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Memorie di un massacro di Alfredo Saccoccio

Posted by on Ott 31, 2019

Memorie di un massacro di Alfredo Saccoccio

Il punto di partenza del libro “Shadows at Dawn. An Apache Massacre and the Violence of History”, edito nel luglio del 2013, è un avvenimento crudele della storia americana, così descritto da Karl Jacoby, professore all’università Columbia: “Il 30 aprile 1871, un gruppo riunente anglo-americani, messicani e indiani Tohono O’odham, del sud dell’Arizona attaccò una riserva apache embrionale nel canyon di Aravaipa situato a circa 90 chilometri da Tucson, uccidendovi un gran numero di donne e di bambini.” Egli aggiunge che questo fatto, “spesso chiamato “Massacro di Campo Grant”, secondo il posto militare nei dintorni del quale esso ebbe luogo”, fece 144 vittime, “per la maggior parte donne e bambini addormentati, nel corso di un assalto che sarà durato appena più di trenta minuti”. Quando il 6 maggio il “Tucson Citizen” rese conto di quello che designò come “sanguinose rappresaglie”, il giornale diede un’interpretazione del fatto che faceva delle vittime i veri colpevoli e dell’attacco una giusta risposta alle atrocità commesse dagli Apaches contro i coloni dell’Arizona, lasciati senza protezione dalle autorità federali. Anche se, alcuni giorni più tardi, il tenente reale Whitman, che aveva autorizzato gli Apaches a stabilire una riserva di fatto nel canyon, denunciò nel suo rapporto il massacro, perpetrato in violazione di un accordo di pace. Questa fu la versione del giornale, che era quella degli assalitori, che prevalse. Essa giustificò il proscioglimento degli aggressori in occasione del processo che fu fatto loro nel dicembre del 1871 ed essa fu ripetuta nelle memorie degli attori e nelle pubblicazioni delle società sapienti create in Arizona per scrivere e celebrare la storia dei pionieri. Come scrive Karl Jacoby in “Ombre all’alba. Un massacro di Apaches e la violenza della storia” : “L’interpretazionr dominante del passato gode spesso del suo statuto non in ragione del suo valore storico intrinseco ma in ragione della dominazione sociale dei suoi avvocati.” Bastoni calendari Il suo libro, dall’erudizione impeccabile, vuole far intendere altre memorie dell’avvenimento, durevolmente soffocato o cancellato dalla versione dei notabili di Tucson. Essi non furono i soli omicidi. Degli indiani O’odham e dei messicani parteciparono ugualmente alla strage. I primi conservavano tracce del passato con l’ausilio di bastoni calendari ove erano segnati gli avvenimenti importanti di ogni anno. Uno solo menzionò il fatto tragico segnalando unicamente la cattura di alcuni bambini, poi venduti a dei coloni. Prima come dopo il 1871, la storia consegnata dai O’odham è inanzitutto quella dei loro combattimenti e delle loro guerre condotte contro quelli che essi designano come il “nemico”,vale a dire gli Apaches. La memoria dei “messicani”, che erano divenuti americani con l’incorporazione dell’Arizona, nel 1848, negli Stati Uniti, era ossessionata dauinraids condotti contro di loro dagli Apaches. Cominciate sin dall’epoca della colonia spagnola, queste spedizioni devastatrici avevano come scopo la distruzione delle fattorie, il furto del bestiame, la cattura di donne e di bambini. Nel folklore di questi coloni, questi raids apaches erano molto più presenti che la guerra contro gli invasori americani. Per gli O’odham e i messicani, l’assalto del 30 aprile 1871 fu, dunque, una risposta necessaria e legittima alle esazioni di quelli che li avevano spodestati delle loro terre o che esercitavano una minaccia costante sui loro beni e le loro vite E’ con una stessa attenzione alle parole impiegate da ogni gruppo per designarsi o designare gli altri che Karl Jacoby ritrova la memoria delle vittime. Per il popolo apache, essa non si rincontra che nei racconti dei superstiti. I loro ricordi sono assillati dalla barbarie degli aggressori, dal ricordo dei massacri antichi che avevano subiti e dal richiamo delle paci parecchie volte stabilite con le autorità americane. Le più Le più strazianti delle testimonianze fanno affidamento sulla richiesta disperata del ritorno dei bambini presi al momento dell’attacco. Un avvenimento tragico… Quattro memorie e quattro storie scritte dallo storico nel rispetto delle logiche e delle categorie dei loro attori. Karl Jacoby li distingue per meglio annodare e significare che, in spazi che sono dei “borderlands”, dei margini ove le frontiere sono mobili e le sovraità disputate, si riproducono nel corso dei secoli gli stessi conflitti e violenze simili. Il suo libro mostra che non c’è contraddizione tra il rispetto delle molteplici interpretazioni del passato e la possibilità di stabilire le ragioni, o irragionevolezze,, che permettono di capire tanto gli avvenimenti quanto i racconti si sono fatti. Egli mostra anche che lo storico ha una responsabilità etica che l’obbliga a “prendere in conto quelle storie che la violenza ha per sempre ridotte al silenzio”.

Alfredo Saccoccio

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