MEMORIE PER LA STORIA DE’ NOSTRI TEMPI (V)

Le reliquie di Garibaldi conservate a Palermo.
Il sig. Mordini, l’alter ego di Garibaldi in Sicilia, dopo di avere decretato che la stanza da letto, gi� occupata da Garibaldi in Palermo, fosse conservata, ad perpetuam rei memoriam, nello stato in cui presentemente si trova, � passato ad altri atti che � bene di registrare. I posteri rideranno ed esiteranno a credere a siffatte sciocchezze; ma l’autenticit� dei documenti li caver� d’ogni dubbio.
Processo verbale contestante gli oggetti esistenti nella stanza da letto occupata dal generale Garibaldi in Palermo, nel padiglione annesso al Palazzo Reale sopra Porta Nuova, e la collocazione di una tavola di marmo incisa all’ingresso di detta stanza.
L’anno mille ottocento sessanta, il d� 24 ottobre in �Palermo alle ore due pomeridiane.
Noi barone Pietro Scrofani, segretario di Stato del dicastero della giustizia, assistito dal segretario generale del dicastero medesimo sig. Vincenzo Cortese, funzionante da, cancelliere, in esenzione del decreto del 21 di questo mese ed anno, per lo quale si � disposto di conservarsi in perpetuo, nello stato in cui presentemente si trova, e coi mobili di cui � attualmente fornita, la stanza da letto occupata dal generale Garibaldi in Palermo, nel padiglione annesso al Palazzo Reale sopra Porta Nuova; e di collocarsi all’ingresso di delta stanza una tavola di marmo portante la incisione del detto decreto, ci siamo recati nella stanza surriferita, dove, presente il prodittatore Antonio Mordini, il segretario di Stato dell’interno signor Enrico Parisi, e il signor Gioachino Ondes, governatore del Real Palazzo, abbiamo trovato:
Entrando a destra:
1. Un letto di rame giallo con colonne scanalate, con tre tavole, e fornito di due materazzi, due cuscini, e biancheria di tela, con coltre di filo bianco.
2. Un orinale di porcellana colorata rossa.
3. Tre sedie accanto al letto, di color perla, e con lo stemma di Savoia.
A sinistra sotto il vano della porta:
4. Un bacino di porcellana colorato lilas sostenuto da un trepi� di mahogoni.
5. Una brocca di creta.
6. Una tovaglia di filo appesa al vano della porta.
A sinistra:
7. Una sedia a braccia di mahogoni foderata di pelle nera con chiodi di rame giallo.
8. Una toilette di mahogoni con tavola di marmo bianco, sopra la quale;
9. Due candelieri di rame dorato con candele steariche.
10. Tre spazzole di setole bianche, di legno nero vernicialo.
11. Due forbici.
12. Tre vasi di cristallo di color verde, due di forma cilindrica, ed una quadrata, con dentro della polvere di mandorla.
13. Un pezzetto di sapone involto in una carta portante lo scritto — Savon surfin � la rose — Joseph Sen�s, Palerme, rue Toledo, n. 104.
14. Altre tre sedie simili alle precedenti.
15. Una tavola di mahogane con superficie di panno bleu.
16. Un arnese di porcellana color rosa fiorata, e con fregi dorati, con calamaio, spolverino e un pezzetto dimezzalo di ceralacca.
17. Un orologio di rame dorato chiuso in una campana di cristallo sostenuta da un poggio colore chermes.
18. Un lume ad olio di rame dorato.
19. Un campanello di rame argentato con manico di legno.
20. Un pennaiuolo di cristallo celeste sormontato da un poggetto di marmo bianco.
21. Una bugia di rame dorato con candela stearica.
22. Un cassettino di fiammiferi con la impronta stampata A. M. Pollak io Wien.
23. Sette quinterni di foglietti, cinque pi� grandi e due pi� piccoli.
24. Stecca di avorio.
25. Cesta di carta.
Osservati i detti oggetti abbiamo assistito alla collocazione di una tavola di marmo che trovammo l� preparata, dove leggemmo incisi i sensi del cennato decreto del 21 ottobre 1860, giusto sopra la porta della cennata stanza. 85
Di ci� abbiamo redatto il seguente verbale in triplice originale, che si � segnato da noi e dal cancelliere, non che dal prodittatore, dal segretario di Stato dell’interno, e dal governatore del Palazzo Reale, da rimanere negli archivi: uno del Palazzo Reale, e gli altri due negli archivi dei dicasteri della giustizia e dell’interno.
Pietro Scrofani — Vincenzo Cortese
A. Mordini.
V.
Il Salve Regina degli Italiani.
Il Corriere delle Marche, giornale ufficiale di Lorenzo Valerio, che comanda in Ancona, nel suo N� 28 del 3 novembre 1860 pubblicava la seguente patriottica preghiera, e chiamavala �una eloquente protesta contro coloro che proclamano separati gli interessi della religione da quelli della patria!�.
Salve Regina da recitarsi con devozione da chi sia vero Italiano.
Salve, Donna del Ciel, Madre pietosa.
Salve, Dolcezza, nostra speme e vita!
A te, da questa valle lagrimosa
Chieggiam nell’ansie del dolore, aita!
Oh! Difesa possente ed amorosa
Volgi il Tuo sguardo alla mortai ferita
Che del mar rende la leggiadra Sposa,,
Ludibrio vii dell’Aquila abbonita 1
E noi l’orme seguendo del Tuo Figlio
Che per liberi farci sj moria,
Noi pure sfidererm onte e periglio!
Oh! Vergine Clemente, oh! Dolce, oh! Pia
Togli Venezia al furibondo Artiglio,
E ognor laudata Tu sarai. Maria!
Milano, 27 settembre 1860.
Un italiano galantuomo caldo d’amor patrio
VI.
Il De profundis delle Marche.
Lo stesso Corriere delle Marche nel numero sopra citato recava pure il seguente De profundis. Il Corriere avvertiva: �In un giorno di solenne esultanza, quale � quello che deve precedere la votazione, parr� stramba cosa il mandare a stampa un De Profundis�. Tuttavia il Corriere l’ha stampato, ed � il seguente:
Ai prodi martiri d’Italia queste religiose e sublimi parole la redenta nazione consacra: e quanti non abbiano il cuore selvaggio ripeter le devono ad ammaestramento dei giovani figli d’Italia.
De Profundis! L’alma intuoni
La mestissima preghiera,
Sulle labbra non risuoni
Che la voce del dolor:
Una croce e una bandiera
Stan in mezzo al Tempio Santo,
Sangue e gloria, tutto e pianto
Col vessilo redentor.
De Profundis! Questo sangue
Che dai Prodi fu versato
Per chi geme, per chi langue
Arra sia di Libert�:
Quarantotto, tu hai segnato
La vigilia del riscatto,
De’ tuoi m�rtir Vive il patto
E fia sacro ad ogni et�
De Profundis! Sull’altare
Della patria abbiam giuralo
Di voler l’Adriatico mare
Non il Mincio pei confin,
Questo giuro, f�a il pi� grato
Fior che adorni il santo avelLe,
Tutti liberi � l’appello
Immutabile divin.
A quest’anime benedette una lacrima, uri addio, un omaggio da Cristoforo Pialorsi, presidente e promotore dei militi della Carit� — Parole di Cecilia Macchi.
Milano, 20 ottobre 1860;
VII.
Parodia dello Stabat Mater.
Noi potremmo continuarci nella riproduzione di altri documenti simili; ma ve ne sono alcuni che non abbiamo il coraggio di ristampare. Per esempio, il Lago Maggiore d’Intra, nel suo N� 44 del 4 di novembre 1860, pubblica una Parodia dello Sabat Mater. Ci perdoni il lettore, ma il dovere di storici ci obbliga a dargliene un saggio:
Stabat Nardo dolorosusJuxta Pium lacrymosus,Quia Marchae et Umbria…O quam tristis et afflictusFuit Nardo derelictus,Piantatus ab omnibus!Qui tremabat et dolebatIslamitos cum videbatRepulisti facere. | Qui est homo qui non fleret,Nunc Nardonem si videretIn tanto pasticio?Vidit suum Generalem,Qui facebat animalemSvignans cum milionibus.Tui Pii vulnerati,Tam dignati pr� nos pati:Borsam mecum divide ecc. |
fonte