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MAZZINI – All’origine della dissoluzione (di Elena Bianchini Braglia)   

Posted by on Gen 12, 2023

MAZZINI – All’origine della dissoluzione (di Elena Bianchini Braglia)   

 E’ da molto tempo ormai che le ricerche di un grande numero di studiosi non inseriti nel sistema venutosi a creare dopo l’unità hanno portato alla luce e sottoposto all’attenzione di tutti anche quell’aspetto del Risorgimento che, nell’ottica di raccontare la storia dettata dal vincitore, era stato tenacemente tenuto nascosto.

Questo aspetto, per essere stato tenuto tenacemente nascosto, per ogni persona di buon senso non potrà avere che un significato: quello, cioè, che l’epoca così solennemente celebrata non aveva alcunché di nobile e di squisitamente eroico da tramandare come esempio alle epoche ed alle generazioni future, e che, quindi, il Risorgimento non era stato altro che una enorme fabbrica di bugie, talché tutte le icone create e tramandate come eroi,patrioti, profeti, martiri, ecc., più che nei vari martirologi, andrebbero inserite nell’Indice, non avendo, la vita di coloro di cui esse sono immagine, alcunché di nobile e di onorevole da tramandare come esempio.

     Pensiamo alla doppiezza all’ennesima potenza di Cavour, che è riuscito ad ingannare non solo liberali e cattolici; rivoluzionari e moderati, ma perfino due potenze come Francia ed Inghilterra, che, a livello di complotti e di intrighi, non avevano bisogno di andare a lezione da chicchessia.

     Pensiamo alla doppiezza dello stesso Vittorio Emanuele, che, mentre pubblicamente – come del resto il Cavour – condannava l’azione delle camicie rosse, personalmente incoraggiava Garibaldi e segretamente ne aiutava la spedizione con uomini e mezzi. E intanto, mentre si accingeva ad invaderlo,rassicurava Francesco II di non nutrire la minima preoccupazione per il suo Regno.

     Pensiamo alle atrocità commesse ai danni delle popolazioni meridionali dai “valorosi” generali dell’esercito sabaudo, che sapevano mostrarsi “inesorabili” solo contro civili inermi: preti, monache, donne, vecchi e bambini e che dovettero ricorrere all’applicazione della legge marziale a all’istituzione di tribunali militari per nascondere la loro incapacità di aver ragione di un pugno di insorgenti armati con armi di fortuna, nonostante disponessero di un esercito di oltre 120.000 uomini e di altrettanti della Guardia Civile.

      Tutte queste figure, che arricchiscono i libri di storia tuttora in uso nelle nostre scuole, saremmo in grado di riconoscerle anche se prive di didascalia, tanto ci sono diventate familiari, ed anche senza averle davanti, una persona brava in disegno o in pittura potrebbe riprodurle rifacendosi all’immagine fissata nella propria memoria.

     Tra i tanti Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele, Bixio, Cialdini e compagni, inseriti nel grande Pantheon dei padri del Risorgimento e dell’Unità, la figura che colpisce di più, per quell’aspetto umile e dimesso e per quell’aura di spiritualità che sembra irradiarsi da essa, è quella di Mazzini.Trovandosi al cui cospetto si prova quasi automaticamente un sentimento di reverenza e non ci si meraviglierebbe affatto di vederlo raffigurato con un’aureola sul capo: cosa che apparirebbe sacrilega se rinvenuta su qualunque altro capo.  Il motivo per cui una tale scoperta non riuscirebbe a stupirci ha la sua origine dalla mistificata storia nella quale siamo stati allevati, per cui non troveremmo molta difficoltà a considerare Mazzini sia come “profeta” che “quasi santo”. Nessuno più di lui, infatti,ha usato fino ad inflazionarli termini come religione e Dio, pur combattendoli ostinatamente. Solo che il suo Dio non era quello cristiano e la religione che predicava, basata su un pensiero non-pensiero, non avrebbe condotto – come poi si è verificato – alla salvezza, ma alla distruzione dell’umanità. Ma questo difficilmente l’avremmo scoperto, se ne avessimo attesa la rivelazione da parte della storiografia ufficiale. Spinto dalla curiosità e per trovare conferma alla violenza psicologica messa in atto contro generazioni e generazioni di studenti, ho riaperto il testo di storia usato al liceo, trovandovi dei concetti che solo oggi posso stabilire che erano formulati per plagiare intere generazioni che si avviavano ad inserirsi nei vari gangli della società e che, quindi, era necessario che ci si adoperasse al massimo affinché la loro educazione rispondesse il più possibile al pensiero imposto. Per quanto riguarda il Risorgimento italiano, che per la storiografia e la retorica di parte è il periodo più grandioso dopo quello dell’Impero romano, mentre abbiamo visto essere una grandissima fabbrica di falsi, il testo consultato usa le seguenti parole:<< … fu essenzialmente opera della nazione italiana, che ad un certo momento utilizzò la monarchia sabauda.>> Con il massimo dell’umiltà, non riesco a condividere quest’affermazione almeno per due motivi: uno letterale ed uno storico.

     In senso letterale il termine “nazione” presuppone una sentita e condivisa comunanza di tradizioni storiche, di lingua e di costumi tra i vari popoli che poi si intende trasformare in uno solo.

     In senso storico, perché, di nazione – ancorché imposta con la forza – si può cominciare a parlare dal 1861 in avanti.

   Per quanto riguarda poi il ricorso a casa Savoia, mi riesce proprio difficile immaginare che una dinastia così scaltra potesse essere disposta  a farsi “assumere” per portare a compimento l’epopea del Risorgimento. Ora, poiché una nazione non può esistere senza popolo, quando si asserisce che il Risorgimento << fu essenzialmente opera della nazione italiana>> implicitamente si sostiene che il popolo ne sia stato almeno parte attiva, se non preponderante e determinante. Dai miei ricordi, il popolo, ad eccezione delle reazioni antigiacobine scoppiate nelle diverse parti d’Italia, è stato sempre assente da ogni tentativo di coinvolgimento in azioni che non condivideva, ma che l’autore vuole ad ogni costo considerare come parte attiva del processo risorgimentale. Ecco le parole:<< … per l’apostolato del Mazzini anche il popolo fu inserito nella storia del Risorgimento; e più ancora il volontarismo contribuì alle gesta garibaldine.>> Ora, un conto è inserire il popolo nei propri programmi o nelle proprie utopie, ed un altro è dare ad intendere – come nel caso specifico – una sua convinta partecipazione agli avvenimenti in corso. Sul volontarismo – sempre per le ricerche di studiosi non allineati – sappiamo che è un’altra bugia. Gli uomini che andarono ad ingrossare la fila dei Mille e che raggiunsero il numero di 45.000/50.000 erano militari che, dopo l’annessione della Lombardia al Piemonte si trovavano ormai senza impiego ed avrebbero costituito un problema sociale di non facile soluzione, dato che le campagne erano state devastate e non potevano garantire quindi sufficienti risorse per il sostentamento. Allora si decise di assegnar loro un soldo, il quale, anche se modesto, consentiva di provvedere almeno ai più elementari bisogni della famiglia; il rancio al proprio reparto e il diritto di saccheggio avrebbero provveduto poi ai bisogni del “volontario”.

     Continuando nella consultazione, tra i vari pensieri del Mazzini, l’autore dà risalto a quelli che secondo lui sono da proporre come esempio, mentre non fa alcun accenno alla “teorica del pugnale”, al costante richiamo al terrorismo. Ovviamente nessun approfondimento sulle fallite rivoluzioni pensate ed organizzate dall’ “apostolo”, che avrebbero invalidata la precedente affermazione sulla partecipazione del popolo.

     Ecco il motivo per cui, istruiti e formati su testi del genere, per sapere che Mazzini – come tutte le altre icone del risorgimento – è un’erma bifronte, di cui la storiografia di regime ha consentito di vedere finora solo una delle due facce, bisogna abbeverarsi ad altre sorgenti: alle opere di ricercatori seri non allineati, le cui affermazioni non temono smentite, perché basate su inconfutabili prove documentali. Solo in questo modo si potrà scoprire che presunti “apostoli”, “martiri”, “patrioti”, per le loro azioni ed il loro comportamento, dovrebbero occupare una collocazione diversa nella nostra recente storia. E, per quanto riguarda la figura di Mazzini, solo libri come quello della Bianchini Braglia possono farci sapere che ci troviamo di fronte al “Bin Laden del XIX secolo”, al teorico del pugnale; all’uomo che – per sua stessa ammissione – odiava visceralmente il prossimo, ma che non mancava mai di inserire nei suoi programmi; al padre del non – pensiero, grazie al quale siamo arrivati quasi al punto di non ritorno per quanto riguarda la dissoluzione della società,  

Castrese Lucio Schiano
11 gen. 2023

1 Comment

  1. Mazzini…non so neppure perché, ma mi è sempre stato…antipatico? diciamo così per essere…nei termini! Ma quando lessi il testo della eccellente ricercatrice Elena Bianchini Braglia me ne sono fatta una ragione!…se questi sono i padri della patria siamo freschi…sempre per stare nei termini!… però nel cimitero a Staglieno gli han fatto anche un sontuoso monumento!… poveri noi! caterina

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