L’ORIGINE DEL MALE
L’ITALIA CHE FINANZIA IL MUSEO DEGLI ORRORI A TORINO. UNA BRUTALITÀ PER IL SUD
“L’origine del razzismo contro il meridionale, la teoria lombrosiana e il Museo dedicato.
684 crani di meridionali, 27 resti scheletrici umani, 183 cervelli, migliaia di fotografie di criminali, folli e prostitute, folcloristici abiti da “briganti” esposti in bella mostra nelle nove sale del museo, sono solo una parte del triste inventario del “Museo della vergogna”, una galleria degli orrori progettata da un medico veronese, Cesare Lombroso, al quale Torino e lo Stato Italiano hanno tributato, nel 2011, in occasione dei 150 anni dall’unità d’Italia,anche l’onore di un museo.
Vi chiederete: ma un museo è un luogo della storia perché allora opporsi a quello lombrosiano?
Perché con la legittimazione dello Stato, a quest’aberrante teoria, c’è racchiusa la motivazione dell’imperitura Questione Meridionale.
Analizzando uno dei suoi tanti “ trofei “di guerra (il teschio del brigante calabrese Villella)il veronese Lombroso trasse una sua folle teoria : chi possedeva la fossetta occipitale interna , così come aveva riscontrato nel povero Brigante, era un essere inferiore alla stregua di un animale e con forte predisposizione a delinquere. Caratteristica riscontrata frequentemente, per lo scienziato, nelle “genti del Sud”
Le sue teorie razziste divennero molto pericolose quando vennero utilizzate e poste al servizio di uno Stato Italiano che del Sud non conosceva nulla e servirono a sostenere e a giustificare “scientificamente” ed ignobilmente la violenza della criminale Legge Pica, atta e reprimere il fenomeno del brigantaggio;la consuetudine degli Stati Uniti che, agli inizi del Novecento, usarono distinguere i milioni di emigrati (quasi tutti dal Sud) in “razze” ,tant’è vero che a Ellis Island, l’isola dove sbarcavano gli emigrati, si divisero gli italiani del nord in “bianchi” mentre gli italiani del sud in ”Bianchi scuri”di razza inferiore; l’olocausto e le leggi razziali durante il Terzo Reich per teorizzare l’inferiorità della razza.
Non faccia meraviglia, quindi, la “levata di scudi” di tutti i meridionali nel chiederne la chiusura non per obliare la Storia ma perché dedicare un museo a Lombroso è come dedicare un campo di concentramento alla memoria di Josef Mengele.
Ed oggi che le speranze di veder restituito il cranio del calabrese Villella ,(dopo che la sentenza di secondo grado nel maggio del 2017, ne ha negato la restituzione al suo paese natio , Motta santa Lucia che assieme al comitato NO LOMBROSO si è contrapposto, nel procedimento giudiziario, all’Università di Torino, responsabile della gestione del Museo Lombroso), attendiamo la giustizia dalla Corte di Cassazione e se questa dovesse negarla attenderemo quella di un Tribunale o Istituzione europea o mondiale.
Giuseppe Villella, che ricordiamo essere stato un semplice bracciante con un passato di ladro di ricotte e che, invece, la criminosa legge Pica del 1863, volle trasformare in un pericoloso brigante nemico del nuovo Stato costituito, dell’usurpatore sabaudo, fu rinchiuso, dopo un sommario processo, nel carcere di Vigevano, morì poco dopo di tifo, tosse e diarrea scorbutica.
Il cranio di questo povero “pecoraro”, tenuto macabramente come fermacarte sulla scrivania del Lombroso ed ora esposto in una delle nove sale del Museo degli orrori, simbolicamente fu l’oggetto principe delle assurde, ridicole ed errate teorie lombrosiane ,e che, assieme alle altre teorie di pseudo scienziati e studiosi, (i cosiddetti “antropologi positivisti”, tra i quali i colonizzati e traditori della loro Terra: Niceforo Alfredo , Giuseppe Sergi, siciliani e Pasquale Rossi, cosentino), saranno alla radice di un pregiudizio fortemente antimeridionale. Pregiudizio che negli anni, dall’Unità d’Italia in poi, strumentalmente, ha alimentato anche l’azione di qualche movimento politico e di tante politiche governative contro la nostra Terra tradita, in più, anche da politici autoctoni svenduti e senza amore.
E così come alcune leggi del Medioevo sancivano che se due persone fossero state sospettate di un reato, delle due si sarebbe dovuta considerare colpevole la più deforme, Lombroso volle convincere che la costituzione fisica sia la più potente causa di criminalità.
Per l’Università “quel” teschio è un bene culturale, «la prova che la scienza procede anche per errori». Ed ha, anzi, rilanciato: “Attualmente il museo Lombroso ha 50 mila visitatori l’anno, un buon numero. Abbiamo, addirittura un progetto di espansione” Beh, certo, ottimi presupposti soprattutto se, in pieno stile sabaudo, fai pagare il biglietto 10 euro e rilasci ricevuta invece
di 6.
E che ne è della violazione della normativa vigente in materia di trattamento e conservazione dei resti umani e di tutela del sentimento di pietà verso i defunti?
E che ne è della solidarietà degli altri Comuni meridionali, se la maggior parte non ha neanche aderito al Comitato NO LOMBROSO ?
Si possono continuare ad accettare teorie aberranti che sostengono una inferiorità razziale dei “meridionali dolicocefali, con cranio allungato, quindi pigri, ipocondriaci, in contrapposizione ai nordici brachicefali con cranio quadrato, con più materia encefalica, quindi iperattivi ed efficienti”?
“E’ noto quale ideologia sia stata diffusa in forma capillare dai propagandisti della borghesia nelle classi settentrionali: il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce i più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale”
così denunciava Antonio Gramsci nel 1926 e, ad oggi non è cambiato nulla e la Questione Meridionale conserva il suo substrato razzista e la sentenza di secondo grado lo dimostra.
Cento città italiane mosse contro il Museo, uno spettacolo teatrale (che speriamo possa presto avere il finanziamento della regione Calabria), sono tra le iniziative di spicco che cercano di portare l’attenzione a supporto della chiusura del “Museo della vergogna” la cui esibizione macabra di teschi non si discosta dall’esposizione tribale dei trofei di guerra dei soldati dell’Isis.
Patrizia Stabile