Alta Terra di Lavoro

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L’autore del “Don Chisciotte” all’ombra del Vesuvio

Posted by on Lug 12, 2024

L’autore del “Don Chisciotte” all’ombra del Vesuvio

   “Io calpestai le sue vie più di un anno”, scrive Miguel de Cervantes a proposito di Napoli. Arriva infatti, la prima volta, nella capitale del Regno napoletano nell’anno 1574 e vi rimane sino nell’ottobre del 1575 dimostrando tanto entusiasmo per il suo incantevole golfo che non ha perplessità nel chiamare Napoli

“la ciudad mejor de Europa y aun mejor de todo el mundo” (“la migliore città d’Europa e anche di tutto il mondo). Naturalmente il Vesuvio attrae la sua attenzione e Miguel  dice che è  “el màs famoso / monte que entierra / en si nuestro hemisferio, / màs gallardo a la vista y màs hermoso!/ Las cenizas de Titiro y Sincero / estan en el, y puede ser por esto / mombrado entre los momtes por primero” (Il più famoso monte che racchiude in sé il nostro emisfero, così arrogante alla vista e così bello ! Le ceneri di Titiro e Sincero sono in lui, e può essere per questo chiamato il primo tra i monti).

   Tutto spagnolo

   Siamo in pieno Rinascimento, Napoli è la capitale del reame sotto la dominazione spagnola. La città ha una popolazione di quasi trecentomila anime. Il suo cima è mite,i suoi edifici sontuosi, le sue vie con un certo traffico. Sede del fior fiore della nobiltà di Spagna, la città costituisce  il rosone più apprezzato dei possedimenti iberici in Italia. Tutto a Napoli è spagnolo : i costumi, le mode, le feste. Vivere a Napoli è come vivere a Madrid o a Toledo, con le stesse scene d’amore e di gelosia, le medesime coltellate notturne, lo stesso ambiente cortigiano, con il vantaggio di un clima delizioso e soprattutto il mare. A Napoli La vita è elegante e libera, l’ambiente raffinato. E perché non manchi assolutamente niente di spagnolo, tutte le domeniche si può assistere al grande spettacolo della corrida a cavallo nella Piazza delle Cavallerizze del palazzo del vicerè  Granvela. Serate in maschera, balli, serenate, battute di caccia, gite campestri. In un’atnmosfera  molle, da “dolce vita”, propizia più che mai ai colloqui amorosi, Miguel de Cervantes ha il primo incontro sentimentale della sua vita. Incontra l’amore che  occuperà il suo cuore per sempre, e presso a morire più che mai si ricorderà e implorerà di essere portato a Napoli.

   Cervantes arriva, la prima volta, nella città partenopea a ventisette anni, quando sta per deporre la spada (è reduce dalla battaglia di Lepanto) per impugnare per sempre la penna. A Napoli cerca di avvicinare e di fare amicizia con le persone più dotte, partecipa alle riunioni dei poeti, assiste alle lezioni in alcune Accademie di cui l’Italia è seminata, come quella degli Umoristi, a Roma, degli Intronati a Milano, della Crusca a Fireze, degli Insensati a Perugia, degli Affidati a Pavia, degli Infiammati a Padova. Miguel de Cervantes visita e pratica un po’ tutte queste Accademie. Impara la lingua di Dante e ciò gli giova per l’accesso ai circoli dei letterati e degli scrittori. Miguel legge molto. Fra i suoi commenti, per iscritto sul “Rinaldo” e sull’”Aminta” di Torquato  Tasso, di alcune novelle del Boccaccio, delle oprere di Dante, del Petrarca, del Bembo, ma legge e rilegge soprattutto con grande passione l’Ariosto.

                 Passione

   A Napoli, dove visse la maggior parte dei suoi giorni durante la sua permanenza in Italia, Cervantes incontrò un grande amore: amò appassionatamente una donna di nome Silena ed ebbe da lei un figlio, di nome Promontorio. Come mai poi Silena non abbia seguito Cervantes in Spagna, unitamente al figlio, è un enigma che neppure i più solerti investigatori hanno saputo decifrare. E che amasse tanto questa donna e che sentisse tanta gelosia per lei ce lo dice egli stesso nel romanzo pastorale “Galatea” ispirato appunto dalla donna amata di Napoli,”Dichese aquel que con firmeza  pura / fuera de ti; Silena; bien querido, / sin orobar de los celos la amargura” (Felice colui che con fermezza pura viene da te; Silena, ben amato, senza provare l?amarezza della gelosia).

   Per Silena; Cervantes  sente una così terribile gelosia che si potrebbe paragonare  a  quella di Otello per Desdemona. Tuttavia don Miguel in alcuni momenti ha fiducia: “en ti; Silena; espero;  en ti confio / Silena; gloria de mi pensamento; /  norte  por quien se rigue mi albredio” (In te Silena spero; in te confido. Silena, gloria del mio pensiero; nord verso cui si dirige il mio volere).  Ma poi torna con altri versi pieni di disperazione: “No màs Silena, que toco / en puntos de tal porfia / que el menor dellos podria /dejarme sin vida o loco” (Basta Silena, che giungo a punti di tale esasperazione  che il minor d’essi potrebbe lasciarmi senza vita o pazzo).

   Miguel Cervantes si sposa in Spagna con Catalina de Palacios. La loro unione pare non delle più felici. Prova di questo è che spesso manifesta il desiderio e sente il bisogno di tornare ancora a Napoli. E l’occasione si presenta. Fa del tutto per essere incluso tra i poeti e i letterati del seguito del nuovo vicerè di Napoli, il conte di Lemos. Però per il poco interessamento  dimostrato verso di lui dai fratelli Argenzola, incaricati di scegliere i componenti la Corte del vicerè in partenza, Cervantes viene lasciato fuori e deve rinunciare all’agognato viaggio a Napoli.

   Sfiduciato, quasi vicino al tramonto della sua vita, vuole, perlomeno, tornare nella città dei suoi sogni di gioventù con la fantasia e scrive  “Viaggio al Parnaso”. In questa opera immagina di essere a Napoli, di immergersi in un sonno profondo accarezzato dalle acque del Leté o fiume dell’Oblio e di incontrare Silena e il figlio Promontorio. Al risvegliarsi, racconta il suo sogno. “LLamòme padre y yo llamele hijo/Quedò con esto la verdad en punto fijo /Dijome Promontorio; -Yo barrunto, padre, /  que algunn gran caso a vuestras canas / las trae tanlejos, ya semidifunto. /En mis horas mas frescas y tempranas / esta tierra habité, hiyo (le dije) con fuerzas mas briosas y lozanas”. Mi chiamo padre e io lo chiamai figlio. Rimase con questo la verità nel punto, che qui si può chiamare punto fisso. Mi disse Promontorio: “Io presagisco, padre, che qualche grande caso, porterà lontano le vostre canizie, già semidefunte”. “Nelle mie ore più fresche e giovanili questa terra abitai, figlio”, gli dissi con forze più robuste e vigorose.

   Questi versi di Cervantes non lasciano più nessun dubbio anche nelle menti più scettiche in merito all’autenticità del suo amore per la donna napoletana e per suo figlio.

   C’è, però, qualcosa di più. Alcuni studiosi e investigatori spagnoli sono del parere che il “Don Chisciotte della Mancia” sia stato pure ispirato dall’amante napoletana, che nel suo  capolavoro chiama Dulcinea. Il protagonista, infatti, il Cavaliere dalla Trista Figura, che tante affinità presenta con l’autore, muore senza vedere Dulcinea, il bene tanto agognato; muore senza raggiungere l’ideale della sua vita.

Alfredo Saccoccio

2 Comments

  1. L’autore della teoria di Propontorio come figlio di cervantes è Francisco Elías de Tejada, “Napoli spagnola”, Controcorrente, Napoli 2019, vol. IV, p. 50-54
    Citare la fonte, la prossima volta!

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