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“L’esercito dimenticato” di Giuseppe Scianò

Posted by on Apr 10, 2022

“L’esercito dimenticato” di Giuseppe Scianò

L’ESERCITO DIMENTICATO, La lotta per la libertà e per l’indipendenza della Sicilia dopo l’invasione del 1860 di Pippo Scianò

Dopo «La Sicilia diventò Colonia», in distribuzione il secondo volume di Pippo Scianò che continua la sua indagine sulle «verità storiche negate»… Anche questo è ricco di documenti e reportage che attestano la veridicità di quanto realmente accaduto nel periodo del Risorgimento (sic!)… e sull’invasione del Regno delle Due Sicilie!

Con L’ESERCITO DIMENTICATO (pp. 160) Scianò apre ancora nuovi orizzonti su quel periodo, dando vita a personaggi in parte dimenticati o travisati, riscoprendo un’epopea fino ad oggi non indagata dalla storiografia «ufficiale».

Perché ancora oggi, dice Scianò, «…Si deve affermare a gran voce il nostro diritto al recupero, per quanto possibile, della verità e della giustizia sui fatti realmente accaduti in quel periodo … che è anche una lotta culturale per comprendere meglio il presente e poter guardare con consapevolezza al futuro».

Per la copia del volume chiama lo 091.481521 o 320.8078853 oppure all’e-mail pittiedizioni@libero.it

UN’EREDITA’ AVVELENATA

Per capire l’importanza e le intenzioni de «L’esercito dimenticato» è necessario fare alcune precisazioni. La cosiddetta Questione Meridionale, che ha tanto pesato – e pesa tutt’ora – su molti aspetti dell’economia siciliana e su quella nazionale, ha radici molto lontane ed una genesi in parte sconosciuta e misconosciuta: si tratta dell’eredità «avvelenata» lasciataci dal Risorgimento italiano.

I Padri della Patria sono stati, in realtà e in larga misura, dei padri-padroni, come Scianò ci spiega magistralmente in questo libro; così come aveva già fatto – in modo più ampio – col precedente «…e nel mese di maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia».

Con il presente volume, quindi, percorreremo un altro tratto della complessa cronologia siciliana e meridionale.

Dobbiamo con disappunto renderci conto che la storiografia ufficiale, in particolar modo quella universitaria e poi scolastica, ha cominciato solamente negli ultimi decenni ad aprire alcuni «armadi», purtroppo pieni di «scheletri risorgimentali». Infatti, per un tacito accordo di «quieto vivere», tutti o quasi tutti i partiti politici italiani hanno tenuto chiusi quegli armadi fin dall’800, in spregio alla verità storica. Con uso cosciente e sistematico di una letteratura agiografica e mistificatrice è stata costruita una ben definita «mitologia» risorgimentale dalla quale non è semplice liberarsi perché essa, nel tempo, ha generato una vera «sudditanza» psicologica  anche tra gli intellettuali.

Simili «taciti accordi» e «occultamenti» si riscontrano anche in altri Paesi. Basti pensare alle recenti e tragiche cronache degli Stati Uniti, o ai frustranti tentativi di ricucire rapporti con i Paesi della ex Jugoslavia.

[…]  Questo libro è però particolare anche per la sua insolita veste editoriale e grafica, attraverso la quale l’attenzione è mantenuta viva dai riquadri, dalle molte foto, da note acute e interessanti, dai corsivi che permettono al sentimento autonomista che li sottende di accompagnare il lettore senza mai allontanarsi dai «fatti» storici e da ciò che effettivamente è accaduto. Dalle nebbie di un passato nascosto emergono così situazioni e personaggi che ci stupiscono, specialmente quando il nostro sguardo riesce a superare i veli di una menzogna accuratamente costruita e ci rivela sentimenti nobili, ma anche grandi bassezze, inutili crudeltà o trame raffinate.

Sono i protagonisti stessi che ci chiamano – anche in modo brusco – proprio dai loro diari, da foto, lettere, da documenti, oppure da pro-clami… davvero terribili nella loro crudele semplicità burocratica o sfacciatamente politica.

Tutto il Meridione fu messo davvero «a ferro e fuoco» in una guerra di conquista che si è protratta per anni (non soltanto per i pochi mesi di Garibaldi), con assedi di intere città, fucilazioni e rappresaglie… un grande dolore di cui si è provato accuratamente a cancellare le tracce e perfino la memoria.

Molte figure e situazioni storiche, con generali, autori, ministri, sovrani che abbiamo conosciuto fin dai banchi di scuola e che ci sono state raccontate da scrittori e storici, da agiografi di quella accurata «fabbrica di consensi e di censura» che fu il Risorgimento Italiano, dopo questa lettura ci appariranno diversi: forse più brutti interiormente, meno liberi ed eroici… meno onesti.

Ben esposte e accuratamente ricostruite sono inoltre le manovre politiche dell’Inghilterra e della Massoneria; così come appare davvero ìmpari la strenua lotta per la libertà della Sicilia e della Napolitània di fronte ai continui tradimenti di generali e ministri del Regno delle Due Sicilie (spesso assoldati dal nemico, e al cui servizio continueranno a far carriera a guerra finita).

Porzioni di un grande affresco storico, quindi, in cui impareremo a vedere con occhio diverso alcuni personaggi famosi, e ne conosceremo altri.

Da questi anni terribili, però, emerge anche un Popolo fedele ai propri princìpi etici, orgoglioso, coraggioso, e in armi: un vero «esercito dimenticato» dalla Storia.

Fino ad oggi.

Tutti furono in parte attori e in parte marionette di interessi ed equilibri europei – progettati dalla Gran Bretagna – che a metà dell’800 sacrificarono alcune «nazionalità» per crearne, forzatamente, altre.

Alcuni di questi protagonisti, a cui eravamo – in parte – affezionati,  sottoposti all’analisi di questa lettura «diversa» rivelano, adesso, altri aspetti e ben altro carattere.

La nostra cultura italiana ed occidentale, infatti, è impregnata di un generale sentimento romantico e bonario che, nella lettura dell’Ottocento, ha esaltato e caratterizzato in modo fortemente individualista – forse ormai indelebile – molti personaggi, isolandoli a volte dai contesti vicini o lontani entro i quali operavano, o erano costretti ad operare.

La borghesia si stava muovendo in tutta l’Europa, trascinando anche le «masse» proletarie. Il desiderio di libertà e di democrazia, o addirittura della temuta «repubblica» percorreva, impaurendoli, quasi tutti gli Stati monarchici di allora, anche quelli che a malapena avevano «concesso» qualche timida «costituzione».

Era necessario per i regnanti di allora definire alcune situazioni che fossero stabili e controllabili (quante monarchie abbiamo, ancora oggi, in Europa?).

Nuovi equilibri, infatti, si stavano formando tra i grandi imperi: Inghilterra, Francia, Russia, Austria, Turchia…

I Savoia, in particolare, si mossero con astuzia e spregiudicatezza in operazioni politiche e militari che assicurarono loro, in pochi anni, un territorio vastissimo… sulle sofferenze di molti.

La stessa spregiudicatezza l’avrebbero mostrata ancora l’8 settembre del 1943, abbandonando l’Italia, nazione in guerra e senza aiuto, per rifugiarsi a Brindisi – così lontana da Roma e da Torino – a loro «annessa» nel 1861.

Certo ci dispiacerà leggere alcune cose ma, come scrive l’Autore: «…Si deve affermare a gran voce il nostro diritto al recupero, per quanto possibile, della verità e della giustizia sui fatti realmente accaduti in quel periodo… ed è, questo, anche un momento di lotta culturale per comprendere meglio il presente e poter guardare con maggiore consapevolezza al futuro».

Roberto Sani

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