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Lombroso e il Sud. La falsa scienza e una beatificazione impossibile

Posted by on Giu 8, 2024

Lombroso e il Sud. La falsa scienza e una beatificazione impossibile

Il titolo del volume, Lombroso e il Sud, a cura di F. P. de Ceglia, E. De Cristofaro e S. Montaldo, pubblicato per i tipi della Donzelli Editore (Roma 2023) è molto accattivante per uno studioso di Lombroso “nato in Meridione”, come è il mio caso. La circostanza che i tre curatori del volume siano, due docenti di Università Meridionali, Francesco Paolo de Ceglia ed Ernesto De Cristofero, professori associati delle Università di Bari e Catania, e Silvano Montaldo, professore ordinario dell’Università di Torino e direttore del Museo Lombroso della stessa università, fa sorgere spontanea una domanda: si vuole fornire, finalmente benvenuta!, una garanzia per una lettura “scientifica”, cioè neutrale, del rapporto tra Lombroso e il Sud o si vuole costruire una nuova strategia accademica di alleanze territoriali trasversali? Basta leggere con attenzione la prima sezione del  volume per farsene un’idea, la seconda.

L’Introduzione, firmata dai tre curatori, elenca le fasi in cui “l’anelito patriottico” di Lombroso verso il Sud si trasforma in “amaro disincanto” (p. X) e l’alternarsi, nel tempo, di “paternalismo e condanna” (p. XI) pur nel riconoscimento a Lombroso e ai lombrosiani di avere tentato “di offrire una prima grande – e se si vuole ingenua – lettura scientifica di una società che stava cambiando” (p. XI). L’Introduzione prosegue con la presentazione, per accenni, dei 17 saggi divisi in tre sezioni e si conclude con la segnalazione della presenza di studiosi meridionali vicini a Lombroso e alle sue tesi sull’atavismo, non pochi dei quali sono stati “meridionali per nascita e antimeridionali per prospettiva culturale” (p. XVIII).

In particolare, i Meridionali vicini a Lombroso ma non antimeridionali, sembrano essere i prelombrosiani, mentre gli antimeridionali sono tutti postlombrosiani. Tra i prelombrosiani, viene posto un nome eccellente, Giambattista Della Porta (1535-1615) -, a detta di Angelo Zuccadelli primo teorico dell’atavismo – e studiosi, quasi dimenticati, del primo Ottocento (Luigi Chiaverini, Luigi Ferrarese. Biagio Miraglia, Gaspare Virgilio e Salvatore Tommasi). Tra i postlombrosiani spiccano il già citato Zuccarelli e Nicola Pende. Quest’ultimo, più che un lombrosiano o un atavista o un antimeridionale, è un uomo di cui il regime fascista si serve per rompere il monopolio dell’Università di Napoli nel Napoletano (la sua notorietà deriva ancora oggi dal fatto che ha impostato l’Università di Bari fondandola nel 1925 e gestendola come primo Rettore).

A mio parere, il saggio di Maria Teresa Milicia dedicato a Zuccarelli, data la sua evidente posizione antimeridionale, sarebbe dovuto finire nella seconda sezione, dove si parla del prelombrosiano Giustiniano Nicolucci (che scrive nel 1857 un volume, Delle razze umane) e dei lombrosiani Giuseppe Alongi, che spaccia per vestigia di cannibalismo espressioni dialettali siciliane, Alfredo Niceforo che, ne La Delinquenza in Sardegna, scrive dell’origine africana della popolazione sarda, e altri.

Il saggio su Zuccarelli resta nella prima sezione perché è fondamentale per collegare Lombroso a Della Porta ed è, quindi, indispensabile per rendere credibile la prima sezione del volume. Senza questo saggio, l’intero apparato della sezione perderebbe significato e credibilità. Anche perché l’ultimo saggio della sezione, quello di Paolo Marchetti, che tratta di una banale perizia realizzata a Pesaro, da una commissione costituita con Lombroso e altri, è decisamente estraneo al tema Lombroso e il Sud. Un notabile di Teramo si è recato a Pesaro ed è stato diagnosticato in modo impietoso: trattasi di “incosciente, dall’aspetto stupido, incapace di articolare la parola, cioè completamente e assolutamente demente, e incoordinato, paralitico” (p. 78).  Quattro mesi prima della perizia, questa persona aveva redatto un testamento che destinava tutti i propri beni a un fratello e nessun lascito agli altri. Dopo la sua morte, il testamento viene impugnato. Il tribunale richiede la perizia per sapere se 4 mesi prima della perizia pesarese, il testatore fosse in grado di intendere e di volere. La commissione conclude per il no e il tribunale ignora la perizia sentenziando per il sì.

Malgrado Lombroso sia tra gli estensori della perizia, il saggio non c’entra niente con il tema della sezione, e nemmeno con il Sud. Probabilmente, il saggio è stato richiesto a Marchetti solo perché questi è professore ordinario all’Università di Teramo e i documenti da analizzare sono depositati all’Archivio di Stato di quella città. Normale amministrazione nella costruzione di tasselli per costruire alleanze accademiche.

Se i curatori avessero voluto analizzare il tema di Lombroso e il Sud, come questo rapporto potrebbe emergere dalle perizie dell’antropologo veronese, avrebbero dovuto, e facilmente potuto, inserire in questa sezione del volume un saggio sulla perizia che Lombroso ha fatto della personalità di Salvatore Misdea, un soldato calabrese che, reagendo male al nonnismo delle caserme, uccise sette commilitoni. Il caso Misdea fu così poco banale che si formò una teoria tendente a costruire una nuova categoria psicanalitica detta misdeismo. Di questa si occupò persino Sigmund Freud.

Lombroso, come perito, fece una figura barbina perché il pubblico si aspettava che, in quanto perito della difesa, chiedesse di alleviare la pena di un colpevole senza ombra di dubbio. Invece, in base alle proprie teorie, egli chiese la pena di morte. Fu più volte sommerso da risate.

E qui, per il momento, mi fermo avendo sufficientemente mostrato che la prima sezione del volume racconta una propria storia, ma non l’unica e nemmeno la migliore possibile. Con gli stessi dati e saggi, un’altra storia, del tutto diversa, è possibile. Questa storia alternativa ho già da tempo ricostruita, con ampia documentazione, in un mio volume del 2018: Stato Carnefice o Uomo Delinquente? La falsa scienza di Cesare Lombroso. Questa storia, alternativa e più coerente, vorrei raccontarla, se mi sarà concesso, e mi auguro a breve, dalle pagine di questo Quotidiano.

Pubblicato su Il Quotidiano del Sud il 27 maggio 2024

Giuseppe Gangemi
Docente senior dell’Università di Padova

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