LE CORRENTI STORIOGRAFICHE SULLE INSORGENZE DEL POPOLO ITALIANO TRA IL 1796 E IL 1815
LE CORRENTI STORIOGRAFICHE SULLE INSORGENZE POPOLARI CHE HANNO COMBATTUTO LE IDEE GIACOBINE NAPOLEONICHE.
Per completare l’affascinante argomento delle Insorgenze del popolo italiano contro gli eserciti e le idee rivoluzionarie giacobine del 1796-1815, dovevamo occuparci delle tre correnti storiografiche che hanno trattato il tema. Secondo gli studiosi dell‘Istituto per la Storia delle Insorgenze e l’Identità, che hanno dedicato ben due convegni al fenomeno dell’Insorgenza, sono tre: quella nazionalistica, la corrente filorivoluzionaria di matrice giacobina e marxista, infine la corrente “revisionista” controrivoluzionaria.
La corrente nazionalistica vede gli Insorgenti come precursoridel futuro Risorgimento. Secondo questi storici gli insorgenti e i patrioti risorgimentali avevano delle somiglianze, perchè entrambi, lottavano contro lo straniero. Ma una domanda sorge spontanea: come è possibile considerarli la stessa cosa se gli Insorgenti lottavano per la religione e i Legittimi sovrani, mentre i patrioti risorgimentali erano anticlericali e combattevano contro le monarchie pre-unitarie? Come sia possibile associare il patriottismo conservatore, monarchico e religioso degli insorgenti con il Liberalismo, radicalismo repubblicanesimo dei patrioti risorgimentali?
In questa corrente si può annoverare Niccolò Rodolico e Giacomo Lombroso.
Questi autori, in pratica, rifiutano il sanfedismo degli Insorgenti ma apprezzano il loro italico eroismo. A questa tesi Massimo Viglione, autore de «La Vandea italiana. Le insorgenze controrivoluzionarie dalle origini al 1814», (Effedieffe 1995), risponde: «[…] l’Insorgenza fu promossa da centinaia di migliaia di italiani non per fare l’Italia unita e indipendente dall’Austria, ma per difenderla dalla Francia rivoluzionaria e napoleonica; non per abbattere gli antichi governi e Stati legittimi, ma per preservarli dal repubblicanesimo democratico; non per affermare le istanze liberal-massoniche anticattoliche e antiecclesiastiche, ma per proteggere la Chiesa, il Papa, gli edifici religiosi dalle profanazioni dei giacobini e dall’odio antireligioso rivoluzionario. Negare tutto questo significa negare l’evidenza dei fatti».
Tuttavia gli storici nazionalisti-risorgimentisti hanno il merito di aver raccontato i fatti così come sono realmente accaduti, e questo già è un evento. Purtroppo cadono nell’assurdo quando per un errato senso di patriottismo e di italianità, giungono a travisare la realtà, assimilando gli Insorgenti ai rivoluzionari del Risorgimento.
La corrente storiografica rivoluzionaria di matrice giacobina e marxista è responsabile del silenzio sulle Insorgenze, dell’omertà che li ha caratterizzati in tutti questi anni. Ancora oggi è incredibile che si sia potuto ignorare per così troppo tempo una lunga guerra, questa sì di liberazione, durata vent’anni che ha visto coinvolto l’intero popolo italiano. Una guerra a cui hanno partecipato circa 300 mila insorgenti e che i morti furono almeno 100 mila (basti pensare che solo Mondovì vi furono 1.500 morti, 1.500 nella sola Isernia, 2.000 ad Amantea, 9.000 a San Severo, 4.000 ad Andria, senza considerare i 10.000 di Napoli in soli tre giorni). Per citarne alcune delle città coinvolte.
Una Storia di guerre civili e insurrezionali, con centinaia e migliaia di insorti, di stragi efferate, donne e bambini passati a fil di spada, chiese distrutte, ostie e reliquie profanate, ospedali e Monti di Pietà saccheggiati, grandi personaggi, eroi valorosi. Ancora oggi non si comprende il perchè sono stati dimenticati, cancellati dalla memoria, dalla coscienza storica del popolo italiano. E’ una questione che viene fuori ogni volta che si studiano questi eventi straordinari.
Quando non hanno potuto nascondere il fenomeno insorgenze, gli storici di tendenza marxista, hanno sostenuto che il fenomeno dev’essere inquadrato in rivolte locali scaturite una volta per la questione agraria, ora per la leva obbligatoria, per le imposizioni fiscali, la carestia, la contrapposizione città-campagna, l’attaccamento alle autonomie locali o a consolidati privilegi. Fattori certamente presenti, ma quelli di carattere religioso e ideologico della guerra degli italiani contro la Rivoluzione erano certamente più presenti. In pratica le insurrezioni vengono inquadrate nel solito schema marxistico della lotta di classe.
Nell’intervento al 2° convegno del 1997 sulle insorgenze antigiacobine, organizzato dall’ISIN Marco Invernizzi, così si esprimeva: «[…]sul periodo napoleonico, risultava impossibile trovare qualcosa di più che tracce degli avvenimenti in questione, qualcosa che andasse oltre il semplice richiamo superficiale e ideologico all’esistenza di contadini ignoranti che non ‘volevano lasciarsi liberare’ da quelle forze progressiste, le quali, invece, avevano colto l’irresistibile processo storico in corso». Anche se poi ricordava alcune eccezioni, tipo il Lombroso e qualche altro. Tuttavia occorreva prendere atto che «la memoria storica delle insorgenze non era stata trasmessa se non, sostanzialmente e maggiormente, attraverso una lettura fuorviante». Ecco perchè è stato fondato un Istituto storico per lavorare in due direzioni: quella dei convegni e delle conferenze per raccontare le vicende degli insorgenti e quella dei lavori scritti, in grado di descrivere il significato delle insorgenze.
Questo lavoro potremmo inserirlo nell’interpretazione della terza corrente storiografica, chiamata “revisionista”, naturalmente che mi ha seguito fin qui, a questa corrente appartengono gli studiosi che ruotano attorno all’Istituto Storico delle Insorgenze, penso a Francesco Mario Agnoli, Oscar Sanguinetti, Francesco Pappalardo, Angela Pellicciari, Sandro Petrucci, Marco Tangheroni, Giovanni Cantoni. Ma anche alcune riviste, L’Alfiere, Cristianità. Studiosi che potremmo considerarli come continuatori dell’opera revisionistica intrapresa da storici più celebri come Francoise Furet o Ernest Nolte, che hanno messo in discussione una certa storia ideologizzata di stampo liberal-marxista.
Per questo il concetto di revisionismo è stato demonizzato, da quelli che detenevano il primato di scrivere la Storia. Ma il cosiddetto revisionismo nasce da un atteggiamento di domanda di verità e di obiettività, come spontanea e costruttiva reazione alla monumentale ingiustizia inferta a uomini, nostri antenati, le cui scelte vanno giudicate e anche – se necessario – condannate, ma la cui memoria ci appartiene e che abbiamo il dovere di riscoprire e recepire con atteggiamento di profonda pietas.
Il fenomeno unitario dell’Insorgenza, il suo carattere eminentemente religioso, in difesa della tradizioni e della fede Cattolica, va conosciuto, è una storia da studiare e non solo da celebrare. Serve un sereno confronto di idee, basato sulla verità e accertamento dei fatti, tutto questo non può che arricchirci culturalmente, a vantaggio di tutti. Soprattutto a vantaggio della memoria storica del popolo italiano che merita di ricuperare, ai fini della sua identità, la conoscenza piena e corretta degli avvenimenti dell’Insorgenza e delle reali motivazioni per cui essa avvenne. Attenzione però, il tema difficile, come quello dell’identità nazionale, raccomandava Invernizzi nel suo intervento al convegno del 1997, non deve essere affrontato, con stile da tifoseria calcistica e che non verrà risolto in qualche ora.
DOMENICO BONVEGNA
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LE CORRENTI STORIOGRAFICHE SULLE INSORGENZE DEL POPOLO ITALIANO TRA IL 1796 E IL 1815.