L’Italia è finita. E forse è meglio così di Pino Aprile

È un’analisi audace e provocatoria sul destino dell’Italia e dell’Europa. Pino Aprile prevede il crollo di entrambi, segnato dal fallimento economico e da forze disgregatrici interne ed esterne.
Tra una manciata di anni l’Italia, e forse l’Europa, potrebbero non esistere più. Almeno come le conosciamo ora. Si spezzerebbero per il fallimento della loro economia. Lo dicono autorevoli studi e indagini ben noti agli addetti ai lavori. Né l’una, l’Italia, né l’altra, l’Europa, reggerebbero alla spinta disgregatrice: “divide et impera” è una massima che i mercati finanziari conoscono bene. D’altronde, già oggi l’Italia non è più la stessa, così come non lo sono gli italiani: grandi aziende, grattacieli, interi quartieri, fertili terreni, squadre di calcio appartengono ad arabi, cinesi, capitali stranieri. A noi guardano con preoccupazione ― o con speranza ― le altre nazioni, perché sin dai tempi della conquista romana o della diffusione del cattolicesimo siamo il laboratorio per innovazioni che si sono propagate in tutto il continente, e oltre. A volte anche nefaste. Steve Bannon, ex consulente alla Casa Bianca di Donald Trump e osannato campione dei razzisti e dei neonazisti made in Usa, lo ha detto chiaro e tondo: «Roma è al centro della politica mondiale. L’Italia fa paura». Lui è di quelli che lo sperano. Unita, in realtà, l’Italia non lo è mai stata. Piuttosto, è il risultato di un’operazione scellerata di saccheggio e conquista, che ha distrutto un Sud proiettato nel futuro industriale e attuato un vero e proprio genocidio per “convincere” i riluttanti meridionali. È questa la crepa, mai sanata, che si allargherà fino a inghiottire tutto l’edificio dell’Italia unita? Mentre collanti storici come la Chiesa perdono terreno, ovunque rinascono comunità non statuali che trovano altrove la propria identità. Ma forse, come insegna il Rinascimento, proprio nelle tensioni e nelle divisioni gli italiani danno il meglio. Lo smembramento sarà la nostra salvezza?