MEMORIE PER LA STORIA DE’ NOSTRI TEMPI
NUOVI DISORDINI IN NAPOLI
Il telegrafo ci reca gravi notizie di Napoli, dove la sera del 15 di luglio avvennero serii conflitti tra i soldati e il cos� detto popolo. Cagione del disordine fu una dimostrazione fatta in onore degli emigrati reduci in Napoli. Quella dimostrazione era una doppia offesa al Re vivente, e a suo padre defunto, e, come si capisce facilmente, mancava d’ogni principio di delicatezza. Se il Re dimentica e perdona, perch� i rivoluzionari non vogliono dimenticare, n� perdonare mai?
Intanto il primo ministero costituzionale di Napoli si � dimesso, non rimanendo che il signor De Martino, il quale pare sia riuscito a comporre un nuovo gabinetto, dove il sig. Liborio Romano sar� ministro dell’interno, e il generale Pianelli ministro della guerra. In quindici giorni il Re di Napoli ha gi� avuto due gabinetti costituzionali, e non istar� molto a cercarsi il terzo, e poi il quarto, e poi il quinto, se il tempo gli baster�.
Le condizioni di Napoli sono tristissime, e se vi esiste la Costituzione, non vi si trovano oggid� costituzionali. In quel reame, come dappertutto, vi hanno buoni e pessimi, galantuomini e ladri, amici dell’ordine e fautori delle sommosse.
Gli amici dell’ordine non possono essere paghi della Costituzione, perch� improvvisata, perch� concessa o alla preponderanza straniera, o all’insolenza rivoluzionaria, perch� incapace a produrre il menomo benefizio, perch� indebolisce l’autorit� regia in tempi grossi che vogliono la dittatura, come ne d�nno l’esempio i liberali medesimi.
Badate che cosa facessero i Ricasoli e i Farini nell’Italia centrale, e che cosa faccia Garibaldi in Sicilia? Diedero forse la Costituzione questi messeri? Oh no, davvero. Invece governarono cogli ordini pi� stretti, pigliando in mano i pieni poteri, e scusandosene colla natura dei tempi. Ebbene anche per Napoli i tempi correvano tali da sospendere la Costituzione, se fosse esistita, come si pratic� in Piemonte nel 1848 e nel 1859. Invece il buon Re proclam� lo Statuto!…
Gli amici della rivoluzione adeguano egualmente le istituzioni costituzionali, perch� vogliono di pi�, perch� odiano il Re, e non soffrono n� che governi, n� che regni; perch� non si sanno arrestare a mezza via, perch� quanto riuscirono ad ottenere ne cresce la baldanza e le pretese.
Di che noi vedremo in Napoli un alternarsi di sconvolgimenti parziali, forieri d’uno sconvolgimento totale, resosi inevitabile dopo la prima concessione. Il Re di Napoli andr� tardi o tosto a raggiungere gli altri Principi italiani spodestati, se avvenimenti europei non lo salvano.
Pare del resto che la Provvidenza abbia permesso a Napoli tanta debolezza e tanto tramest�o, perch� in mezzo a s� fitte ombre risplendesse di pi� bella luce il vero e grande Re italiano, che � Pio IX; il solo nella Penisola che resista alla rivoluzione, e che sapr� vincerla gloriosamente.
GARIBALDI SMENTISCE IL MINISTERO
(Pubblicato il 29 agosto 1860).
Il ministero per far gabbo a non sappiamo chi, e per potere almeno, a suo tempo, schermirsi dalle accuse di aver fomentato e promosso la spedizione contro gli Stati Pontificii, immagin� di metter a conto di Mazzini tutto ci� che era gi� stato apparecchiato tanto a Genova, quanto in Toscana. E colla sua circolare del 13 agosto simul� di dare un buon rafaccio a quello stravagante di Mazzini, che vuol cacciarsi in mezzo agli agenti del ministero, a cui tocca esclusivamente il governo del molo italiano, e cos� guastare le uova nel paniere.
Il Mazzini che si trova non poco solleticato dall’onore di figurare per una potenza in questo trambusto italiano, pigli� allegramente per s� il rimprovero gettato dal Farini alle s�tte in generale, e rispose tosto al manifesto del 13 agosto col suo manifesto nell‘Unit� Italiana. D’altro lato il Mazzini sa con chi ha da fare; sa che i ministri facendo i fatti loro, fanno ancora meglio i fatti suoi; sa che intorno ai ministri vi sono i pi� caldi suoi amici; quindi � informato di tutto ci� che si fa dietro le scene, e per� sa leggere tra le righe delle circolari ministeriali. Laonde egli accetta la parte di antagonista assegnatagli dal capocomico, ed asseconda benissimo il giuoco del ministero..
Ma Garibaldi che � digiuno delle arti volpine della diplomazia e le detesta, non si acconcia alla parte che gli si vuole assegnare. Garibaldi � forse il miglior pezzo che vi sia in questa frotta di rigeneratori dell’Italia, vuoi nostrani, vuoi forestieri. Almeno egli combatte a viso aperto, ed espone continuamente la sua vita. Non mentisce, non tergiversa, non vende lucciole per lanterne, non manda gli altri a farsi sbudellare, serbando egli la pancia pei fichi, come fanno i rigeneratori dell’Italia delle gazzette, dei cade e del portafoglio. Garibaldi dunque non vuol saperne di queste arlecchinate. Egli vuole armi, soldati, denari e non anela che alla battaglia. Non gli parlate n� di circolari, n� di Note diplomatiche, n� di temporeggiare, n� di tergiversare. Baie! Egli tira avanti, e lascia cantare. Ora questo � che mette in un brutto impiccio il ministero e chi comanda al ministero.
Figuratevi che ieri stesso giungeva a Torino con speciale incarico di promuovere da capo e col massimo fervore i vietati arruolamenti de’ volontarii il maggiore Tosetti, il quale viene non da Londra, ma dalla Sicilia, e pu� mostrare l’ordine formale sottoscritto, non da Mazzini cospiratore, dice il Diritto d’oggi (28), ma da Paterno, ministro della guerra.
E la Gazzetta popolare di Cagliari pubblica la lettera da noi riferita nel numero antecedente, con cui Garibaldi autorizza l’avvocato Giovanni Sulliotti a recarsi in Sardegna per arruolare un intiero battaglione di volontarii sardi.
Ma il pi� curioso � che il Diritto rimbeccando l’Opinione, la quale mise sul capo di Mazzini le spedizioni preparate contro gii Stati Pontificii, rivendica quest’onore a Garibaldi! �A questa gratuita asserzione, dice il Diritto, noi siamo in grado di poter dare la pi� ampia e la pi� esplicita mentita. Coi nostri occhi medesimi abbiamo letto la lettera con cui Garibaldi raccomanda ai dirigenti il Comitato centrale di Genova (i quali, sia detto di passaggio, non sono strumenti n� del signor Mazzini, n� del signor Cavour) di sospingere la spedizione delle Romagne a tutta oltranza ed � da lungo tempo fatto di pubblica ragione il famoso proclama del 5 maggio, in cui dice che non basta promuovere l’insurrezione in Sicilia, ma vuolsi fare eziandio �nell’Umbria, nelle Marche, nella Sabina, nel Napolitano, ecc. �. E tale raccomandazione, ripetiamo, non � sottoscritta da Mazzini, ma da Garibaldi�.
Dunque signor Farini, non fate Io gnorri; non ci state ad armeggiare a ciancie con Mazzini per tenerci a bada, rimproverandogli come un delitto di leso diritto delle genti l’aver voluto fare una spedizione armata contro gli Stati Pontificii. � Garibaldi, proprio il vostro Garibaldi che ha dato quegli ordini, � Garibaldi che ordin� di attaccare dal lato di Toscana gli Stati della Chiesa. � quel Garibaldi che agisce in nome di Vittorio Emanuele, che � in corrispondenza con Vittorio Emanuele; che invia alla Corte di Torino i suoi ambasciadori; che riceve alla sua Corte gli ambasciadori del Regno italiano; che proclama a’ suoi popoli Io Statuto del Regno italiano; e li dichiara annessi al Regno italiano; Ora che ci avreste adire? Voi, signor Farini, avete gittato il biasimo e il disprezzo sulle s�tte, che, assalendo gli Stati Pontif�cii, si arrogavano l’opera vostra. Ora le s�tte che preparano la guerra contro il Papa � Garibaldi ed i suoi, cio� voi ed i vostri, giacch� con Garibaldi voi non fate che una cosa sola, almeno per ora.
Diciamo almeno per ora, perch�, tre mesi or sono, Garibaldi ed il ministero erano uno al polo artico, e gli altri all’antartico. Allora il ministero faceva escludere Garibaldi dal Parlamento come indegno di sedere nel consesso dei rappresentanti del primo Parlamento italiano, lui che, divenuto francese per la cessione di Nizza alla Francia, non era neppur italiano. Ed il ministero faceva proclamare dall’Opinione che l’elezione di Garibaldi sarebbe stata un’ immoralit�.
Ecco quanto leggevasi nell’Opinione del 3 maggio. Dopo aver proposto l’avv. Fabre ed il dottor Borella per il 5� ed il 6� collegio di Torino contro il signor Robaudi e Garibaldi, si dice: �Chi ha eletto i ministri non pu� dar il voto che a uomini dello stesso partito; darlo ad altri sarebbe un’immoralit�. � un’immoralit� il solo proporlo, e sarebbe un’offesa agli elettori il solo sospettarlo.
Il d� 3 di maggio Garibaldi deputato al Parlamento era un’immoralit�, anzi era immoralit� la semplice sua candidatura. — Ma dopo il 3 di maggio venne il 26 di maggio e la presa di Palermo, allora Garibaldi non solo sarebbe degno di essere deputato al Parlamento, ma � degno di essere dittatore della Sicilia a nome di Vittorio Emanuele, e di trattare da pari a pari colle Potenze! I Torinesi (s’intende i Torinesi del conte di Cavour) lo esclusero dal Parlamento, ed in sua vece vi posero quel sommo uomo che � l’avvocato Fabre. Ma se oggi Garibaldi tornasse a Torino, i nostri buoni concittadini (sempre quelli del conte di Cavour) si farebbero in quattro per onorare Garibaldi con luminarie, gazzarre, feste e dimostrazioni d’ogni sorta.
Intanto consta in modo indubitato che l’arruolamento dei volontari per assalire lo stato Pontificio � stato fatto e si fa tuttora per conto e per ordine di Garibaldi; e che Garibaldi non solo non � disapprovalo dal ministero, ma � in tutto e per tutto approvato e lodato.
STRAGE IMMINENTE D’IMPIEGATI IN TOSCANA
(Pubblicato il 31 agosto 1860).
Le rivoluzioni si fanno sempre da pochi tristi; ma i pochi nulla potrebbero, se non fossero i molti, i quali comechessia tengono il sacco a coloro che rubano. E questi che tengono il sacco a’ tristi sono di tre categorie: i malcontenti, gli ambiziosi, i fuggifatica, ossia nicodemi. I malcontenti, per vendicarsi del governo, di cui hanno ricevuto o credono d’aver ricevuto qualche torto, sono lieti di chiappar per i capegli l’occasione di vendicarsi delle ingiurie ricevute; o, se non vendicarsi, almeno afferrare qualche cosa per contentarsi. Gli ambiziosi, che rimproverano alla patria di non riconoscere i meriti dei cittadini, e per cui ogni onore � sempre poco, sperano che cacciati coloro che sono in onore, sottenderanno essi al loro posto. Finalmente havvi coloro, i quali abborrenti da ogni lotta, non solo lasciano fare a’ mestatori tutto ci� che vogliono, ma s’indispettiscono contro quelli stessi che a’ conati dei rivoluzionari si oppongono; non gi� che approvino il disordine, ovvero disapprovino chi al disordine si oppone, ma perch� da quel contrasto sorge un moto nella societ� che pu� disturbare la pace, e trascinarli bench� riluttanti in mezzo alla lotta. Questi sono i buoni egoisti, che pur troppo sono in gran numero.
Con questi aiuti destramente maneggiati, i rivoluzionari preparano ogni cosa per il giorno e per l’ora indicata. Quando tutto � in pronto, sopravviene il coup de mg. in di Ledru�Rollin, ed ecco fatto il becco all’oca. I rivoluzionari da principio si fanno piccini piccini, dolci, mansueti, tolleranti, finch� si sono bene assettati sulla sella. E non s� tosto si sentono bene a cavallo, cominciano a menar a tondo la mazza, ed a fare strage dei loro nemici, cio� di quelli stessi che li aiutarono a montar a cavallo.
Perci� si servono alternativamente dei partiti, aizzandoli gli uni contro gli altri per distruggerli tutti, cio� cacciarli dal maneggio della cosa pubblica, e restare essi soli coi loro parenti, amici e amici degli amici a reggere il paese ed a beatificarlo. D’ordinario la prima vittima � il Clero, contro del quale, dopo aver aizzati tutti i partiti, sogliono essere scagliati i primi colpi. Dopo il Clero viene l’aristocrazia, dopo l’aristocrazia, la magistratura e via dicendo, finch� non rimane pili d’intatto che l’esercito. Ma anche l’esercito quando la rivoluzione � pienamente trionfante cade sotto i suoi colpi; e si sa che i rivoluzionari odiano con odio pari il prete ed il soldato. Il prete � la prima vittima, d’ordinario il soldato e l’ultima. Per distruggere l’esercito ne corrompono lo spirito, la disciplina, l’amministrazione; e si sa che un esercito corrotto � un esercito distrutto.
Il felicissimo Stato di Sua Maest� di Bettino Ricasoli � entrato nel secondo stadio della rivoluzione. Il Clero ebbe gi� la sua parte pel primo come � giusto secondo il diritto della rivoluzione. Ora viene la parte degl’impiegati civili: si � l’epurazione dell’amministrazione, che ora viene annunziata per la Toscana. L’augusto padrone delta autonomia toscana fece pubblicare a suono di tromba il bando con cui annunzia a’ suoi autonomi impiegati che egli sta per cominciare l’epurazione, sceverando il frumento dal loglio. Il trombetta � la Nazione, che si dice essere giornale degli ebrei, bench� figurino esserne i padroni alcuni cavalieri di fresca data.
La Nazione adunque del 26 agosto ebbe l’incarico di svelare al governo del Re una piaga. E naturalmente, come il trattar le piaghe non � cosa che vada a genio, il giornale dei nuovi cavalieri, o degli ebrei, protesta che a quel nauseante ufficio � tratto pei capegli: vi ci � �spronato dal desiderio del bene del nostro paese, e crede anzi far cosa utile a tutti, svelando al governo del Re una piaga� di cui forse disconosce, o non conosce appieno la importanza. Noi vogliamo richiamare l’attenzione del ministero sugli impiegati toscani�. Gran merc� che abbiamo un giornale ebreo a Firenze, che svela le piaghe l Altrimenti una piaga nascosta come farebbe a guarire? Essa potrebbe far sacco, passar in cancrena,
�Tuttavia ci pare un’ imperdonabile negligenza del ministero, che non conosca una piaga pubblica, gravissima, pericolosissima: e che tocchi proprio agli ebrei di svelarla. Se si trattasse di qualche impiegatuccio in qualche angolo dimenticato del Regno autonomo, si capisce che potrebbe la piaga sfuggire agli occhi lincei del sig. Farini: ma altro che impiegatuccio raro e da poco! Sentite il giornale dei nuovi cavalieri:
�In mezzo alla grandissima turba degl’Impiegati toscani ve ne hanno pochi caldamente liberali, non pochi per i quali ogni programma politico si racchiude in un completo indifferentismo, molli che essendo stati troppo teneri dell’antico� regime, sono naturalmente avversi al nuovo.
�Non parleremo de’ buoni e nemmeno degli indifferenti, i quali, se non co zelo, adempiono per� a’ loro uffici. Parleremo bens� di quegli impiegati, che sotto il governo di Vittorio Emanuele parteggiano faziosamente per Ferdinando� di Lorena.
�� questa una piaga che rode poco a poco l’amministrazione del paese,. In quale non procede franca e spedita, come dovrebbe, per la forza d’inerzia che contrappongono al libero corso della macchina governativa questi nemici che abbiamo in casa, che vivono del nostro danaro, che noi paghiamo perch� ci servano male, o perch� infine servano al principio opposto a quello che � la base dell’ordinamento politico dello Stato�.
Vi pare a voi che questa sia piaga da non badarci? Capite? I liberali sono pochi; gli indifferenti sono non pochi; e gli avversi al nuovo reggime sono molti! Ed il governo se ne sta colle mani alla cintola contemplando i non pochi ed i molti suoi nemici come se nulla fosse? Su via, scotete questa vostra indolenza, signori ministri! �Queste piante parassite, questi elementi venefici o bisogna distruggerli, o porli nell’impotenza di nuocere. � dovere del governo provvedervi, perch� il governo prima dei cittadini deve dar esempio del rispetto alla legge. E male i cittadini possono imparare a rispettare la legge, quando i pili acerrimi nemici di lei sono fra le file di coloro che dovrebbero curarne l’osservanza, e che per questo appunto vengono dallo Stato retribuiti�.
Scandaloso di un governo! Cos� dai l’esempio ai cittadini di rispetto alle leggi! Cosi paghi coi denari dello stato i pi� acerrimi nemici dello Stato medesimo? Eh, non so a che mi tenga dal mettere in accusa il ministero in corpo ed anima. — Forse tu governo dirai che alla fin fine tutto il torto non � tuo; e che i governi precedenti, dal 27 aprile in poi, avrebbero dovuto occuparsi di sterpare queste piante parassite, e questi elementi venefici. �Forse fu grave torto (� sempre la Nazione che parla) dei governi che precederono quello che oggi ci regge, non indurre radicali cambiamenti nel personale degli impiegati d’ogni dicastero, cominciando da quelli di pi� bassa sfera e risalendo fino agli ufficiali della legge. Ma quei governi potevano almeno giustificare la loro tolleranza: imperocch� trattavasi allora di costituire il paese ed era mestieri allontanare ogni causa di individuale malcontento. Ma ora che il paese � costituito, ora che il governo � forte per la manifestata volont� popolare, per il concorso di ogni classe di persone, quella tolleranza, che poteva in altri tempi scusarsi, non ha nessuna ragione d’esistenza�.
Avete capito? Finora la rivoluzione non era ancora bene consolidata, e le conveniva andare colle buone. Ma ora che � forte, ora � tempo di schiantare, disperdere, annientare i nostri pi� acerrimi nemici.
Ma signori cavalieri, adagino, adagino: che non veniste mai cos� di rimbalzo, o di matonella, come si dice cost�, a ferire l’augusto vostro padrone Bettino, il quale essendo sulla faccia del luogo deve saperle queste cose. E dall’altra parte egli da quell’uomo risoluto che �, se vi fossero piaghe � tale cerusico da tagliare, bruciare, troncare braccia, gambe ed anche teste per guarire le piaghe. Badate a voi, signori cavalieri, che, a quanto si dice, vivendo della pagnotta dell’augusto Bettino…. — che Bettino? Non c’� barone che tenga. �Noi lo confessiamo francamente: in questo non ritroviamo la energia che � propria del carattere del barone Ricasoli. Perch� tollera egli questo stato di cose? Perch� egli, che destitu�, e saviamente, tre professori dell’Universit� senese, non agisce con eguale fermezza contro tutti coloro che ne imitano e ne superano l’esempio? Perch� almeno non chiede al ministero che si faccia un cambio di impiegati, onde allontanare questi che qui in Toscana sono di scandalo, per mandarli in luoghi ove sarebbero costretti ad usar maggior prudenza, e a compiere al dover loro con coscienza maggiore? Un governo su tema siffatto non pu�, non deve esitare�.
Giacch� neppur il padrone � risparmiato bisogna che la faccenda sia grave. Eccettoch� questa fosse una commedia concertata insieme col padrone stesso, il quale si fa sgridare da’ suoi stessi staffieri e che � troppo buono, e che � troppo tollerante, e che � troppo indolente, e che di questo passo oggi mai tutti gli
addosso; affinch� possa menar gi� mazzate da ciechi riportandone tuttavia lode di troppo buono e troppo indulgente. Ma codeste le sono supposizioni di qualche malignuzzo che non conosce la pasta di zuccaro che � Bettino! Dunque; diciamo, conviene che sieno veramente gravi i delitti di questi elementi venefici, dei pi� acerrimi nemici dello Stato! — Se sono gravi i delitti! voi dite. Gravissimi? Ascoltate:
�Quando il paese sa che certi impiegati vanno dicendo che questa baracca pu� durar poco e che presto torner� il Granduca; quando il paese sa, che altri va spargendo che il governo attuale � nemico della religione, e la vuole distrutta, quando il paese sa, che certi impiegati rifiutano d� concorrere a ogni coscrizione che abbia intendimenti liberali, e poi son larghi di soccorsi per il danaro di San Pietro; quando il paese sa, che in certi uffizi si conservano e si tengono esposte tuttora le immagini dei Principi decaduti che in altri si fanno conventicole nere; quando sa, che certi alti impiegati sussidiano la stampa nerissima e gongolano di gioia nel leggere i giornali pi� reazionarii; quando sa infine, che chi dovrebbe per ufficio sostenere il governo lo scredita in ogni maniera e d� mano a chi vuole abbatterlo; il paese ha diritto di domandare al governo, perch� si pratichi questa inesplicabile tolleranza, e ha diritto di chiederlo, perch� questi che dovrebbero servirci son pagati col danaro nostro, col danaro di tutti�.
Qui avremmo varie osservazioni da fare: per esempio, perch�, eccetto pochi, tutti gli impiegati sospirano per la ristaurazione del Granduca? Come si fece adunque la votazione per la sua decadenza all’unanimit�? Perch� si puniscono gli impiegati per opinioni politiche? Ma l’articolo � lungo. La conclusione � che gli impiegati Toscani devono aspettarsi un’imminente strage per mano di Bettino-bey e dei suoi agenti. Non vogliamo dire che sia una strage degli innocenti, perch� almeno rei di nicodemismo devono confessarsi. D’altro lato non crediamo che vi sia ninna relazione tra il sior Bettino ed il re Erode.
fonte
La difficile lettura del lungo post ci fa comprendere il travaglio vissuto da quanti operavano ai tempi delle rivoluzioni in corso che scompigliavano a tutti i livelli, anche nei piu’elevati e colti non solo nella popolazione, il corso della vita, dei rapporti fra classi e autorita’ civili e religiose… altro che esaltazione del motto “fatta l’Italia, facciamo gl’italiani”…nell’euforia dei rivoluzionari!.. e credo che sia l’origine della debolezza del nuovo Stato, a fronte di un patrimonio immenso di cultura e vitalita’ dalla popolazione che lo abita. caterina ossi
A leggere l’articolo sembra di essere ai tempi d’oggi dove intrecci e scambi di accuse sull’affare Ucraina riempiono le cronache quotidiane… vedremo come andra’a finire!.. personalmente non vedo come la Russia possa rinunciare all’Ucraina nel senso di buoni rapporti rispettandone pure autonomia e identita’ che sono oggi valori non negoziabili… ma che purtroppo si trova ad avere un capo malato di giovanilismo, trovatosi per caso ad essere pure eletto grazie alla sua abilita’ di ballerino sui palcoscenici nazionali, ma poi investito di responsabilita’ politiche che non era preparato forse ad affrontare e non ha saputo, come vediamo, gestire trascinando la nazione in un disastro assoluto… caterina ossi