L’oro del Mediterraneo, la mostra di reperti archeologici dall’Italia in Cina
Partono i bastimenti per terre assai lontane…vanno nella lontana Cina. In realtà oggi sono aerei cargo. E portano un carico di…? oro. “L’oro del Mediterraneo” è il titolo della mostra dei reperti archeologici che sono partiti dall’Italia verso quel lontano paese. Un mezzo per far vedere in oriente le meraviglie della nostra arte. Per stimolare e dirottare il turismo verso le nostre parti. Sperando che i cinesi non ci copino ancora e non ci inondino poi di greche statue di plastica a basso prezzo.
La spedizione toccherà sei città cinesi, in ognuna delle quali resterà tre mesi. La mostra è curata da Giuseppina Carlotta Cianferoni, del Museo Archeologico Nazionale di Firenze e da Simona Rafanelli, del Museo Civico Archeologico di Vetulonia (Grosseto). Le due studiose hanno coinvolto, oltre i musei toscani, anche alcuni musei di altre regioni d’Italia, tra cui quelli del Polo Museale della Campania, che, essendo ricchissimi di reperti archeologici, arricchiranno la mostra di un numero di pezzi almeno pari a quelli toscani.
L’organizzatore tecnico della mostra è il veneto trentaseienne Matteo Crosera. Mentre colui che le ha dato il via, tessendo i rapporti con la Cina, che ha conosciuto soggiornandovi a lungo durante i suoi 190 viaggi in quella terra, è il trevigiano Adriano Màdaro, che, nato come giornalista, poi è diventato un grande esperto di quella civiltà. Ora, in occasione di questa mostra, vi ha fatto l’ennesimo viaggio, da cui ritornerà il 23 o il 24 di questo mese.
Sono partite, sabato scorso, da Napoli anche Luisa Ambrosio, direttrice del Museo Duca di Martina, e Fernanda Capobianco, direttrice dell’Ufficio Mostre ed Eventi del Polo Museale della Campania. Sono loro le mie informatrici su questo viaggio che ha stuzzicato la mia curiosità. Le due signore sono amiche da trentacinque anni. E non sono competitive tra loro, godendo di una vera reciproca amicizia. Tutt’e due sono state gentilissime nei miei riguardi. Luisa Ambrosio mi ha spiegato che vanno in Cina per “seguire le carte, aprire le casse, verificare il contenuto e schedarlo”.
Questo è il loro compito. Poi il tutto verrà affidato a un’organizzazione cinese e, dopo una settimana, le due napoletane potranno ritornare a casa. Il fatto è che, come mi ha detto Fernanda Capobianco, a cui Luisa Ambrosio mi ha indirizzato, i reperti da controllare sono molto più di cento, anzi circa 160. E mi vengono citate una testa di Apollo e altre sculture che vengono dal Museo Archeologico Provinciale di Salerno, le statue di Venere e di Dioniso dal Museo Archeologico di Teano Sidicium, venti opere da Museo Nazionale di Eboli e della Media Valle del Sele, altre dal Museo Archeologico dell’Antica Capua, tra cui una bella statua di Nike (la Vittoria), 10 oinocoe etrusche dal Museo Nazionale di Pontecagnano (la cittadina è stata l’estremo avamposto etrusco nell’Italia Meridionale) e molte altre opere dal Museo Archeologico Nazionale della Valle del Sarno.
Dalla Campania sono stati mandati anche brani di un bellissimo ninfeo appartenente al Museo Archeologico Territoriale Georges Vallet, di Piano di Sorrento. Il MANN (il Museo Archeologico Nazionale Napoletano) parteciperà autonomamente alla spedizione ed è partito già da alcuni giorni, quale accompagnatore, il restauratore Ciro Palladino. Questa spedizione è stata l’occasione per far conoscere anche i piccoli musei della Campania, alcuni di molto recente formazione, che sono sconosciuti anche agli stessi specialisti.
Marco Crosera mi ha detto di esserne rimasto stupito e ammirato. La dottoressa Rafanelli, con la quale, su suggerimento di Fernanda Capobianco, mi sono messo in contatto, mi ha informato che da parte della Toscana questa è la seconda spedizione di materiale archeologico verso la Cina e che si propongono di organizzare, sempre in Cina, prossimamente una mostra di arte moderna. Una notizia molto interessante è che tutte le spese della mostra in corso sono a carico dei cinesi. Forse proprio grazie all’intermediazione di Adriano Màdaro?
Il contenuto culturale di questa spedizione è illustrato da uno scritto firmato dalle curatrici. Il fine è affermare l’esistenza di una Koinè culturale dei popoli che ab antiquo hanno navigato il Mediterraneo. Cioè i fenici, gli egizi, i minoici, i greci, i romani e i bizantini. Tuttavia tutti i reperti mandati ora in Cina provengono dall’Italia. Nel saggio vengono citati i nòstoi, che sono i racconti degli antichi viaggi, cioè il racconto delle esperienze, ovvero delle conoscenze, che questi viaggi hanno prodotto. E non si può negare che il più antico nostos conosciuto è l’Odissea di Omero, il vecchio poeta cieco di Cuma.
E furono i greci che colonizzarono le coste dell’Asia Minore e poi, con Alessandro Magno, giunsero fino a conquistare l’Egitto e a imporvi la greca dinastia dei Tolomei (di cui Cleopatra faceva parte). Ma furono i Romani che resero omogenea le varie civiltà mediterranee imponendo la loro. Ma, non considerando la voglia dei romani di fare le guerre e la loro capacità nel vincerle, da dove nasce la loro grande civiltà? Dalla Magna Grecia, che insegnò loro la musica, il teatro, l’arte, anche quella del vivere e del convivere. Solo in un secondo tempo, all’incirca dopo il 146 a. C., quando conquistarono definitivamente la Grecia balcanica, i romani si convertirono alla grecità classica, a cui donarono la loro gravitas, riconoscibile anche nella statuaria, in quella certa pesantezza della composizione diritta e un po’ rigida delle figure.
Ma la componente magnogreca rimase, per donare alle figurazioni una più viva e complessa armonia. Per quanto riguarda i fenici, conquistarono le coste africane, dove fondarono Cartagine, e si insediarono nella Sicilia, dove fondarono Palermo, che però ha un nome greco (=tutto porto). Poi oltrepassarono le colonne d’Ercole, impedendo ai rivali greci di raggiungere l’Inghilterra per prendere lo zinco e lo stagno. E, con la battaglia di Alalia (540 a. C. ), combattuta insieme agli alleati etruschi, li vinsero.
Ma, curiosamente, è proprio all’incirca da quella data che gli Etruschi si convertirono alla civiltà greca. Adottandone l’arte e i miti. Così, negli affreschi tombali etruschi, come nell’ “Agguato di Achille a Troilo” nella Tomba dei Tori di Tarquinia. E dispiace che non si riconosca la grandezza della civiltà magnogreca nelle note di queste studiose che in fondo esaltano, magari sotto il nome errato di arte romana, quello che è lo spirito della Grande Grecia.
Rino Gand
Ecco l’elenco delle città che ospiteranno “L’Oro del Mediterraneo”
– Emperor Quinshihuang Museum (da cui arrivò qualche anno fa a Roma il famoso “esercito di terracotta”)
– Lia oning Provincial Museum Shinyang
– Hebei Provincial Museum Shijazhuang
– Hubei Provincial MuseumWuhan
– Zheiang Provincial Museum Hangzhon
– GuangoongProvincial MuseumGuangz
Vi sosteranno, in ciascuna, tre mesi. L’Oro ritornerà in patria tra un anno e mezzo nel 2018.
(Foto da Artearti.net)