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L’editore D’Amico ci offre una chicca da “Lu trovatore”, storica rivista di fine 800, sulle edicole votive di Napoli

Posted by on Gen 15, 2018

L’editore D’Amico ci offre una chicca da “Lu trovatore”, storica rivista di fine 800, sulle edicole votive di Napoli

Anche se relativamente vicina a noi nel tempo, la storia della Napoli del XIX secolo è per larghi tratti tutta da scoprire, specie quella giornalistica, in particolare quella dialettale. Da qualche anno sto studiando le testate giornalistiche redatte in dialetto. I fogli più importanti furono il garibaldino Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, quotidiano in edicola dal luglio del 1860 al dicembre del 1868 e Lu Trovatore, di orientamento opposto, attivo dal 1866 al 1877, fino al 1869 redatto integralmente in napoletano, Si conosce poco di questo giornale anche perché gli articoli erano sempre anonimi.

Nei primi anni fu editato da Pascale (Pasquale) Tomas, la cui libreria, che fu anche sede del Trovatore, era sita a Largo Mercatello ovvero nell’attuale Piazza Dante dove oggi c’è un caffè. Manco a farlo apposta, l’unica rubrica a restare immutata nel corso del decennio di attività del giornale, fu proprio la “Chiacchierata dint’a lo cafè de l’allegria”, scritta sempre nella lingua di Basile e Cortese. Queste gustosissime scenette che si preseterebbero molto bene ad essere recitate, danno uno spaccato fedele della vita quotidiana a Napoli in quei difficili anni di transizione. L’anticlericalismo fu una componente molto importante del risorgimento italiano. Addirittura nella Napoli postunitaria si pensò di murare le edicole votive pur di sradicare il cattolicesimo dal cuore dei napoletani. Per fortuna l’idea non ebbe seguito.

Da segnalare che Don Crisicenzo, il liberale dell’allegra brigata, è l’unico a parlare in toscano. L’italiano una lingua distante dal popolo napoletano, infatti chi la parlava era lontano anche dai veri sentimenti e dai veri bisogni “de lo popolo vascio”. Almeno questo è il messaggio che vogliono far passare i redattori de Lu Trovatore!

Vincenzo D’Amico

Chiacchierata dint’a lo café de l’allegria (Abbascio Puorto)

Cafettiere. Si Tò, allicurdateve ca rommanettemo co lo trascurzo a la scassazione de li sante da faccia a le mmure.

Lu Trovatore. Sissignore, me ll’allicordo. Mo passarrammo a n’autra cosa.

D. Criscienzo. Piano un momento!

Gnaziello. Ch’è succiesso?

D. Criscienzo. Ho letto le immagini sacre furon poste agli angoli delle vie da un certo P. Rocco, molti anni or sono, ad oggetto d’illuminare, coi lampioni che vi ardevano avanti, non essendovi ancora fanali né ad olio né a gas.

Lu Trovatore. E’ lu vero… ma che volite dì con chesto?

D. Criscienzo. Voglio dire, come lo fu difatti, che lo scopo fu quello di rischiarare le vie nelle ore notturne ed evitare, o almeno far iscemare, il grandissimo numero di furti e di assassini che vi si commettevano. Ora, dico io, che le strade sono tutte così ben rischiarate, non han più ragione d’essere queste immagini e questi lampioni.

Lu Trovatore. No momento. Non abbastava schiarà sulamente li puntune de le strate, pecché li malevivente se potevana mascherà e avarriano commise le delitte co tutte li lampiune. Ma la mmàgene de no santo o de la Madonna manteneva spisso lo vraccio de l’assassino e sconcertava lo mariuolo, movennole lo core co lo penziero de na justizia celeste. Ecco lo vero scopo ch’avette P. Rocco, quanno facette mettere chelle ‘mmagene.

Cafettiere. Quanta vote n’assassino che vedennose sicuro da ll’uocchio de la polizia sta pe commettere no delitto, cagna penzieri nsentì da la vittima: Fallo pe la Madonna, non m’accidere?!

Annarella. Ma po, diciteme na cosa, fuorze lo sinnaco l’accattava ll’uoglio a sti sante? Che lle mportava a isso si nce stevano o no? A cchi facevano male?

D. Criscienzo. Guastavano le facciate degli edifici.

Annarella. Pe li napulitane parevano cchiù belle mure addò nce stevano pittate li sante o la madonna.

D. Criscienzo. Ma a Torino e a molte altre città non ci sono queste effigie sulle mura.

Annarella. Bella ragione veramente! E pecché Napole aveva da fa la scigna a Torino? Che, era meglio fuorze?

Gnaziello. E ghiatevenne, D. Criscè, ca nce avite frusciato mo. Sarria bello chesto, pecché a Torino se magna polenta a Napole s’avvaria levà ll’uso de magnà maccarune, s’abboffarece nuje pure de farenella.

Cafettiere. Tu vide che nc’è soccieso co sto Torino sedeticcio de novecalle!

D. Criscienzo. Basta, passiamo avanti!

Annarella. E che buò passà nnante! Manco si fossero venite li turche a Nnapole nce avarriano trattate de sta barbara manera! Mannaggia la capa nosta!..

Cafettiere. Mena mo, feniscela!..

Gnaziello. Si Tò, resta assodato, a mme sò fatto persuaso, co lo levà la sante e le madonne de faccia a le mmure è stata na vera birbantata a una de le tante prove de nemicizia a la religione nosta… Mo avarriamo de parlà no poco de li campanielle.

Lu Trovatore. D. Criscè, vedite che ora è.

D. Criscienzo. Il mio orologio segna le dieci e mezzo.

Cafettiere. Tre ora e no quarto.

Lu Trovatore. E’ tardolillo. Gnaziè, ne parlarrammo doppo dimane a sera.

Gnaziello. Comme vulite vuje.

Lu Trovatore. Embè, bonanotte a tutte.

fonte

identitainsorgenti.com

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