Alta Terra di Lavoro

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L’iconografia della strega nell’arte (Parte 2)

Posted by on Nov 14, 2023

L’iconografia della strega nell’arte (Parte 2)

La raffigurazioni del Sabba

Con il Cinquecento sviluppano altri interessi legati alla stregoneria. E’ il volo, questo desiderio inconscio presente nell’uomo, che inizia a farsi largo. Le idee presenti poi nei manuali inquisitoriali e le storie di terrore fanno il resto.

La strega inizia ad essere raffigurata come dominatrice degli spazi aerei notturni, a cavallo del capro, raffigurazione del diavolo, poi successivamente sostituito dalla scopa. La strega è colei che sovverte le regole del mondo, le sue leggi, ma che nasconde anche i desideri inconfessabili dell’uomo.

E’ sempre Albert Durer, ad introdurre il germe della raffigurazione di un altro tema fortemente presente, quello del sabba che ritroveremo, nello stesso periodo, nell’opera artistica di Baldung Grien nel suo “Witches’ Sabbath” (Fig.3).

Qui pare quasi sentirsi la donna che urla dal piacere mentre un mostruoso drago, espressione del demonio, le lecca la vulva. E’ l’affermazione della donna consapevole del potere del proprio corpo. La donna dureriana qui raffigurata, poco più che ventenne, si appoggia su di un ramo mentre mostra con ossequio e con piacere le sue parti intime all’orrenda bestia che è l’unico che può davvero soddisfarla. E’ questo il nuovo topos cinquecentesco: La strega nuda che cerca di procurare e procurarsi piacere attraverso l’incontro con il diavolo e l’uso di droghe o unguenti.

Il piacere-tormento è puramente erotico, ecco così tema delle opere di tal periodo è la fanciulla  che, spogliandosi, mostra due voluttuose curve cercando il modo migliore per cavalcare l’equivoca priapica scopa. La nudità è esibita senza imbarazzo e con gran naturalezza. Ella già pensa ai lascivi piaceri che potrà avere una volta raggiunto il sabba.

La figura del Venus Terribilis nell’età rinascimentale e secentesca

Con il passaggio del secolo la stregoneria si lega alla magia rinascimentale. Anche nei dipinti iniziano ad apparire gli strumenti del mago, il cerchio protettivo, la sfera di cristallo, il bastone. Viene in parte abbandonata l’immagine lasciva per far posto e porre l’attenzione sulla ritualistica che diviene il nuovo, predominante interesse. Le pratiche stregonesche si vestono di scienza quasi galileiana affascinando con pratiche che la fisica e la medicina considerano impossibili.

Ecco così le raffigurazioni di Gillot, del XVIII secolo, (Fig.4),

l’Hexensabbat di Frans Fracken del 1607 ancora il Van der Gheyn o Jakob Swanenburgh, il cui quadro è presente nel museo di Leida (Fig.5).

In tutte le tavole raffiguranti il sabba e le condizioni atmosferiche. Erano infatti le streghe, nella tradizione popolare, a portare tempeste e fulmini, e del resto questa credenza non era del tutto nuova se nella Bibbia è Samuele ad avere il potere di scatenar tempeste.

Temi principali presenti nelle raffigurazioni sono, come già detto, la partenza per il sabba, l’arrivo, le relazioni amorose con il diavolo e le danze orgiastiche. Von Prenner nel suo Hexensabbath descrive una delle più belle immagini del Sabba (Fig.6).

La scena evoca i momenti orgiastico compulsivi del sabba. Una moltitudine di donne si accalcano attorno ad un misterioso pentolone vicino al quale una strega dai penduli seni scoperti aggiunge strani ingredienti ad un misterioso liquido mentre un’altra ne mescola il contenuto con la sua scopa.

E’ su questo fumo che si levano in volo le magare mentre diffondono nembi e tempeste dai loro vasi incantati, mentre sullo sfondo degli uomini fuggono impauriti mentre una casa in lontananza brucia sotto i loro sguardi. Moltissimi sono i particolari presenti nell’incisione. Appare il topos della strega a cavalcioni su Martinello, questa volta tramutato in un lupo, mentre un gatto nero, accovacciato, ghigna vicino lo scheletro di un altro animale. Nella mischi furibonda si sente quasi il fragoroso vociare delle donne che guardano, imprecano, aspettano e armeggiano le loro scope. Non manca il diavolo, ben nascosto nel gruppo, nell’atto di insegnare, indicando cenciosi fogli, i rudimenti della magia ad una donna. Egli è ben camuffato ma, all’osservatore attento, non potrai sfuggire i suoi zoccoli caprini che ben spiccano tra i piedi delle giovani e voluttuose donne. Più tarda ma con le stesse emozioni è Les Sorcieres di Pastelot (Fig.7).

Egli ancora una volta raffigura il  Sabba, il momento in cui le streghe si riuniscono, all’ombra di un albero o, come in questo caso, nei pressi di un grotta. L’acquaforte raffigura tre giovani donne dai turgidi seni scoperti, con la loro scopa stregone intente a leggere un polveroso libro tra le mani della strega più anziana, mentre, poco dietro, un’altra donna dal volto mascherato, porge una torcia per far luce mentre nell’altra mano stringe un rametto di chissà quale erba magica.

Teschi e un serpente con le fauci aperte tentano di distogliere lo sguardo  dalla lussuriosa seduzione che traspare dall’unico volto e dai seni scoperti e dalla veste lussuriosamente e voluttuosamente alzata per scoprir le nudità, mentre uno strano essere suona, un misterioso strumento musicale al chiarore della luna, ululando e cantando ad ella.

Forse una delle più famose raffigurazioni è l’incisione, su un dipinto oramai perduto di Teniers, di Aliamet. La scena è ambientata in un lugubre interno: in primo piano ecco una strega seduta attorno ad un tavolo intenta a preparare il mistico unguento per il volo assistita da un essere infernale con le ali di pipistrello. Il suo sguardo, perso nel vuoto, è diretto a destra, in basso, ove sono posti oggetti che probabilmente servono per un rito magico.  Ecco così raffigurato un cerchio con strani ed esoterici caratteri nel cui centro è posto un teschio umano, vicino, una clessidra, delle carte e dei dadi.

Sullo sfondo ecco una bella giovane che prende il volo mentre stringe una scopa tra le sue gambe. Ecco così, tra incubi e succubi, una magara unge la sua pupilla, nuda e a cavallo della scopa, con il magico ungento del volo, posto in un’ampolla pronunciando temibili parole Unguento unguento, mandame ala noce de Benevento, supra acqua et supra vento, et supra omne maltempo” (Fig.8).

Preparation for the witches’ sabbath. Engraving by J. Aliame Credit: Wellcome Library, London
Demons and witches arrive at the sabbath. Engraving by J. Al Credit: Wellcome Library, London.

Particolarità dell’incisione di Aliamet è che ha un seguito, una seconda tavola che mostra la strega che prende il volo dal camino e che arriva al raduno. In un paesaggio notturno illuminato dalla luna sono visibili streghe ed esseri mostruosi riuniti per il sabba. Una strana creatura tiene in mano una scopa con una candela fiammeggiante, mentre un pesce volante vi alita sopra. In primo piano ecco una magara con in mano uno strano sacco ricolmo di erbe ed una torcia. Al suono delle terribili note di un arcaico mandolino ecco un’altra donna intenta a scavare un fosso nei pressi di un enorme palo di legno ai cui piedi è posta una lucerna. Illuminato da questa strana e mistica luce una creatura fatata, forse uno spirito elementare, luminoso e dalla fluente chioma

Nell’era di Newton, Copernico, Keplero, però, anche la strega inizia a dipingersi di una nuova immagine, inizia ad essere vista non più come amante del demonio ma con donna afflitta da malesseri psicologici che si mostrano apertamente nel fisico. In una sorta di staffetta, la strega languida e bella lascia nuovamente il posto alla terribile megera. Ritorna la vecchia assorta in letture e pensieri come nelle opere di Salvator Rosa (Fig.10).

La psiche irrompe fortemente nell’irrazionalità della vita che si trasforma nel male oscuro, la malattia mentale che nasconde nell’inconscio dell’uomo comune il demoniaco. E’ sempre il Rosa a mostrarci questo nel terribile “Strega che prepara una pozione per l’immortalità” datato 1649.

E’ il ritorno della Lamia “antica” e l’abbandono dell’eros espressa dalle nudità che si fa espressione della malattia. Il gusto barocco si sposa sempre più con i temi crepuscolari ed orrorifici come nel “Notturno con Streghe” di Goya (Fig.12).

Siamo alla fine del Settecento.  La strega è ritornata ad essere espressione di vecchiaia e bruttezza, pronta a strani e tremendi pasti come testimoniato dalla cesta stile pic nic in cui sono presenti i neonati. Appare in questo periodo anche il tema del banchetto. Ad un cenno del diavolo ecco comparire ogni genere di vivande, pane, burro, piselli, formaggi, che dovevano essere mangiati rigorosamente senza esser tagliati e senza sale, elemento che era odiato dal Demonio.

Ecco così che tutti i piatti erano insipidi e disgustosi, tanto che le streghe si portavano spesso le cibarie da loro stesse. In molti dipinti e raffigurazioni, così, si vede streghe che maneggiano salsicce  o zamponi di maiale, ma si cibavano anche di rospi e carne di carogne, fino al più orribile cannibalismo. E’ il banchetto della nausea, simbolo di una disgregazione dell’essere, è il momento in cui il corpo rifiuta ciò che da lui non può esser assimilato (Fig.13).

Goya riesce, nei suoi dipinti, a legare ragione e vecchia concezione. Non dimentichiamo che questo è il periodo in cui gli umanisti come il Maffei o il Tartarotti si iniziano a interrogare su cosa abbia davvero prodotto il fenomeno “strega”. L’immagine di questa deve iniziare ad abbandonare i canoni immaginifici medievali per divenire espressione della donna insoddisfatta, sfruttata, triste, espressione e forma di un malessere psico-sociale.

L’ottocento e il ritorno del Bello

Terminiamo il nostro excursus tra le raffigurazioni della strega con il Romanticismo. Questo moto spirituale europeo di notevole complessità che tra la fine del sec. XVIII e i primi decenni del sec. XIX, ripropose, non senza contraddizioni e ambivalenze, l’idea di libertà come fondamentale esigenza dell’individuo e l’aspirazione soggettiva alla religiosità, nonché il carattere istintivo e fantastico della creazione artistica e letteraria riscopre nuovamente il bello nascosto nella strega. E’ il momento in cui il gotico esplode con prepotenza, pensiamo, ad esempio, al Castello di Otranto di Horace Walpole. In questo secolo nascono Dracula, Frankenstein, le storie di Edgar Allan Poe. La condizione del mostro come essere pensante è magnificamente espressa da Heinrich Fussli nel suo Titania Sveglia (Fig.14). Qui un uomo con la testa d’asino è stretto affettuosamente da una ninfa.

Il bello nasce e si sviluppa nella percezione dell’uomo di poter dominare le forze naturali, seppur non più con la magia. Lo “Straordinario” diviene non più fonte di timore ma spunto di riflessione e sviluppo. La strega muta in fata e la sua magia in attività onirica o scienza. La Dama di Shalott di William Holman Hunt ne è un esempio (Fig.15).

Anche il banchetto orgiastico  cambia come nella litografia di Boulanger pubblicata nel 1828 o nella Ronde du Sabbat di Victor Hugo. Un gran caprone raffigurato seduto su un menhir mentre guarda la ridda stregone è invece il tema presente nelle illustrazioni di Emile Bayard per l’Histoire de la Magie del 1870. Pur conservando il senso del meraviglioso l’arte diveniva mezzo per tramutare le conoscenze, per trasformare le feste di campagna, reminiscenza degli antichi culti pagani, in qualcosa di più orrido ed erotico ma che però è divenuto testimonianza del sopravvivere, nel profondo dell’Io di atavici culti mai dimenticati.

Siamo arrivati così all’Oggi. Nell’eterna staffetta tra Megera e Venere, l’evoluzione iconografica ha messo in mostra anche l’evoluzione dell’immagine della donna, oggetto di desiderio, fonte di timore, espressione di libertà e di rivoluzione. Non è facile sintetizzare mille anni di storia e di immagini della storia dell’arte europea cercando di destreggiarsi tra il carattere duale dell’immagine della strega-maga che ha oscillato nei secoli tra orrido e sublime, fascinoso e deforme.

Sullo slogan “Tremate, Tremate, le Streghe Son Tornate” si è snodato l’intero impianto della nuova immagine della donna novecentesca (Fig.16).

In un passato oscuro in cui “le streghe” sono state catturate, processate, torturate e uccise, oggi esse diventano protagoniste della lotta femminile degli anni settanta usano questa autoidentificazione per dare forza alle proprie rivendicazioni. In un presente in cui la caccia alle streghe continua e le donne vengono “eliminate” oggi come allora lo studio dell’immagine della strega deve far riflettere.

Andrea Romanazzi

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