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Louis-Joseph Méjan, l’anarchia e la fine delle Rivoluzioni Napoletana e Francese di Giuseppe Gangemi

Posted by on Mar 24, 2025

Louis-Joseph Méjan, l’anarchia e la fine delle Rivoluzioni Napoletana e Francese di Giuseppe Gangemi

Giorno 13 giugno 1799, con l’ingresso dei Sanfedisti in Napoli, finisce la Repubblica Napoletana. I Francesi già dal 25 maggio si sono ritirati nel Castello di Sant’Elmo, che domina la città. Sono in tutto 1.400 al comando del colonnello Louis-Joseph Méjan o Méjean. La sera del 13 giugno, entrano in città pochi Sanfedisti. “Deve attribuirsi a miracolo l’ingresso di Ruffo perché il giovedì la sera, appena cinquant’uomini penetrarono in Napoli, ed alle grida di ‘Viva il Re’ di pochi ragazzi, si sparse il terrore in tutti i riscaldati e risoluti Giacobini detti Patriotti, immediatamente si chiusero nei forti e in Palazzo” (Carlo De Nicola, Diario Napoletano, 209-210).

I Giacobini si rintanano in 5 castelli: Castellammare, Revigliano, Dell’Ovo, Nuovo e Sant’Elmo. I primi due capitolano alla prima intimazione e il capitolato è firmato giorno 14 giugno. I castelli Dell’Ovo e Nuovo capitolano giorno 19 giugno. La capitolazione di Sant’Elmo è più complicata. Formalmente viene firmata giorno 22 giugno, ma dal castello e contro il castello si continua, a tratti, a sparare cannonate fino all’11 luglio. La sera del 12, i soldati Francesi escono dal castello e si imbarcano per tornare in patria o andare a Capua ancora controllata dai Francesi. Giorno 13 luglio, gli ostaggi sanfedisti a garanzia del rispetto della vita dei Giacobini capitolati vengono rilasciati. Senza più la garanzia degli ostaggi, le garanzie fornite ai Giacobini sono rimesse alla discrezione dei vincitori. Di fatto, gli ostaggi sono serviti a garantire i soldati francesi, non i Giacobini napoletani. Molti di questi ultimi saranno condannati a morte. Del che viene ritenuto responsabile il comandante Méjan. Lo si accusa di avere abbandonato (“tradito”) Giacobini della cui vita si era fatto garante con la firma del capitolato.

La denuncia del comportamento di Méjan viene fatta da un suo sottoposto, il luogotenente Bocquet. Come tutti i Francesi, lascia Napoli a metà luglio, prima che comincino i processi ai Giacobini, le condanne a morte, gli ergastoli, l’esilio e le pene detentive di anni. Bocquet riceve aggiornamenti su quanto successo a Napoli dopo la sua partenza da Cesare Paribelli e Marc-Antoine Jullien. Quest’ultimo è stato Segretario generale del governo napoletano, nelle ultime settimane costretto alle dimissioni dai Giacobini più estremisti della Sala Patriottica. Paribelli e Jullien si incontrano a Parigi ai primi di agosto 1799 e successivamente con Bocquet. Questi, a metà agosto, denuncia il tradimento di Méjan a danno dei Giacobini napoletani. Méjan risponde con un’apologia a propria difesa. Francesco Lomonaco reagisce con uno scritto, Rapporto al cittadino Carnot, ben presto letto in tutta Europa.

Queste le accuse a Méjan: non avere aiutato i Giacobini a difendersi dai Sanfedisti dal 25 maggio al 13 giugno; avere preteso 14.000 ducati per fornire soldati per dar man forte ai Giacobini che uscivano da Sant’Elmo per attaccare i Sanfedisti; avere avuto incontri segreti con Horatio Nelson; essersi fatto corrompere da questi. Il barone Von Helbert (Fabrizio Ruffo. Rivoluzione e controrivoluzione di Napoli dal novembre 1798 all’agosto 1799) riferisce di 1.500.000 di franchi francesi richiesti da Méjan (319) e della regina Carolina che parla di 150.000 ducati napoletani promessigli (331). Data la debolezza del franco francese, al 1799, forse le due cifre indicano lo stesso valore.

“Il Méjean, come tutti i generali francesi di quei tempi, voleva dalla funesta congiuntura trarre almeno qualche vantaggio personale, cioè mettere a prezzo la resa del forte ch’egli difendeva, ma che a lungo non poteva più resistere. Senza questo caso singolare, i francesi non ostante la prevalenza dei nemici, avrebbero potuto giovarsi di parecchie occasioni per difendere con buon successo la fortezza” (319).

Trarre vantaggio dalle congiunture è, al tempo, prassi abituale. L’accusa a Méjan dei vari Paribelli, Jullien, Bocquet e Lomonaco è che la congiuntura per la quale Méjan chiede di essere pagato non è l’abbandono del castello senza combattere, bensì la liberazione degli ostaggi, consegnati come pegno dai Realisti, e il conseguente abbandono dei Giacobini ai nemici. Convinto da questo argomento, il generale Jean Ètienne Championnet mette sotto processo Méjan. Questi, nell’aprile del 1801, viene congedato con stipendio e richiamato con decreto dei Consoli otto mesi dopo. Nessun altro danno ne conseguirà per la sua carriera.  

Vari testimoni del tempo raccontano episodi che fanno dubitare della disciplina delle truppe francesi rimaste a Napoli sotto il comando di Méjan. Il primo episodio è quanto succede quando una commissione di Sanfedisti si presenta a Castel dell’Ovo per negoziare un capitolato. Un ufficiale francese ribatte, seccamente, che nessuno vuole capitolare perché tutti vogliono vivere liberi o morire combattendo. La commissione rimane talmente impressionata dal tono della risposta che non tenta nemmeno di esplorare la disponibilità di un capitolato per Castel Nuovo e Sant’Elmo. Solo che l’ufficiale che ha parlato a nome di tutti non doveva avere l’autorità per farlo. Infatti, sia i Giacobini di Castel dell’Ovo, sia quelli di Castel Nuovo firmano il capitolato pochi giorni dopo quel secco rifiuto (giorno 19).

Il secondo episodio è quanto succede dopo la firma (giorno 22) del capitolato per Sant’Elmo. Evidentemente hanno firmato a malincuore perché, quando il giorno dopo si diffonde la notizia che una grande flotta sta arrivando a Napoli, a Sant’Elmo si convincono che sia la tanto attesa flotta galloispanica inviata in soccorso e si dichiarano pentiti di aver firmato. Invocano la ripresa della guerra. Il giorno ancora successivo, quando la flotta in arrivo si rivela essere inglese, si disperano e invocano di nuovo il capitolato. Nelle tre settimane successive, ogni tanto, qualcuno sparerà cannonate sulla città. Difficile pensare che venga da Méjan l’ordine di sparare, col rischio di mettere in crisi gli accordi raggiunti sulla cifra da incassare.

La disciplina nell’esercito e nella società francese diventerà il principale obiettivo di Napoleone quando, dopo il colpo di Stato del 18 brumaio, ovvero del 9 novembre 1799, viene proclamato primo console di Francia. In quel giorno finiscono la prima Repubblica e la grande Rivoluzione Francese e comincia un regime del tutto diverso che pretende più rispetto per le gerarchie.

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