Lello Traisci, cantore del Volturno II
L’importanza della musica popolare come strumento di divulgazione della nostra storia
La musica popolare ha da sempre avuto una notevole importanza nel settore storico-sociale del nostro territorio, da tempi remoti grazie a canti dei lavoratori siamo riusciti a conservare tradizioni,storia e notizie di una quotidianità ormai lontana e spesso non più menzionata.
Il nostro territorio è ricco di un notevole repertorio musico-popolare che và da tempi lontani e che ci ha tramandato le grandi opere degli uomini e donne che si adoperavano in Terra di Lavoro ed in altri luoghi. Grazie ad alcuni musicisti, storici, scrittori e ricercatori siamo riusciti a reperire conservare dei canti che gli anziani ci hanno saputo conservare e tramandare oralmente ed è doveroso ringraziare gli operatori che si sono dedicati ad andare a fare interviste e registrazioni a casa di queste persone anziane che noi estimatori della vita di un tempo definiamo “Biblioteche viventi” .
Con tutto il materiale di canti e musiche che si è raccolto nel tempo e che abbiamo studiato,discusso si è riusciti a formare dei generi ben distinti e separati. Ci sono i canti ludici che erano le ballate che si suonavano e cantavano quando la sera tornati dal lavoro nelle campagne si condivideva tutti insieme il cibo e si ci divertiva inventando balli a ritmo di tammurriate, tarantelle, e ballate varie come strambotti e villanelle.
C’erano i canti a carrettiere, che erano canti a distesa che i contadini cantavano sui carretti quando partivano di notte per portare le loro merci nei mercati in altri paesi, spesso questi canti avevano lo scopo di esorcizzare la paura della notte e della solitudine, un esempio è la famosa Cilentana: Cavallo e se mma faje chesta sagliuta a Napule t’accatto a petturela. Altri canti erano quelli che venivano eseguiti durante il lavoro che avevano una duplice funzione, da un lato quella di dare un ritmo cadenzato al lavoro e e dall’altro quella di alleviare le fatiche del lavoro stesso. Di questo genere uno antichissimo è Il canto delle lavandaie del Vomero:
Tu m’aje prommiso quatto moccatora
oje moccatora, oje moccatora
io sò benuto se io sò benuto
se me lo vuò dare
me lo vuò dare.
E si no quatto embè dammene ddoje
oje moccatora oje moccatora
chillo ch’è ‘ncuollo a tte nn’è rroba toja
me lo vuò dare
me lo vuò dare.
C’erano i canti a dispetto, che erano delle vere e proprie “imbasciate” fatte in canzoni per rammendare un torto subito; e poi i canti devozionali, un tempo dedicati alle divinità e poi col Cristianesimo dedicati ai Santi. Come si evince la musica popolare ha riempito nel tempo tutte le attività dell’uomo ed ha saputo tramandarci anche importanti pagine di storia, basti pensare a “Michelemma” dedicata a Masaniello, al Canto dei Sanfedisti che narra della rivoluzione partenopea contro i francesi, per poi concludere (per modo di dire) con Tammurriata nera che il grande E.A. Mario compose per far arrivare a noi quelle che furono le marocchinate durante la fine della seconda guerra mondiale a Napoli.
Per questo la musica popolare è da sempre un fenomeno culturale che và tutelato ed incoraggiato a essere presente nel nostro bagaglio culturale storico musicale. Per questo abbiamo deciso e stiamo lavorando ad una ricerca storica, che già viene presentata attraverso un programma su Youtube dal titolo “La storia della nostra musica popolare” 1 parte. Inoltre, stiamo partecipando ad una ricerca storia e pubblicazione su cultura e tradizioni nel Mezzogiorno, con un parte ampia dedicata alla musica popolare (da me curata), che si articolerà in 6 capitoli:
a) L’influenza artistico – musicale degli OSCI nell’Italia meridionale.
b) L’arte musicale greca.
c) La musica dell’impero romano.
d) Il Medio Evo.
e) Il periodo angioino – aragonese.
f) Tra il ‘500 e il ‘600
*Musicista
- L’influenza artistica e musicale degli OSCI nell’Italia meridionale
Il castello alla foce del Volturno
La quotidianità della gente comune crea nel tempo la storia di un popolo,l’arte musicale spesso è il tramite ed il mezzo che ce la tramanda fino ai giorni nostri. Si suppone che la musica sia nata per il bisogno dell’essere umano di esprimere ed esternare i propri sentimenti e anche come funzione comunicativa di eventi eclatanti che richiedessero una maggiore attenzione da parte della comunità. In queste pagine si cercherà di spiegare l’evoluzione , la cultura, i riti e le feste che appartenevano ai popoli che ci hanno preceduto e che hanno vissuto in tempi remoti nel sud Italia,portandoci le loro influenze socio-culturali , e nello specifico vedremo come si è formata la nostra cultura e tradizione musicale.
Gli Osci popolazione italica che nel V sec. a.C. ha popolato la Campania : Entroterra del Golfo di Napoli,coste di Cuma, Pompei,Ercolano e l’isola di Vivara spingendosi fino all’attuale Calabria,nel VI sec.a.C. Alife e Atella. La lingua parlata dagli Osci era utilizzata da varie popolazioni che andavano dalla Maiella al golfo di Taranto,in Lucania,nel Bruzio ed a Messina attraverso i Marmetini. Tutto questo dimostra un’affinità socio-culturale che legava queste popolazioni che collaboravano negli scambi commerciali. Ancora oggi alcune parole della lingua osca le troviamo in alcuni termini dialettali come “Futo” (profondo).
L’arte osca ha lasciato poche tracce scritte anche perchè in quei tempi si era poco propensi a lasciare testimonianze artistiche. Possiamo citare grazie a prove scritte che una rappresentazione teatrale in lingua osca fu rappresentata a Roma nel 391 a.C. chiamata Fabulae atellanae, dove c’erano quattro personaggi fissi (lo sciocco Maccus,il vecchio avaro Pappus,il ghiottonevanaglorioso e maleducato Bucco e il gobbo Dossennus) e in più kikirrus in costume animalesco, forse era l’antenato del Pulcinella napoletano. Musicalmente l’unica cosa certa è uno strumento particolare chiamato Tufa o Tòfa (tromba) che altro non era che una grande conchiglia che si adoperava come strumento di richiamo per annunciare l’inizio ed il tremine della giornata lavorativa. Appartenente al gruppo degli strumenti a fiato,simile ad un corno dal suono grave e profondo.
b) L’arte musicale greca
Per quanto riguarda l’arte,è doveroso dire che la grande civiltà greca ha apportato notevoli progressi e tecniche di studio che fino a quei tempi non si erano avute. La civiltà greca copre un arco cronologico ampio (dall’XI sec. a.C. sino al 146 a.C.). La Grecia si estendeva in un territorio molto vasto,che comprendeva : Grecia ( penisola del Peloponneso e le isole dell’arcipelago Egeo) – Isole della Turchia (Frigia e Lidia) – Italia meridionale (Magna Grecia). La musica per i greci era un complemento della poesia,aveva la funzione di abbellimento della parte letteraria. Per musica i greci intendevano,quindi, l’insieme fra suono,parola e movimento,la chiamavano “mousikè tecknè” ovvero l’arte delle Muse. Il termine “lirica” si è avuto proprio dai greci per indicare tutti i versi poetici che venivano cantati accompagnati dalla lira. La musica greca e la sua evoluzione si può catalogare in tre importanti periodi:
1) periodo ARCAICO che va dal XI – VI sec. a.C. in cui emergono l’epica e la lirica monodica e corale.
2) periodo CLASSICO che comprende il V sec. a. C. in cui si vede il nascere del teatro .
3) periodo ELLENISTICO o ALESSANDRINO IV – II sec. a. C. in cui fiorì la trattattistica teorica.
Nel periodo Arcaico la musica si praticava nei templi durante le varie cerimonie religiose , nelle corti durante i simposi. Il musico (aedo) cantava le gesta epiche degli dei e degli eroi sul tipo di quelle narrate nell’Iliade e nell’Odissea, accompagnandosi con la PHORMINX (un arpa a quattro corde con cassa armonica ricavata da una carcassa di tartaruga). Di alcuni aedi dell’epoca arcaica si conoscono anche i nomi che ci sono stati tramandati grazie a testimonianze scritte: Anfione, Demodoco, Femio, Orfeo,Lino. L’esibizione dell’aedo era basata sull’improvvisazione di melodie sull’osservanza di semplici schemi melodici e modelli tradizionali chiamati NOMOI che avevano la funzione di non far trasgredire i precetti e le norme di intonazione e di ritmo.
Nel VII sec. Terpandro di Lesbo raccolse una serie di queste melodie creando e catalogando un vero e proprio repertorio. Nel VI secolo verso il termine del periodo arcaico, la società e di conseguenza anche la musica ebbero un radicale cambiamento, con la nascita delle prime ” POLIS” ossia le città stato, musicalmente si hanno più occasioni per svolgere manifestazioni pubbliche e feste private dove i musici sono in prima linea. Nella manifestazioni pubbliche (gare,feste,riti,matrimoni ed altri eveniti del genere) le danze erano accompagnate da un canto corale che prendeva nome a seconda della funzione a cui era dedicato.
INNO se era dedicato ad una divinità o ad una personalità politica – PEANA canto dedicato ad Apollo – DITIRAMBO dedicato a Dionidio – THRENOS canto funebre – EPITALAMIO canto nuziale – EPINICIO canto per le gare dedicato all’atleta vincitore – PROSODIO canto processionale – SCOLIO canto conviviale.
Tutta un’altra storia era la musica eseguita nelle feste private,che era la LIRICA MONODICA i cui temi trattavano storie di tipo amoroso (Saffo), satirico (Archiloco) o conviviale (Alceo). In questo periodo al canto accompagnato dalla cetra si attribuivano poteri magici, alcuni esempi: Orfeo che era in grado di placare venti e fulmini, di acquietare belve e divinità. Anfione che costruisce le mura di Tebe. Ma già nel VI secolo, con Pitagora la musica si trasforma e si evolve in materia matematico-astronomica,perdendo le caratteristiche magico illusioniste.
c) La musica dell’impero romano
La grande e storica civiltà latina comincia nel VII secolo a.C. con la fondazione di Roma e termina nel 476 d.C. con la deposizione dell’ultimo imperatore romano d’Occidente, Romolo Augustolo (data che diede anche l’inizio al Medioevo). L’impero Romano si era esteso notevolmente e ricopriva i territori: dell’Italia, isole Britanniche, Gallia, Penisola Iberica, Africa settentrionale, Egitto, Palestina, Grecia, Mesopotamia, Dacia e la Romania. E’ ovvio che una così grande ampiezza di territori hanno portato una notevole influenza culturale e quindi di conseguenza sulla musica, c’è da dire però che il popolo romano una particolarità tutta sua l’ha imposta nel settore musicale,ed era quella dell’inserimento di alcuni strumenti a fiato, anche se la sua evoluzione l’ha quando si è confrontata con la musica greca e palestinese.
Ma tuttavia quello che resta della musica dell’antica Roma è solo una melodia di un verso di una commedia “l’Hecyra” di Terenzio, quindi tutto ciò che conosciamo sulla musica dell’antica Roma proviene da fonti letterarie,e iconografiche. La musica per i romani era intesa come scopo pratico,funzionale come contorno di un’attività e non come vera e propria arte. Si utilizzava il canto monodico e corale ed era eseguito per le attività ritualistiche religiose, di lavoro e delle operazioni militari. I canti più antichi di cui si ha traccia in campo religioso sono “Carmina Saliaria” che i sacerdoti Salii eseguivano mentre il corteo procedeva a passo cadenzato. I canti nel settore militare “Carmina Triumphalia che accoglievano i generali vittoriosi, dove erano adoperati strumenti a fiato come: TUBE , TIBIE , CORNI.
Quando nel 146 a.C. conquistarono la Grecia, i romani ebbero l’approccio con la vera e grande arte musicale e teatrale. Solo allora a Roma si affermò il teatro tragico e comico in lingua latina,dove melodie e duetti si alternano al dialogo parlato. Tra i vari compositori più importanti ricordiamo: Livio Andromico, Ennio Pacuvio, Plauto, Terenzio, Accio.
La musica cominciò ad essere adoperata a scopi artistici e pedagogici tanto è vero che in quel periodo sotto insegnamento dei greci aumentarono corsi d’insegnamento per i giovani ed in special modo nel periodo imperiale. Gli strumenti che caratterizzarono la musica dell’impero romano furono: il corno munito di una traversa di sostegno, la tuba o salpinx consistente in un lungo tubo terminante ad imbuto, la bucina con bocchino a tubo a (S) , la tibia simile all’aulos greco a doppia ancia. E’ difficile trovare influenze musicali apportate da questo popolo nella nostra terra del sud Italia,per la carenza di testimonianze scritte o raffigurate,si potrebbero fare delle ipotesi su alcuni tipi di tammurriata che sembrano ritmicamente parlando dei veri ritmi di guerra e che sono accompagnati da flauti, ma sono solo supposizioni senza alcuna certezza.
d) Medio Evo
Il periodo che va dal V secolo d.C. al XV secolo venne denominato Medioevo ,un periodo storico culturale che ha la durata di circa mille anni e che ci lascia un notevole bagaglio artistico -culturale e musicale. Ma prima di addentrarci nella musica di quel tempo diamo una brevissima occhiata a quello che era il nostro territorio geografico. In quel tempo l’Italia meridionale era ancora divisa : La Sicilia era un emirato arabo; dall’antico ducato di Benevento si erano scissi i principati di Benevento, Capua e Salerno; le città di Amalfi, Sorrento, Napoli e Gaeta erano ducati formalmente bizantini ; la Puglia e la Calabria erano province bizantine.
Nel 1002 Bari, sotto la guida di un nobile cittadino (Melo), si ribellò all’autorità di Bisanzio e con l’aiuto di alcuni mercenari normanni nel 1118 ottenne l’ indipendenza. In quell’epoca bande di normanni in cerca di fortuna avevano iniziato a giungere alla spicciolata nell’Italia meridionale, subito assoldati da vari potentati locali, come il duca di Napoli, il principe di Sorrento e gli stessi bizantini. Ma nonostante tutto ciò l’arte musicale era sempre in via di evoluzione ed è proprio in questo periodo che ebbe un ruolo di fondamentale importanza nel campo liturgico-religioso, ed in quello profano e popolare. La musica religiosa diede vita a generi musicali come: L’inno,il canto Gregoriano,il dramma liturgico e la lauda di questi generi musicali che si eseguivano nelle varie ricorrenze e funzioni religiose ancora oggi vi è un notevole repertorio conservato,in quanto i religiosi per poter conservare e tramandare la tradizione facevano scrivere i testi e le partiture musicali.
Un’ altra storia è per la musica profana,era improvvisata oppure composta per delle occasioni particolari, destinata quindi ad essere eseguita una sola volta e perciò non veniva scritta per tramandarla, motivo per cui di questo genere non rimangono molti documenti. Il repertorio della musica profana era costituito da canzoni amorose, satire politiche e danze accompagnate da strumenti come tamburi, arpe e cornamuse,facili da trasportare per i cantori,menestrelli ,giullari, buffoni che si spostavano da una città all’altra. La musica era di andamento vivace e molto ritmata e molto probabilmente è questo il periodo in cui si fondano le basi per i generi musicali come la pizzica e tante altre forme musicali simili della Puglia, Campania e Sicilia,è in questo periodo che nasce il Saltarello.
Dal 1087 al 1194 i normanni occuparono la Sicilia ed essendo un popolo di grande tolleranza ed intelletto, non scacciarono gli arabi ma gli diedero dei castelli in Calabria,in Puglia,in Irpinia dando loro delle terre con il privilegio dell’immunità perpetua. Queste decisioni politico-sociali fecero sì che la cultura ,l’arte e perfino la lingua si fondesse creando nuovi stili. La lingua era un misto tra il greco e l’arabo che col tempo si trasformò e si arricchì di nuove acquisizioni lessicali, nasce così la lingua volgare. E’ più che ovvio che la musica, il canto abbiano avuto notevoli mescolanze ed abbiano originato stili nuovi, peccato che nel Sud Italia non esistono tracce,però una cosa è sicura molti canti a distesa o a fronna sono simili nella linea melodica ai canti della tradizione religiosa musulmana.
Dal 1198 con la proclamazione di re Federico II fino al 1266 con la caduta di Manfredi di Sicilia gli svevi portano altre influenze alla musica ed a tutto il panorama culturale, politico e sociale del sud Italia. Nelle regge imperiali di Federico II sparse per il territorio ed in particolare in Puglia la musica e le varie forme artistico-culturali per l’intrattenimento, erano un susseguirsi di varie tipologie di stili e culture, si incontrarono, confrontarono ed intrecciarono l’arte d’ Occidente con quella d’Oriente, dando vita ad un fenomeno artistico di grande ed incommensurabile valore. Grazie a Federico II nasce un variegato ambiente musicale,lui stesso è considerato poeta e musico perché dei quattro poemi a lui attribuiti, uno ci è pervenuto con la musica e costituisce anche l’unico modello musicale, su oltre 350 testi poetici della scuola siciliana. Per l’arte dei suoni e non solo, la curia itinerante del sovrano svevo, si rivelò un territorio senza confini nel quale convissero artisti di etnie, religioni e tradizioni lontane tra loro. Queste scelte culturali, in linea con quelle dei predecessori normanni, favorirono inoltre la penetrazione in Europa di nuovi strumenti e pratiche musicali dall’Oriente.
Ciò nonostante in Sicilia nacque “La Scuola Siciliana” 1230-1250 , sua peculiarità da le altre scuole era l’uso di una propria tradizione lirica basata sul volgare locale detta (lingua del sì) . Tra gli strumenti musicali di quel periodo adoperati dai menestrelli e vari tipi di artisti dell’epoca,ricordiamo: Tamburello,cimbali,campane e tamburi di vario genere (strumenti a percussione) – Liuto,arpa,salterio (strumenti a corde pizzicate) – Viella e ribecca (strumenti ad arco) – Corni, chalemie,cornamuse, trombe e flauti (strumenti a fiato) – Ghironda o organistrum , che fu il primo strumento ad accompagnare i canti religiosi. Tra i brani tramandati oralmente fino ai giorni nostri del 1200 troviamo “IL CANTO DELLE LAVANDAIE DEL VOMERO” (ignoto ), che abbiamo riportato nell’introduzione.
**Pasquale Iorio, le Piazze del Sapere