Messina e Bagdad 1420 km
Servono 47 ore (per 3.803,7 km) passando per Ankara
la distanza stradale che divide Messina di Sicilia da Baghdad.
Potrebbe essere una curiosità turistica, oppure un espediente pubblicitario utile a lanciare un messaggio di merciandaising, il risultato di una memoria storica. Un tempo fra le due capitali del commercio l’intesa fu possibile, e il viaggio diventava un orpello per interessi comuni. Uno dei principali mercati della via della seta, si apriva a uno dei principali scali portuali della stessa strada commerciale.
La condivisione di interessi comuni per una migliore strategia dei traffici. Il risultato dei costi benefici se lo poneva l’ammiragliato britannico, che agli inizi del XIX secolo aveva messo su una base stabile nel porto siciliano e con l’avvento dell’unità italiana fino agli inizi del secolo successivo avevano previsto un tariffario, necessario al commercio verso Baghdad: da Messina a Bagdad ( 1420 chilometri ) risulterebbe di dieci sterline e sette scellini. Indubbiamente, dopo l’apertura del Canale di Suez le distanze si erano compresse e quello che appariva come impresa ardita nel passato, diveniva fattibile nella fase più recente. Assecondando la storia si riesce a scoprire, che, i rapporti commerciali fra i due empori erano più concreti di quanto si possa immaginare. La via della seta si colmava presso la città del Faro, e si sublimava nelle strategie dei suoi dominatori. Così accadeva che un visitatore per identificarla nella storia, attingesse a memorie relativamente giovani rispetto ai riscontri del tempo, raccontando una realtà sempre in evoluzione. Da un’altra traccia molto interessante (C. Trasselli) apprendiamo: “Messina durante la dominazione Musulmana è ridotta pressoché al nulla; un greco arabizzato che scrive a Bagdad nel XIII secolo attingendo a fonti del XI secolo, può scrivere che Messina è un paesello su la costiera della Sicilia”. Nel breve lasso di qualche decennio, la situazione commerciale messinese muterà in meglio, favorita dalle strategie di Federico II. Il commercio siciliano ebbe un’impennata clamorosa quando il porto di Messina era raggiunto dalle merci persiane, turcomanne, caucasiche, armene o bizantine non è menzogna. Rosario Gregorio, in una raccolta di
opere edita nel 1845, segnalava che nel 1239 giunsero da Bagdad ambasciatori a Messina per stipulare accordi commerciali. Da una fonte maiorchina si apprende: “Re Federico, sollecito, come direbbesi oggi, della prosperità materiale del suo popolo, governavasi con la massima di mantener relazioni con tutti i principi di Levante per il vantaggio dei commerci; con questa veduta, sappiamo che egli mandò un vescovo ambasciatore al califfo di Bagdad, che ricevette splendidamente a Messina gli ambasciatori del Soldano di Damasco”. Da quella città oggi capitale iraquena ricevette tessuti di velluto e damaschi molto apprezzati in Sicilia; e probabilmente anche le tecniche tessili per filarli acquistando grandemente materia prima e tecnologia. Talchè, da queste notizie si comprende che le produzioni seriche messinesi diventano in cinque secoli, la voce principale della sua ricchezza commerciale. Di conseguenza una simile intesa potrebbe essere oggetto di iniziative future da segnalare a qualche modista per lanciare una nuova collezione di capi d’abbigliamento, riadattando le tendenze di oggi assecondate da queste memorie storiche tra Messina e Bagdad.
Incisione di Adolphe Rouargue (1810–1870): Veduta panoramica di Messina. & Incisione di Newman, John Philip, 1826-1899: Piazza mercato a Baghdad.
Alessandro Fumia