di Messina, ma si mise in salvo su una nave britannica prima della resa al contingente napolitano. Sconfitta la rivoluzione, si arruolò quale mercenario nell’esercito ottomano, col quale partecipò alla campagna di Crimea. Nella spedizione dei Mille era il comandante dell’artiglieria. Nel 1860 aveva 43 anni, quindi molto più giovane di quanto appare Toni Servillo, ma soprattutto lontano dall’idealista rappresentato.
2) Lo sbarco a Marsala è rappresentato con un’accoglienza di popolo ai Mille. In realtà, i marsalesi si nascosero. Molto contrariato dall’assenza di rivoltosi, il memorialista garibaldino Giuseppe Bandi così scrisse: «Le strade eran quasi deserte; finestre ed usci cominciavano a serrarsi in gran fretta, come suole nei momenti di scompiglio, quando la gente perde la tramontana».
3) Nel film la battaglia di Calatafimi non è ben rappresentata, sia per le dinamiche sia per le effettive unità coinvolte. A comandare la truppa borbonica è posto sulla scena il colonnello svizzero Johan Luka von Mechel, il quale parla francese col suo sottoposto maggiore Ferdinando Beneventano del Bosco. L’uso della lingua francese fa intendere che i soldati borbonici erano stranieri, così come fece il regista Alessandro Blasetti nel suo film «1860» prodotto durante il fascismo, il quale utilizzò soldati svizzeri e lingua tedesca nella battaglia di Calatafimi. In realtà, le unità impiegate erano tutte nazionali, cioè formate da giovani arruolati nelle varie province delle Due Sicilie. La colonna mobile schierata a Calatafimi era comandata dal generale Francesco Landi, napoletano. L’8° battaglione cacciatori che andò in ricognizione verso Salemi e che si scontrò con i Mille era comandato dal maggiore Michele Sforza, di Palermo. La lingua usata nell’esercito delle Due Sicilie era l’italiano. La lingua parlata dalla truppa era il napoletano o gli altri dialetti meridionali. Né von Mechel né Bosco combatterono a Calatafimi. Nell’esercito delle Due Sicilie, forte di circa centomila uomini, solo quattromila erano stranieri, soprattutto svizzeri, bavaresi e austriaci.
4) I fatti di Corleone sono ben descritti da due memorie di testimoni: il capitano garibaldino Giuseppe Oddo e il cappellano militare borbonico don Giuseppe Buttà. Sintetizzando i due scritti, le truppe borboniche, una colonna mobile di circa quattromila uomini guidati dal colonnello von Mechel, attaccò le forti posizioni collinari preparate da Orsini e penetrò facilmente nel centro abitato. I garibaldini furono costretti a una fuga precipitosa, passando per Bisacquino, Giuliana e Sambuca. Von Mechel si fermò a Corleone, senza effettuare rappresaglie, poi, saputa la notizia che Garibaldi era entrato a Palermo (27 maggio 1860), si ritirò verso la capitale.
5) Nella scena di Sambuca si vedono von Mechel e Bosco che entrano da soli in paese, sapendo che all’interno vi sono centinaia di nemici. È qualcosa di assolutamente irreale. Qualsiasi unità militare si fa precedere sempre da pattuglie esploranti.
Per concludere mi permetto di dare un consiglio: guardate pure il film «L’abbaglio» e fatevi quattro risate, ma non prendetelo sul serio.
Domenico Anfora