Lo tsunami a Napoli del 1343 raccontato da Petrarca
Una storia incredibile, e soprattutto affascinante, è quella che riguarda lo tsunami che ci fu a Napoli il 25 novembre del 1343, testimoniato da Petrarca. Noi tutti immaginiamo che questo terribile fenomeno naturale non ci tocchi, che è impossibile vivere un maremoto come quelli che hanno investito il Giappone e le isole di Haiti. Nulla di più falso! Lo tsunami che investì Napoli nel 1343 fu il primo in Europa e, come per la strage dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.c che fu raccontata da Plinio il Giovane, questa tragedia ebbe un osservatore speciale: Francesco Petrarca.
Francesco Petrarca si trovava a Napoli per conto del Papa Clemente VI per trattare la liberazione di alcuni prigionieri. E’ la sua seconda visita in città, dopo quella di due anni prima in cui aveva voluto farsi esaminare dal re napoletano Roberto D’Angiò prima dell’incoronazione a poeta in Campidoglio. Alcuni giorni prima Petrarca annotò che il cielo di Napoli era diventato nero e che fulmini e temporali lasciavano presagire il peggio.
«Aperta la finestra che guarda verso occidente Vidi la luna avanti a mezzanotte nascondersi dietro il monte di S. Martino, con la faccia piena di tenebre e di nubi».
Petrarca scrive che un vescovo in un’isola del golfo di Napoli (si trattava, probabilmente, di Guglielmo di Ischia) era da giorni che predicava una terribile sciagura che si sarebbe abbattuta su Napoli. La mattina del 25 novembre avvenne l’inaspettato: una grande onda anomala divorò pescatori e intere imbarcazioni in un istante. Petrarca si nascose nei locali dei frati della chiesa di San Lorenzo e insieme a lui gli uomini di fede iniziarono a pregare.
«Era pieno tutto quello spatio di persone affogate o che stavano per affogarsi: chi con la testa, chi con le braccia rotte e altri che uscivano loro le viscere, nè il grido degli uomini e delle donne che abitavano nelle case vicino al mare era meno spaventoso del fremito del mare».
Quando Petrarca verso il tramonto si mise a letto per addormentarsi, il tempo peggiorò ancora. Nel suo quinto libro delle “Epistolae familiares” descrive in maniera diretta quello che sta accadendo: sente tremare le finestre e le mura della stanza; il lume da notte, che per abitudine tiene sempre acceso accanto a lui, si spegne da solo; percepisce il letto tremolante e le urla assordanti della popolazione.
«Mi svegliò un rumore e un terremoto, il quale non solo aperse le finestre e spense il lume, ch’io soglio tenere la notte, ma commosse da i fondamenti la camera dove io stavo».
D’improvviso ci fu silenzio e il tutto sembrò essere giunto alla fine; poi un boato fortissimo proveniente dal mare diede invece inizio all’inferno. Il priore munì i frati, e lo stesso Petrarca, di fiaccole, c’erano persone genuflette intente a pregare.
«e mentre tra le tenebre l’uno cercava l’altro nè si poteva vedere se non per beneficio di qualche lampo, cominciavamo a urtare l’un l’altro; e gettati tutti in terra non facevamo altro che con altissime voci invocar la misericordia di Dio».
La terribile notte era passata; Petrarca di buon mattino salì sul suo cavallo e insieme ad altri frati si diresse verso il porto. Lo scenario fu terribile: il mare aveva inghiottito ogni cosa, case, persone, animali. Non c’erano più alcune case e chiese, la stessa cosa anche sulla costa di Amalfi e Minori. L’onda anomala aveva causato migliaia di morti, ma incredibilmente ci fu una zattera che restò in condizioni perfette. Quella zattera piccola ed insignificante, su cui erano sopravvissuti per miracolo, ospitava 400 galeotti. Un’ironia della sorte che non sfuggì allo humor del poeta toscano che così scrisse: «Perché sia dato comprendere che nei pericoli della morte
più sicuri sono coloro che più a vile hanno la vita».
Fu così scosso da questa tragedia che al suo ritorno Petrarca giurò che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe messo piede a Napoli e in qualsiasi posto che si affacciava sul mare. La regina Giovanna, appena sedicenne, accorse scalza per vedere cosa era successo; fu qui che inventò la storia dell’Uovo del Castell’dell’Ovo.
Ad oggi è stato possibile scoprire che quel maremoto fu causato dal bradisismo del vulcano marino Marsili, poichè ha una natura esplosiva e una sua eruzione potrebbe causare uno tsunami che in circa mezz’ora colpirebbe le coste limitrofe.
Francesco Li Volti
Disegno di Emanuel D. Picciano