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Moneta: come fu che ci rubarono tutti i soldi

Posted by on Mag 1, 2016

Moneta: come fu che ci rubarono tutti i soldi

articolo anche questo interessante.

Moneta: come fu che ci rubarono tutti i soldi

 

La rivoluzione della moneta è l’unica rivoluzione che dovremmo veramente fare, perché senza sovranità monetaria non esiste alcuna sovranità politica.
di Valerio Lo Monaco – per byoblu.com –

 

“Menomale che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario perché, se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione“. Non è una mia frase, ma è uno degli aforismi celebri di Henry Ford ed è uno degli aforismi che nasconde una grandissima realtà. Possiamo partire da una semplice domanda: se una cosa è tua, hai bisogno di chiederla in prestito? Evidentemente no: se sei obbligato a chiederla in prestito, vuol dire che quella cosa tua non è, a maggior ragione se paghi un interesse per questa cosa che chiedi in prestito. E allora, se la cosa che chiedi in prestito, in questo caso la moneta, tua non è, evidentemente è di qualcun altro. Come nasce la moneta? Occorre qualche cenno storico per capire il tutto. Originariamente la moneta non esisteva. Per scambiare delle merci tra cittadini privati si utilizzava il baratto, che funzionava bene, era un accordo tra gentiluomini, merce contro merce, senonché aveva evidentemente delle limitazioni. In seguito si prese a scambiare della merce attraverso metalli pregiati. La cosa era leggermente più utile rispetto al baratto. Il vero passaggio chiave avvenne quando poi si decise di coniare delle vere e proprie monete. Chi è che poteva coniare delle monete? Prima di tutto furono gli imperi, per esempio l’Impero romano coniava monete: letteralmente batteva moneta. Poi venne il Signore. Il Signore del Feudo. Ora, le due caratteristiche fondamentali della moneta erano intanto il fatto che venisse accettata: il Signore del Feudo poteva imporre che la sua moneta venisse accettata, così come poteva fare l’Impero romano, e inoltre sulla moneta si potesse scrivere un valore nominale. Originariamente una moneta di un metallo pregiato -facciamo finta l’oro – poteva pesare dieci grammi e valere dieci soldi, perché semplicemente sopra c’era scritto dieci. A un certo punto però che successe? Che chi poteva battere moneta, il Signore che batteva moneta, si accorse che poteva continuare a far circolare delle monete con sopra scritto un valore nominale preciso, poniamo sempre dieci soldi ad esempio, ma poteva mettere in circolazione delle monete che non pesavano più dieci grammi di oro, di argento o di altro materiale, ma poteva tranquillamente mettere in circolazione delle monete che pesavano meno, pur mantenendo lo stesso valore nominale scritto sopra. Letteralmente, il Signore del feudo ad esempio, toglieva materiale, toglieva peso da queste monete, grattava letteralmente. Grattare è un termine in auge ancora oggi: metteva in circolazione una moneta che pesava magari cinque grammi, sulla quale però c’era scritto dieci, quindi il valore era dieci. Ora, la differenza tra i cinque grammi reali in cui pesava la moneta e il valore dieci che c’era scritto sopra, era un aggio, né più e né meno che un aggio, di chi? Del Signore! Cioè il Signore aveva l’agio di poter mettere in circolazione una moneta che pesava realmente meno rispetto al valore nominale che c’era scritto sopra, l’agio del Signore, né più e né meno (da qui il termine signoraggio).

Un ulteriore passaggio si ebbe poi quando ci si accorse che non si doveva portare con sé per forza un sacchetto di monete, che potevano essere anche di un metallo abbastanza prezioso, perché ad esempio si poteva essere derubati. Quindi si decise di depositare queste monete, ad esempio presso gli orefici. Tu depositavi le tue monete di oro, di argento o di altro materiale presso un orefice, il quale ti rilasciava una nota di banco. Si chiamava esattamente così: “nota di banco”. Sopra c’era scritto che potevi utilizzare questa nota di banco come pagamento perché avevi depositato un controvalore in oro, ad esempio presso l’orefice (ndr: erano “pagabili al portatore“). Nasce così la banconota. Dunque si iniziò a utilizzare queste note di banco per scambiare delle merci. Dopo un po’, gli orefici si resero conto che in realtà pochissime persone andavano a convertire queste note di banco prelevando l’oro che era nei loro forzieri. E allora siccome gli orefici capirono che tutto quest’oro non veniva ritirato, potevano tranquillamente emettere più note di banco rispetto all’oro depositato, perché tanto non si sarebbe mai arrivati al punto in cui tutte le persone nello stesso momento sarebbero andate a ritirare l’oro di controvalore di queste note di banco in circolazione. Iniziarono così a circolare molte più note di banco rispetto alla quantità reale di oro convertibile. Nasce qui la riserva frazionaria. Tutto questo ci portò fatalmente a un punto di non-ritorno.

Il sistema va in crisi

Siamo quasi ai giorni nostri. Nel 1929, la crisi di Wall Street nacque, tra le altre cose, proprio per il fatto che non c’era più una stretta correlazione tra la convertibilità della Sterlina britannica, che allora era la moneta più utilizzata, con l’oro effettivamente depositato. Tanto più che nel 1944 si arrivò, dopo la seconda guerra mondiale, ai famosi accordi di Bretton Woods. In questi accordi decisero che l’unica moneta che poteva continuare a essere convertibile in oro sarebbe stata il dollaro e che tutte le altre banche degli altri Stati, anzi tutte le altre Banche Centrali, potevano avere dei depositi in dollari, ma non potevano avere la convertibilità della loro moneta in oro, perché l’unica a poterlo fare era appunto la Federal Reserve statunitense, cioè attraverso il Gold Exchange Standard.

Nel 1971 arrivammo al successivo passaggio-chiave, con il Governo Nixon il quale, arbitrariamente, a un certo punto decise che in seguito alle enormi spese sostenute per la guerra in Vietnam la Federal Reserve da quel momento in poi non garantiva più la convertibilità dei dollari circolanti in oro. Quindi non c’era più nessuna correlazione tra la moneta circolante e la quantità di oro effettivamente contenuta nei forzieri della Federal Reserve. A quel punto c’erano tutti i presupposti che potevano far crollare il dollaro, perché di fatto era carta straccia. Ciò non avvenne per un motivo molto semplice: il petrolio, cioè la merce più diffusa e più importante dell’epoca, era commercializzato in dollari e poteva essere commercializzato solo in dollari. Il dollaro come valuta continuava a essere accettata proprio perché era la valuta di riserva internazionale, attraverso la quale si poteva pagare il petrolio. Tanto più che successivamente – ed è la prova del nove – chiunque negli anni a venire avesse anche solo ipotizzato di commercializzare il petrolio senza utilizzare i dollari è stato fatto fuori. Né più né meno: è stato fatto fuori. Pensate a Saddam Husseinin Iraq e a Gheddafi in Libia.

In ogni caso erano le Banche Centrali dei singoli Stati, cioè gli Stati, che potevano continuare a emettere moneta: noi avevamo la nostra Zecca dello Stato e la Banca d’Italia poteva pertanto emettere moneta perché era un soggetto pubblico. Ma avvengono alcune cose di un certo rilievo: avviene cioè la madre di tutte le privatizzazioni. Intanto, nei primi anni ’80, con Andreatta c’è il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, quindi i titoli di Stato pubblici invenduti vennero messi sui mercati e dunque furono appannaggio della speculazione. Poi ci fu la vera e propria privatizzazione della Banca d’Italia che da soggetto pubblico, di cui ognuno di noi era proprietario in quota-parte, divenne un soggetto privato. E soprattutto, questo non fu che l’antipasto per arrivare alla firma del Trattato di Maastricht. Ci sono i responsabili, ci furono nomi e cognomi. Per quanto ci riguarda parliamo di Ciampi, Amato (guarda: “Amato confessa), Draghi, Prodi (guarda: “Prodi confessa), i quali firmando questo trattato sancirono definitivamente il passaggio della proprietà della moneta dall’essere una cosa di Stato, cioè in quota-parte di ognuno di noi, all’essere appannaggio di un soggetto privato, che poi è quello che oggi ce la fa pagare dietro interesse, ovvero la Banca Centrale Europea.

Il Trattato di Maastricht

La perdita della sovranità monetaria, per quanto ci riguarda, avviene esattamente con il Trattato di Maastricht. Perché è lì che si concede l’autorizzazione a battere moneta a un soggetto di diritto privato, cioè la Banca Centrale Europea. C’è un articolo in modo particolare, nel Trattato di Maastricht, che riesce a far capire benissimo la situazione. È l’art. 7 del protocollo sul sistema europeo delle Banche Centrali, il quale riguarda l’indipendenza della Banca Centrale Europea. E recita testualmente:

“Conformemente all’art. 107 del Trattato di Maastricht, nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal Trattato e dal presente Statuto, né la Banca Centrale europea, né una Banca Centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni e dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro Governo. Le istituzioni degli organi comunitari, nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca Centrale europea o delle Banche Centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti”.

In pratica significa che, aldilà degli altri elementi che compongono la Comunità Europea (la Corte dei Conti, la Corte di Giustizia, la Commissione europea e il Parlamento europeo), la Banca Centrale Europea, l’unica in grado di emettere moneta oggi, non può in nessuna maniera essere sollecitata o chiamata a rispondere. Agisce in maniera del tutto autonoma.Dunque la Banca Centrale Europea è l’unica che per legge può battere la moneta circolante nel nostro paese e non può in nessun modo essere influenzata dagli Stati in quanto noi, attraverso il Trattato di Maastricht le abbiamo conferito questo potere.

Marco Della Luna, in un suo libro oramai famosissimo, Euroschiavi dalla truffa alla tragedia. Signoraggio, debito pubblico, banche centrali, pone le seguenti domande retoriche: “La Banca Centrale emette denaro per un valore, supponiamo, di mille miliardi di Euro. Quel valore, quei mille miliardi, di chi sono? A chi appartiene la moneta, il valore del denaro, nel momento in cui viene emessa dalla Banca Centrale? Alla Banca Centrale stessa, che quindi ha il diritto di farsela pagare dallo Stato? O allo Stato, al popolo, cioè che quindi non dovrebbe pagare interessi alla Banca Centrale quando ha bisogno di denaro?“.
Si tratta di domande fondamentali, perché rispondere a queste domande significa capire esattamente se noi siamo proprietari della moneta, oppure se non lo siamo perché la dobbiamo comprare da un soggetto altro, in questo caso la Banca Centrale Europea.

Ora, quando a noi serve moneta, quando allo Stato serve moneta, la moneta la prendiamo dalla Banca Centrale Europea, la quale ce la dà in cambio di Titoli di Stato, quindi in cambio di una promessa di ridarglielo indietro, oltre al pagamento di alcuni interessi, visto che i Titoli di Stato hanno interessi. Ciò ha delle implicazioni. Intanto si sancisce che la moneta non è la nostra, visto che la dobbiamo chiedere ad altri pagando un interesse. In secondo luogo si sancisce il fatto che noi non abbiamo nessuna possibilità d’intervento su questa moneta. Non stabiliamo quanta moneta è in circolazione. Non stabiliamo qual è il suo tasso di sconto. Non possiamo nemmeno variare nulla riguardo al suo valore, ad esempio attraverso le svalutazioni competitive. Noi possiamo semplicemente prenderla pagando un interesse. Il punto qual è? Che nel momento in cui dobbiamo restituire la moneta che abbiamo preso, con i relativi interessi, noi dobbiamo restituirla in moneta. Ma siccome non possiamo battere moneta, siamo costretti a prendere altra moneta dalla Banca Centrale Europea: la moneta che ci ha prestato più l’interesse. Come? Attraverso l’emissione di altri Titoli di Stato e di altri interessi. Voglio dire: non riusciremo mai a essere in pareggio, perché ogni volta che dobbiamo restituire la moneta che abbiamo chiesto in prestito alla Banca Centrale Europea, noi su questa paghiamo un interesse. Siccome non possiamo fare altro che prendere altra moneta per pagare questa moneta che ci hanno dato e l’interesse, gli interessi non possono che accumularsi e sommarsi nel corso degli anni. Dunque la moneta non è la nostra e per di più è una moneta a debito. È una moneta che ci indebita vita natural durante. Nei confronti di chi? Nei confronti del proprietario di questa moneta: la Banca Centrale Europea che – come abbiamo detto – è un soggetto privato, non risponde ad alcuna sollecitazione di carattere politico né da parte degli Stati nazionali, né tantomeno da parte della Commissione europea o comunque dell’Europa politica nel suo complesso.

Chi sono, alla fine, i proprietari della moneta?

È possibile fare nomi e cognomi di chi sono i proprietari di questa moneta perché è evidente che l’interesse che noi paghiamo per utilizzare questa moneta da qualche parte andrà a finire. Ed è chiaro che andrà a finire nelle tasche del proprietario di questa moneta, cioè dei soggetti che costituiscono la proprietà della Banca centrale Europea. Questi sono: la Banca Nazionale del Belgio, la Banca Centrale di Lussemburgo, la Banca Nazionale della Danimarca (che peraltro non ha l’Euro però partecipa agli utili della Banca Centrale Europea), la Banca d’Olanda, la Banca Nazionale della Germania, la Banca della Grecia con un misero 2%, la Banca del Portogallo, la Banca di Spagna, la Banca della Francia, la Banca Centrale di Svezia, la Banca Centrale d’Irlanda, la Banca d’Inghilterra (che non ha l’Euro e che però anche lei partecipa ai profitti della Banca Centrale) e la Banca d’Italia con un 14%. Naturalmente – lo sappiamo, forse non vale neanche la pena neanche rammentarlo – la Banca d’Italia è un soggetto privato, non pubblico. Allora, quelli che sono gli azionisti della Banca Centrale Europea sono anche gli azionisti del soggetto che può emettere moneta e che può farcela pagare dietro la corresponsione di un interesse, visto che non è più nostra.

Tutto questo per dire che, quando si parla di privatizzazioni, si parla necessariamente di sovranità. Non potremo mai avere nessun tipo di sovranità politica se non rovesciamo la sovranità sulla moneta, che in questo momento non abbiamo. Siccome non siamo sovrani sulla moneta in un mondo che funziona per mezzo del denaro, e siccome siamo obbligati ad acquistare, dietro pagamento di un interesse, il denaro dalla Banca Centrale Europea, nessun discorso sulla sovranità nazionale politica potrà essere mai portato avanti, se non si mette a fuoco prima che è necessario assolutamente tornare sovrani sulla moneta. Finché usiamo una moneta che non è nostra, non potremo essere sovrani su nessuna decisione di carattere economico, né tantomeno su nessuna decisione di carattere politico.

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