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MASSIMILIANO VERDE, UN FEDELE SOLDATO DEL REGNO

Posted by on Feb 26, 2018

MASSIMILIANO VERDE, UN FEDELE SOLDATO DEL REGNO

Riportiamo di seguito il documento ufficiale che Massimiliano Verde ha inviato all’Unesco, non serve nessun commento e ringraziamo Massimiliano per l’opera che fa a servizio di tutti noi e del nostro glorioso Regno.

 

 

Napoli, 21 Febbraio 2018

 

Mme Noro Andriamiseza Ingarao

UNESCO, PARIS

 

 

Ogg. Giornata Internazionale della Lingua Madre: il Patrimonio Linguistico Napoletano.

 

 

 

Gent.ma,

 

Sono lieto, in occasione della Giornata Internazionale della Lingua Madre, in qualità di presidente dell’Accademia Napoletana, per la Lingua e Cultura di Napoli, di sottoporre alla Sua gentile attenzione, quanto segue.

I miei ossequi.

 

Massimiliano Verde

Presidente Accademia Napoletana

 

 

La Lingua, in quanto espressione, libera, autentica, diretta da un essere umano è una forma culturale, antropologica e fisica che consente la possibilità di riconoscere se stessi, di identificarsi, di comprendere se stessi e di comprendere i propri simili e la propria comunità e consentendo di identificarsi con una realtà territoriale e culturale. Infatti, l’identità culturale è uno dei più importanti bisogni psicologici immateriali degli esseri umani e la lingua è generalmente l’indice più chiaro, più resistente e coeso di una comunità, di un’identità territoriale e culturale all’interno e all’esterno di un territorio. La lingua è, infatti, la capacità umana di esprimere con unità e diversità, pensieri, sapienza,tradizioni e gesti – veicolandoli e trasmettendoli di generazione in generazione: la lingua è una fonte di espressione – patrimonio culturale di un popolo o di una comunità In realtà, non può esserci una comunità, un’identità culturale, senza una lingua, un idioma che la esprima.

Il diritto di parola e alla lingua è un diritto insopprimibile, come ci ricorda la Convenzione per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali (Los Angeles 1948): il diritto alla libera espressione di un essere umano e la sua soddisfazione non è negoziabile ed è un obbligo per tutti: uomini, donne, famiglie, scuole e gli stessi Stati. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma solennemente che l’ideale di un essere umano libero può essere raggiunto solo se vengono create le condizioni che consentano a tutti di godere, tra gli altri, dei propri diritti culturali e la Carta dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (1945). ) al paragrafo c dell’articolo 55, stabilisce il rispetto e l’osservanza universali dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione, tra gli altri, di lingua, proteggendo così la diversità di ogni essere umano e, quindi, di qualsiasi identità linguistica, culturale, ecc. Pertanto, compromettere la libertà di usare una lingua significa attaccare l’identità culturale di una comunità, un’identità territoriale, un popolo, in altre parole, costituisce un danno irreparabile alla realizzazione dei propri diritti culturali, il che implica la stessa impossibilità di realizzare compiutamente e trasmettere uno specifico patrimonio culturale ma anche un reato per l’integrità della persona umana e per la dignità e il libero sviluppo della personalità di un individuo, così come richiamato dall’art.22 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.

La possibilità, quindi, di poter utilizzare una lingua, trasmetterla e garantirne l’insegnamento è uno degli elementi più importanti del diritto di trasmettere un’identità culturale e, pertanto, è intimamente connesso allo stesso diritto alle libertà universalmente riconosciuto.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato nella sua Risoluzione approvata il 16 maggio 2007 che la diversità linguistica è un elemento importante della diversità culturale e promuove il rispetto, la promozione e la protezione di tutte le lingue, in particolare, le lingue a rischio d’estinzione, la diversità linguistica ed il multilinguismo

Pertanto, in occasione della Giornata internazionale della lingua madre, l’UNESCO ribadisce il suo pieno impegno per la diversità linguistica e il multilinguismo per sviluppare una maggiore consapevolezza delle tradizioni linguistiche e culturali in tutto il mondo e per ispirare la solidarietà basata sulla comprensione, tolleranza e dialogo.

Come sempre l’UNESCO ci ricorda “le lingue sono gli strumenti più potenti per preservare e sviluppare il nostro patrimonio tangibile e intangibile

La diversità linguistica e il multilinguismo contano come obblighi giuridici ma anche per lo sviluppo sostenibile: l’istruzione e l’informazione nella lingua materna sono essenziali per migliorare l’apprendimento e la capacità di apprendere altre lingue, sviluppare la fiducia e l’autostima, che sono alcuni dei principali motori dello sviluppo.

Questi principi sono tanto più coerenti con le disposizioni della Convenzione sui diritti dell’infanzia (20 novembre 1989), ex articolo 29 in cui si afferma che “gli Stati parti concordano che l’educazione del bambino dovrà essere finalizzata a inculcare al bambino il rispetto della propria identità culturale, della propria lingua e dei propri valori” e ciò è tanto più importante nel caso delle comunità linguistiche minoritarie.

 

Infatti, le lingue locali, specialmente quelle appartenenti a minoranze culturali e indigene, trasmettono culture, valori, sapienza e conoscenze tradizionali: quando le lingue scompaiono, la diversità culturale, le opportunità, le tradizioni, la memoria, i modi di apprendimento, di pensare e di esprimersi si dissolvono e pertanto vengono meno gli strumenti e le potenzialità necessarie per garantire un futuro migliore e sostenibile, di cooperazione e comprensione tra gli esseri umani.

Nel mondo globalizzato di oggi, ogni anno scompaiono circa venticinque lingue a causa della carenza di parlanti e ciò si risolve in una compressione della diversità culturale umana e infine finisce per comportare un ostacolo determinante allo sviluppo umano sostenibile, al rispetto reciproco e alla pace. Pertanto, per promuovere questo sviluppo sostenibile, gli studenti devono avere accesso all’istruzione nella loro lingua materna e in altre lingue, poiché è attraverso la padronanza della prima lingua o lingua madre che vengono acquisite le abilità di lettura, scrittura e aritmetica di base. L’Unione europea rispetta la diversità culturale e linguistica e fa riferimento proprio al rispetto dei diritti umani, che sono protetti in ambito internazionale. Nel quadro di questi principi universali ai cui s’ispira l’Unesco proclamando la Giornata Internazionale della Lingua Madre, occorre evidenziare la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Parigi, 17 ottobre 2003) verso il cui patrimonio, così come costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, la loro interazione con la natura e la loro storia, il linguaggio si pone come veicolo e mezzo di trasmissione. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana

In effetti la diversità linguistica è un elemento fondamentale della diversità culturale e questa è una caratteristica essenziale dell’umanità: in tal senso la Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali (Parigi, 20 ottobre 2005) evidenzia il ruolo fondamentale dell’educazione nella protezione e promozione delle espressioni culturali, specialmente in situazioni in cui queste possano essere sottoposte al rischio di estinzione, a una grave minaccia, ed invita gli stati a favorire programmi di educazione e di sensibilizzazione capillare del pubblico.

Pertanto, proteggere questa diversità significa garantire i diritti umani e le libertà fondamentali come la libertà di espressione, d’informazione e comunicazione, nonché la possibilità per le persone di scegliere le loro espressioni culturali.
La Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società (Faro, 27 ottobre 2005) impegna gli Stati firmatari a promuovere iniziative che garantiscano la diversità di lingua e cultura per la conservazione, il rispetto e l’integrità di questo patrimonio e il suo uso sostenibile per lo sviluppo umano e la qualità della vita. Si tratta della protezione attiva degli aspetti specifici delle risorse ereditate dal passato (eredità culturale) che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori,credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione, e che desiderano nel quadro di un’azione pubblica, sostenere e trasmettere alle generazioni future.

La Convenzione sancisce il valore dell’eredità culturale, come diritto individuale e sociale di beneficiare di tali risorse (diritto di partecipare liberamente alla vita culturale, ex Dichiarazione universale delle Nazioni Unite sui diritti umani e Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966).

Per tutto quanto sopra, in riconoscimento dei principi sanciti e riconosciuti dall’UNESCO in occasione della Giornata internazionale della lingua madre, e contro ogni tipo di violazione del diritto alla lingua e del principio fondamentale della libera espressione dell’essere umano, dell’insegnamento delle arti, della protezione e la trasmissione del patrimonio culturale, principi riconosciuti e protetti nei consessi internazionali e nella stessa Costituzione italiana (art.2,3,9,21,33), l’Accademia Napoletana, per la Lingua e la Cultura di Napoli, presieduta da Massimiliano Verde, afferma quanto segue. Nella proposta all’UNESCO di inserire il Centro Storico di Napoli nella lista dei beni dell’umanità l’ICOMOS – Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti – sottolinea la pressoché unicità di Napoli: l’UNESCO riconosce un valore universale eccezionale che ha avuto una profonda influenza in molte parti d’Europa e oltre.

Questo patrimonio culturale è patrimonio di tutta l’umanità: http://whc.unesco.org/en/list/726

In effetti le tradizioni orali e scritte, le opere culturali materiali e immateriali, le espressioni, il patrimonio musicale e letterario Napoletano fanno parte del suo patrimonio culturale: cioè, di quell’eredità particolare che viene trasmessa di generazione in generazione da una comunità -culturale- che è necessario difendere soprattutto per le nuove generazioni (Convenzione di Faro) ancor più quando assurgono a valore universale per l’umanità. Il patrimonio linguistico di Napoli costituisce veicolo e parte integrante del suo patrimonio culturale. La lingua napoletana ad esempio caratterizza ed è mezzo di trasmissione della celeberrima canzone e del teatro napoletano,della tradizione gastronomica napoletana o dei manufatti e delle tradizioni culturali, internazionalmente apprezzate, connesse all’arte del Presepio Napoletano trasmessi di generazione in generazione. Si tratta di un patrimonio di identità culturale dal valore universale che è necessario dunque proteggere e promuovere per le nuove generazioni e soprattutto per i bambini di questa comunità linguistica e culturale: in questo caso ritroviamo anche qui quanto ci ricorda UNESCO che appropriatamente definisce le “lingue come gli strumenti più potenti per preservare e sviluppare il nostro patrimonio tangibile e intangibile” Infatti il patrimonio linguistico napoletano fa parte del patrimonio storico e culturale della città di Napoli: un altro esempio evidente e recente è il caso dell’iscrizione nella lista patrimonio culturale immateriale da parte del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale UNESCO, dell’arte del “pizzaiuolo napoletano” (dicembre 2017) Propriamente il Comitato usa una parola che appartiene alla lingua napoletana ed al suo patrimonio linguistico vale a dire “pizzaiuolo” (pizzaiolo in italiano), che si riferisce ad un’arte e “know how” napoletana, tipica di questa cultura, strettamente legata ed inseparabile dalla comunità culturale della città di Napoli come si è sviluppata tipicamente nel corso del tempo in quella comunità e finalmente come valore universale per l’umanità
Adeguatamente poi l’UNESCO facendo riferimento alle lingue a rischio scrive: lingua napoletana (ISO 639-3, nap-Vitalità: vulnerabile) od in altro senso “South Italian” (seguendo gli antichi confini, non solo di lingua dell’antico Regno di Due Sicilie, senza la Sicilia, che ha una sua lingua) cf. www.unesco.org/languages-atlas/index.php.

Di seguito scopriremo perché tale lingua è a rischio.

Il Napoletano non è una deformazione o una variante minore od un dialetto dell’ italiano (si deve qui pure ricordare che la lingua italiana non è costituzionalizzata, ovverosia non è sancita in Costituzione Italiana come lingua ufficiale dello Stato Italiano): è una lingua romanza parlata nelle sue numerose varianti in tutta la parte meridionale continentale dell’Italia. A Napoli, il Napoletano è utilizzato come mezzo di comunicazione e viene trasmesso come lingua materna: infatti si può parlare di bilinguismo (italiano-napoletano) ed il Napolitano è la prima lingua che immigrati imparano a Napoli. Il problema è la mancanza di protezione legale e d’insegnamento pubblico di questa lingua materna in Italia, motivo per cui l’UNESCO la definisce a rischio/ vulnerabile. In questo modo tra l’altro viene compromesso anche l’intero patrimonio della nazione italiana (art.9 Costituzione della Repubblica italiana, riconosciuto il valore del patrimonio culturale napoletano e campano nella formazione e promozione anche internazionale di quello della nazione italiana). Ancora: occorre anche evidenziare che il Napoletano è patrimonio linguistico-culturale di migliaia di napoletani emigrati e dei loro discendenti in tutto il mondo (Italia centro-settentrionale inclusa), ad esempio in Brasile, se si considera che San Paolo, ad esempio è la città con la più grande comunità di origine napoletana nel mondo; in Argentina (dove esistono corsi di lingua Napoletana) i porteños di Buenos Aires parlano uno spagnolo con un’intonazione più vicina a quella dei napoletani rispetto a qualsiasi altra lingua, secondo le ricerche di Jorge Gurlekian, del Laboratorio de Investigaciones Sensoriales del Conicet.

Negli Stati Uniti dove insiste pure una grande comunità di origine napoletana, il Napoletano è considerato titolo curricolare. Sia per le aziende private, sia per la pubblica amministrazione.
Il Napoletano non è una derivazione del latino scritto nè di quello classico ma del latino volgare (popolare) ed ha ricevuto durante i tempi “prestiti” linguistici principalmente da lingue prelatine: in questo senso in primo luogo dalla lingua osca (famose in tal senso le iscrizioni pompeiane attestate nel libro IV “Corpus Inscriptionum Latinarum”) e successivamente greca. Anche in epoca romana Napoli si parlava greco: di conseguenza, sotto questo aspetto linguistico, il basilare impianto linguistico del napoletano non è debitore di alcun influsso straniero subito nell’Alto e nel Basso Medioevo.

Il Napoletano ha una documentazione scritta antica almeno d’un millennio: nella redazione del Placito Capuano 960 D.C. si realizza per la prima volta una piena e consapevole distinzione tra volgare e latino classico e l’uso consapevole di questa distinzione, per la prima volta in Italia è posto in essere un uso ufficiale della lingua volgare (Napolitano) per ragioni legali, in opposizione alla lingua latina; l’ “Epistola” di Boccaccio è considerata il primo testo della letteratura dialettale in prosa,in Italia, scritta proprio in Napolitano, il testo in lingua napoletana “Jesce Sole” del XIII secolo è considerato il documento fondante della canzone napoletana, si tratta di un documento dell’epoca della corte di Federico II, Imperatore di Napoli e della Sicilia. Alla corte angioina e soprattutto aragonese, grazie anche alle forti influenze culturali ed artistiche reciproche tra Napoli e Valencia, vengono alla luce documenti ufficiali in Napolitano e dal XV secolo si evolve una letteratura in lingua napoletana (De Rosa, Sannazaro, Della Porta).

In Napolitano è scritta l’opera letteraria universale di G.Basile, “Lo Cunto de li Cunti”,il primo e più illustre tra i libri di racconti esistenti nella civiltà europea: il filosofo Benedetto Croce lo definì “il più antico, ricco e artistico di tutte le fiabe popolari“: il lavoro anticipa opere come quelle dei fratelli Grimm e Andersen (Cenerentola, La bella addormentata, ecc.).

Nel XVIII secolo, secolo in cui il Napolitano diventa anche lingua diplomatica, nel periodo d’oro della scuola musicale napoletana, vede la luce, è opportuno usare questa espressione, con S. Alfonso de’ Liguori, “Quanno nascette Ninno” (tradotto poi in italiano in “Tu scendi dalle stelle”,1754), una vera e propria opera di “evangelizzazione” in lingua napoletana universalmente riconosciuta e celebrata e intimamente connessa alla meravigliosa tradizione popolare del presepe napoletano (nuovamente ed anche qui: la lingua come veicolo di una comunità culturale) Tra il XIX e XX secolo osserviamo la diffusione internazionale della lingua napoletana a causa della grande emigrazione napoletana successiva all’anno 1861, con il trionfo della canzone classica napoletana grazie ad autori e poeti come Salvatore di Giacomo, (Era de Maggio, A Marechiaro), Vincenzo Russo, (I’Te Vurria Vasà), Ferdinando Russo, (‘O surdato ‘e Gaeta), Giovanni Capurro e Eduardo di Capua (autori del celebre ‘O sole mio, cantata da tutti grandi artisti incluso il più grande tenore di tutti i tempi, Enrico Caruso) e l’intera epopea di questo genere musicale internazionale in lingua napoletana: da Gilda Mignonette,a Bruni, Trevi, Carosone, la Nuova Compagnia di canto popolare Canto, D’Angelo, Avitabile, ecc.

La lingua napoletana, anche a causa della migrazione interna, attraverso la sua tradizione teatrale, (Petito, Viviani, De Simone, De Curtis-Totò, le famiglie Di Maio, De Filippo, Scarpetta, Giuffrè, ecc.) e al cinema (Notari, De Sica, Troisi, ecc) – il cosiddetto neorealismo è nato a Napoli – musicale e gastronomica come abbiamo visto, ha influenzato con le sue espressioni culturali materiali e immateriali lo stesso patrimonio linguistico italiano: molte parole napoletane oggi fanno parte del lessico italiano e non (basta menzionare ad esempio la parola “appocundria”, in onore del cantante partenopeo Pino Daniele, inserita nel Dizionario enciclopedico Treccani della lingua italiana). Per tutto quanto sopra, sembra davvero incredibile che il Napolitano sia a rischio come ci ricorda l’UNESCO. Cause e problemi: In Italia, questo patrimonio linguistico è molte volte trattato e veicolato dai media nazionali, così come chi lo parla, in maniera scellerata e degradata e non viene insegnato alle nuove generazioni:, al contrario il Napoletano e le espressioni culturali connesse a questa lingua è direttamente o con allusioni, rappresentato in maniera univoca come lingua della criminalità e degli ignoranti, analfabeti o come meramente folkloristica.

L’univoca e unilateralmente negativa rappresentazione della realtà culturale e linguistica di Napoli (e del Sud Italia, Napoli nell’immaginario collettivo italiano è l’emblema del Sud arretrato ed ignorante) prodotta dai mass-media italiani contribuisce a diffondere tra i giovani e bambini napoletani per lo più appartenenti a situazioni sociali e culturali a rischio, ma non solo, ancor più una sottocultura che induce, in un pericoloso effetto domino, questa nuova generazione a cambiare in modo violento la pronuncia napoletana. Al bambino di lingua materna napoletana, il sistema educativo e dei media italiani nazionale impone (come impone al suo nucleo familiare) un’educazione alla minorizzazione con riguardo alla sua lingua od accento, come qualcosa che si deve perdere, ovvero qualcosa di “volgare” , degradante, ignorante.

Naturalmente ciò include la perdita e la minus valorizzazione di tutto ciò che appartiene autenticamente a quell’eredità culturale-linguistica che è propriamente quella napoletana (e campana).

Occorre anche evidenziare, purtroppo la messa in scena di opere mediatiche o cinematografiche, anche per bambini i cui caratteri (questo è il caso di opere straniere, tradotte in italiano per esempio) con accento napoletano, hanno un’impronta negativa: assistiamo in questo caso a personaggi dal chiaro accento napoletano rappresentati come fannulloni, truffaldini, criminali, ecc.

In questo modo, viene sviluppata una rappresentazione e un’identificazione di tipo discriminatorio nei bambini napoletani e campani e tra i bambini (italiani) circa un’intera comunità culturale, geografica e sociale, vale a dire “antropologica”. Ci sembra evidente un aperto conflitto con quanto disposto dalla Dichiarazione per i Diritti del Bambino. Inoltre questa rappresentazione si riproduce all’estero, con effetti veramenti disastrosi.
Così la rappresentazione dei media (TV, cinema, etc.) da un lato contribuisce a una auto-rappresentazione univocamente negativa del parlante napoletano e pertanto, ad un auto-marginalizzazione e di auto-disistima culturale e sociale del bambino napoletano, ma dall’altro in un effetto domino, induce questi, o le giovani generazioni di napoletani, al contrario ad identificarsi ancora di più con modelli e “miti” sociali negativi (di parlata ed accento napoletani) paradossalmente presentati dai media come “di successo” (di potere criminale). In breve, il patrimonio linguistico e culturale, napoletano, viene brutalizzato sia grammaticalmente che nella sua autentica espressione culturale e sociale. In questa situazione i bambini napoletani mescolano neologismi volgari o criminali (o imitazione di termini inventati da interpreti di personaggi di film di criminalità) amplificati dai media per scopi commerciali. Viene quindi a prodursi una nuova “lingua” artificiale e degradante che sostituisce la nobile lingua madre napoletana. Infine, la lingua napoletana perde le sue migliori caratteristiche: musicalità ed espressività, che l’hanno resa famosa a livello internazionale e con essa si perde un patrimonio culturale inestimabile. Pertanto, si assiste ad una ripetuta violenza culturale, sociale e linguistica contro una popolazione – eredità e comunità culturale- soprattutto di bambini e giovani che è appunto la napoletana (rappresentativa sui generis di tutta l’Italia meridionale). Per il sistema di istruzione nazionale italiano semplicemente il problema non si pone in quanto il Napolitano non è meritevole di progetti educativi e di istruzione di massa, il patrimonio linguistico napoletano, infatti, è considerato una degradazione dell’italiano, connesso all’analfabetismo e sicuramente da evitare. D’altra parte ci sono sterili polemiche “accademiche” tra cultori autoreferenziali di questa lingua che ad oggi non hanno raggiunto nulla di concreto. Per uscire da questa’ impasse storica, Massimiliano Verde con la sua Accademia propone un metodo di insegnamento secondo gli studi di due tra i più prestigiosi esperti in materia, il professor Carlo Iandolo ed il dott.Raffaele Bracale che hanno mostrato sensibilità per il lavoro dell’Accademia Napoletana: tale lavoro è finalizzato alla sistemazione ortografica e fonetica soprattutto in senso didattico e rivolto all’ampia platea dei bambini di lingua materna napoletana.

Uguale sensibilità per il lavoro di Massimiliano Verde è stata dimostrata dai poeti di lingua napoletana, Gennaro Picone e Raffaele Pisani e dal direttore della Scuola di teatro del Teatro Stabile di Napoli, il dott. Mariano Rigillo.

All’estero numerose sono le collaborazioni dell’Accademia Napoletana Napoletana, come nel caso di istituti, università e associazioni linguistiche in Grecia, (in questo caso il link filologico e culturale è estremamente forte) Spagna, (con l’Institut d’Estudis Valencians è in corso un progetto bi-linguistico, napoletano-valenciano), Stati Uniti, America Latina, perché i progetti di Verde non contemplano solo l’area di Napoli ma sono rivolti a tutti “i “napoletanofoni” ovvero coloro che d’origine napoletana nel mondo sono capace di comprendere ed esprimersi anche in forme elementari, in Napoletano e in favore di realtà culturali, linguistiche e sociali minoritarie che soffrono di problemi simili.

 

Il Napoletano deve infatti deve essere considerato quale esso storicamente è: lingua della cultura e dell’arte ed è quindi necessario (ed è questo il fine pedagogico dell’Accademia Napoletana) educare i giovani napoletani ad una corretta grafia della loro lingua madre, recuperando, attraverso la poesia, le canzoni, la tradizione teatrale e cinematografica, il valore storico e culturale, il pregio e l’efficacia delle espressioni culturali intimamente connesse al Napoletano, alle sue metafore, alla sua ricchezza e bellezza e ancora di più, farne uno strumento professionale per lo sviluppo nel contesto per esempio di una promozione culturale e turistica del territorio di Napoli e della Campania: questo è il lavoro dell’Accademia Napoletana. Per tutto ciò l’Accademia Napoletana, nel pieno rispetto dell’uso della lingua materna nell’insegnamento e nell’apprendimento, e la promozione e salvaguardia della diversità linguistica propone programmi e attività educative e di recupero della lingua madre napoletana anche connessi all’odo-toponomastica del territorio napoletano, mostre documentarie e campagne pubblicitarie e di sensibilizzazione sociale in lingua napoletana, radio trasmissioni via web,ecc.

Tra l’altro: il primo corso di Lingua Napolitana Language (CEFR) riconosciuto dal Comune di Napoli, la mappa info-turistica della Terza Municipalità della città di Napoli con il recupero linguistico indigeno relativo ai principali siti e luoghi del Centro storico; inoltre l’Accademia continua a proporre alle istituzioni di Napoli e a quelle della regione Campania ogni utile attività didattica e sociale che possa sollecitare i bambini non scolarizzati (costoro parlano esclusivamente in napoletano), attraverso il corretto apprendimento della lingua napoletana, a tornare a scuola incluso attraverso programmi multi linguistici, favorendo il contatto principalmente tra lingue romanze (napoletano-italiano-francese-spagnolo, ecc.).
In conclusione, in un’occasione così importante, qual è la Giornata Internazionale della Lingua Madre, evidenziando la imprescindibile salvaguardia delle lingue locali quale garanzia della protezione di valori, espressioni culturali, e saperi tradizionali nella promozione di un futuro sostenibile e, la tutela della lingua madre come diritto umano alla diversità culturale e rispetto dell’essere umano bambino che si necessita protagonista di un pacifico sviluppo umano, l’Accademia Napoletana offre la propria collaborazione in tutte le forme democratiche al fine di preservare la diversità linguistica e promuovere il multilinguismo in ossequio agli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, promuovendo, attraverso il millenario messaggio umanistico e universale dell’identità culturale napoletana, l’insegnamento, la diffusione e la salvaguardia del patrimonio linguistico-culturale napoletano. Perché tutto ciò che Napoli ha prodotto in tutto il mondo è stato realizzato direttamente e indirettamente in e da questa nobile lingua!

 

Massimiliano Verde

 

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