Lutero, Contro le empie e scellerate bande dei contadini
Il rifiuto dei signori di trattare con le comunità contadine fece precipitare i contadini tedeschi verso la rivolta violenta e sanguinosa; la predicazione di uomini come Thomas Müntzer, dai toni apocalittici e truculenti, finì per aver la prevalenza sul senso pratico che aveva ispirato I dodici articoli.
Spaventato dall’eventualità che i principi tedeschi potessero vedere qualche nesso fra la rivolta contadina e la riforma della chiesa, Martin Lutero intervenne al principio del maggio 1525 con la pubblicazione del libello Contro le empie e scellerate bande di contadini, che conteneva un invito ai principi perché massacrassero i ribelli.
Lutero non agì solo per opportunismo. Secondo la sua visione politica, l’uomo deve sopportare il potere della spada poiché è radicalmente incapace di fare il bene. Di conseguenza, la rivolta contro il potere temporale, istituito da Dio per porre un freno alla malvagità dell’uomo, è sempre empia. Nel dicembre 1526 Lutero ribadì le sue tesi nello scritto Se anche le genti di guerra possano giungere alla beatitudine. La rivolta contro il tiranno non è mai ammissibile; è preferibile che il tiranno (che in quanto tale può solo rovinare il corpo e non l’anima) faccia torto cento volte al popolo piuttosto che il popolo lo faccia una volta al tiranno. Dio lascia sussistere i tiranni a causa dei nostri peccati e noi siamo in questo mondo sotto il dominio di Satana e per soffrire. La plebe senza freno manifesta la corruzione assoluta dell’uomo ed è peggiore di qualsiasi tiranno.
Di tre specie di orribili peccati contro Dio e contro gli uomini si sono gravati questi contadini, e per essi hanno ben meritato più e più volte la morte del corpo e dell’anima.
PRIMO: avendo giurato fedeltà e obbedienza alla loro autorità e promesso d’essere sudditi e soggetti, come comanda Dio allora che dice [Luc. XX, 251: “Date a Cesare quel ch’è di Cesare” e [Rom. XIII, I]: “Ciascuno sia soggetto all’autorità” ecc., poiché volontariamente e con empietà ruppero quell’obbedienza, ponendosi inoltre contro i loro signori, hanno con ciò confuso anima e corpo secondo sono soliti fare birboni, traditori, infidi, spergiuri, mentitori e ribelli. Per questo anche S. Paolo dà di loro il seguente giudizio [Rom. XIII, 21: “Chi resiste alla potestà ne riceverà giudizio sopra di sé”, e questo giudizio coglierà prima o poi anche i contadini, perché Dio vuole conservati fedeltà e obblighi.
SECONDO: apparecchiarono rivolta, rapinarono e saccheggiarono con empietà castelli e conventi che non appartenevano a loro, perciò meritarono, ma doppiamente, la morte del corpo e dell’anima come ladroni pubblici e assassini da strada. Chiunque possa essere accusato di sedizione è già sotto interdizione papale, cosicché chi per primo voglia ucciderlo agisce molto rettamente: contro chiunque sia sedizioso in modo manifesto ogni uomo è a un tempo giudice e carnefice, giusto come, divampando un incendio, migliore è colui che per primo lo spegne. La sedizione infatti non è solo malvagia criminosità, bensì un gran fuoco che incendia e devasta un paese; perciò essa porta con sé strage e sangue, molti rende vedove e orfani e tutto distrugge come la più tremenda delle piaghe. Per la qual cosa chiunque lo può deve colpire, scannare, massacrare in pubblico o in segreto, ponendo mente che nulla può esistere di più velenoso, nocivo e diabolico d’un sedizioso, giusto come si deve accoppare un cane arrabbiato, perché, se non lo ammazzi, esso ammazzerà te e con te tutto un paese.
TERZO: essi mascherano questi loro delitti tremendi e orribili con il Vangelo, chiamandosi Fratelli Cristiani, estorcono giuramenti e obbedienza e costringono la gente a partecipare con loro a tali empietà: perciò sono diventati i più grandi bestemmiatori di Dio e offensori del Suo Santo Nome, a questo modo onorando e servendo il demonio sotto la maschera del Vangelo. Già per questo meritarono più di dieci volte la morte del corpo e dell’anima, perché non udii giammai peccato più orrendo. Credo anche che il demonio senta prossimo il giorno del Giudizio, dacché ha scatenato delitti così inauditi, quasi dicesse: siamo alla fine, ben venga il peggio. E vuole toccare la feccia e addirittura oltrepassare il limite; e voglia Iddio impedirglielo! Vedi dunque qual potente principe è il demonio, poiché ha il mondo in mano, e come può confonderlo a suo talento, e come può d’un subito afferrare, accecare, traviare, indurire ed eccitare tante migliaia di contadini e compiere per mezzo loro quello che la sua rabbia feroce e maligna si prefigge.
Né giova ai contadini protestare [Gen. 1,21, che tutte le cose sono libere e create per tutti e che tutti fummo battezzati allo stesso modo; Mosè più non conta né vale nel Nuovo Testamento; qui regna il nostro maestro Cristo, che ci mette anima e corpo sotto l’imperatore e il diritto secolare, allorché dice: “Date a Cesare quel ch’é di Cesare“. In modo analogo parla Paolo [Rom. XIII, 1] a tutti i cristiani battezzati: “Ciascuno sia soggetto all’autorità“, e Pietro: “Siate soggetti a ogni potestà degli uomini“. Tale dottrina di Cristo noi siamo tenuti a seguire, come il Padre dal Cielo ordina e dice: “Questi è il mio diletto Figliuolo, ascoltatelo”. Il battesimo non rende liberi corpo e beni, ma solo l’anima; né rende comuni i beni, tranne quelli che alcuno di sua volontà voglia rendere tali, come fecero gli apostoli e i discepoli [Act. IV, 33 ss.], i quali non pretendevano che fossero comuni a tutti loro i beni di Pilato e di Erode, come stoltamente vanno blaterando i nostri contadini; al contrario, essi rendevano comuni i propri beni. I nostri contadini invece pretendono che siano resi comuni i beni altrui, ma essi vogliono tenere per sé i propri; dei bei cristiani davvero, in fede mia! Per me penso che non vi sia più nessun demonio giù nell’inferno, ma che tutti siano passati nei contadini. lì loro delirio è veramente eccessivo, passa ogni misura.
Poiché dunque gli uomini muovono a ira contro di sé Dio e gli uomini, e poiché per tante ragioni già meritarono la morte del corpo e dell’anima, né ammettono o rispettano una giustizia qualsiasi, ma imperversano sempre più furiosamente, devo a mia volta insegnare all’autorità secolare come condursi con giusta coscienza in questo frangente. Innanzi tutto non intendo impedire a quell’autorità, che lo possa e lo voglia, di punire e colpire questi contadini; […] anche un’autorità non cristiana avrebbe il diritto e il potere di punirli, anzi è tenuta a farlo. Proprio a questo scopo, infatti, essa impugna la spada ed è ministra di Dio sopra quanti commettono il male [Rom. XIII, 4]. […] Per la qualcosa non è ora il tempo di dormire odi usare pazienza o misericordia: questo è il tempo dell’ira e della spada, non quello della grazia.
Dunque l’autorità proceda di buon animo e colpisca con buona coscienza finché le resta un filo di vita; essa può vantare a suo credito l’avere i contadini dalla loro una coscienza cattiva e una causa ingiusta, e qualunque d’essi venga per ciò ucciso, è perduto anima e corpo e in eterno è preda del demonio. Ma l’autorità ha buona coscienza e giusta causa dalla sua. […]Dunque può bene accadere che chiunque dalla parte dell’autorità venga ucciso sia un vero e proprio martire al cospetto di Dio per avere combattuto con quella coscienza che dicemmo: egli procede infatti nella parola e nell’obbedienza di Dio. Ma quanti periranno tra i contadini, saranno tutti anime dannate: infatti impugnarono la spada contro la parola e l’obbedienza di Dio e sono creature del demonio. E se anche i contadini prevalessero e ce ne guardi Iddio -perché a Dio sono possibili tutte le cose, né sappiamo se prima del Giudizio Universale, che non dev’essere lontano, Egli non voglia distruggere per mezzo del demonio ogni ordine e ogni autorità e ridurre il mondo ad un mucchio di rovine- pur tuttavia morrebbero sicuri e perirebbero con buona coscienza quanti fossero colpiti nell’esercizio del loro ufficio della spada, e solo abbandonerebbero il regno della terra al demonio, per ricevere in cambio il regno dei Cieli. Così strani e stupefacenti sono i tempi, che un principe spargendo sangue può guadagnarsi il Cielo meglio che altri pregando. […] Cari signori, liberate, salvate, aiutate e abbiate misericordia della povera gente; ma ferisca, scanni, strangoli chi lo può; e se ciò facendo troverai la morte, te felice, morte più beata giammai potresti incontrare, perché muori in obbedienza alla parola e al volere di Dio [Rom. XIII, 5 ss.] e al servizio della carità, per salvare il prossimo tuo dall’inferno e dai lacci del demonio.
Vi scongiuro, chi lo può fugga dai contadini come dal demonio in persona. Ma quanti non ne fuggono, prego Iddio che li voglia illuminare e convertire. Quelli infine ch’è impossibile convertire,voglia Iddio che non abbiano felicità né fortuna. Qui ogni pio cristiano dica: Amen, perché la preghiera è buona e giusta e gradita a Dio, questo ben so. E se qualcuno troverà tutto questo troppo duro, pensi che la sedizione è cosa insopportabile e che ad ogni istante c’è da attendersene la distruzione del mondo.
(Martin Lutero, Contro le empie e scellerate bande dei contadini, in Scritti politici, a c. di G. Panzieri Saija, Utet, 1959, pp. 484-490)
fonte https://nowxhere.wordpress.com/2015/09/29/lutero-contro-le-empie-e-scellerate-bande-dei-contadini/