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Napoli, addio a ‘O Pa’ il mendicante più famoso della città

Posted by on Giu 17, 2022

Napoli, addio a ‘O Pa’ il mendicante più famoso della città

Umberto Consiglio aveva 88 anni. Ha attraversato le strade di Napoli rispettato da tutti Nel 1985 Francesco Durante e Antonio Fiore gli dedicarono una «Poesia visiva»

Un folletto benefico scaraventato sulla terra dal cielo dov’è appena ritornato. Scaraventato da un tempo senza tempo, con un’età che pareva imprecisata nella Napoli di ‘N Paraviso di Ferdinando Russo. Se n’è andato ‘O Pa’, l’omino che ha attraversato senza sosta le vie del centro storico ricordando a tutti la cosa più essenziale, tre sole lettere nelle quali si concentra la sopravvivenza di un popolo, ieri e oggi: ‘o pa’ per dire ‘o pane, datemi il pane, offritemi il pane, donatemi qualcosa affinché io possa sopravvivere se non vivere.

All’anagrafe Umberto Consiglio

«‘O Pa’» non ha mai dato fastidio a nessuno, non è stato mai molesto: si limitava ad allungare la mano con quell’unico monosillabo che usciva dalla sua bocca, sdentata e tenera, come quella di un nonno bambino o di un bambino nato già vecchio. Chi era ‘O Pa’ che nella versione più articolata del nome vulgato era “Azz ‘o pa a me”? All’anagrafe Umberto Consiglio, nato nel 1934 e da allora coccolato dalla città che lo aveva voluto nella sua galleria di personaggi. ‘O Pa’ aveva dunque 88 anni e insieme con la sorella, i nipoti e pronipoti ora lo piange tutta la città che perde un’icona tenera e popolare, un sorriso sdentato che ci mancherà. Chi gli ha voluto bene continui in sua memoria e onore a dare qualche soldo per ‘o Pa a chi ne ha bisogno. I funerali si terranno il 14 giugno nella chiesa di San Ferdinando in piazza Trieste e Trento alle 11. È la cosiddetta chiesa degli artisti perché ‘O Pà lo era a suo modo, artista di una vita sghemba e storta che lui ha vissuto fino a 88 anni.

Immortalato da Martone

Per quasi un secolo Umberto ha portato in giro la sua maschera che pareva venire dritta-dritta da un quadro di Caravaggio o Ribera. Una faccia «schedata» anche dal cinema napoletano nella sua grande galleria di personaggi. ‘O Pà è stato immortalato da Mario Martone nel film «Morte di un matematico napoletano» e non è detto che non l’abbiano fatto anche altri che hanno girato nella città set.
Sulla pagina scritta il più commovente e letterario ritratto è firmato Antonio Fiore e risale agli anni Novanta. È lui che ricorda di quando ‘O Pa’ «indossava con orgoglio una fiammante t-shirt – forse regalatagli da un turista – con su scritto “I hate work”».

La poesia visiva di Francesco Durante ed Antonio Fiore

L’affetto, la dedizione, la meraviglia di fronte a questo folletto napoletano non nasce oggi. Un’approfondita ricerca d’archivio ci regala una perla anni Ottanta. Si tratta di «Oppà Oppà. Poesia visiva» pubblicata nel 1985 nell’inserto cultura «Il Sabato del Mattino» firmata da quel genio (che ci manca molto) di Francesco Durante con il citato Antonio Fiore. Eccola.

«Abbiamo a lungo esitato prima di catalogarlo sotto questa voce: secondo molti degli esperti da noi consultati per la stesura di questa “guida”, infatti, Oppà Oppà sarebbe un “multiplo”. Non si spiegherebbe altrimenti la sua presenza (a volte in inquietante contemporaneità su tutto il territorio metropolitano, da un estremo della Riviera sino ai contrafforti del Vomero. In realtà Oppà Oppà ha sviluppato una tecnica sofisticatissima quanto estremamente redditizia: la sua emissione continua di fonemi in rapidissima successione – quasi un mantra modulato su ossessionanti ritmi urbani – crea in chi si imbatte in lui uno stato ipnotico in grado di riprodurre l’impressione della sua «riapparizione» anche a distanza di giorni; si spiegherebbe così il «mistero» delle sue presunte «materializzazioni» in simultanea da un capo all’altro della città. Qualunque sia la spiegazione, Oppà Oppà è comunque oggi il talento napoletano più conosciuto e apprezzato dai suoi concittadini, tanto che solo per pigrizia può essere considerato un artista «di strada». Il suo rigore professionale, l’inesausta tensione ad un continuo perfezionamento delle tecniche di emissione sonora ne fanno ad un tempo l’esemplificatore pratico delle teorie jakobsoniane sul linguaggio e dall’altra il continuatore della magnifica arte ellafitzgeraldiana dello skat. Ebbe il suo boom artistico qualche anno fa, alla Festa nazionale dell’Unità alla Mostra d’Oltremare: ma da allora la sua carriera procede su binari tranquilli, e soprattutto autonomi da qualsiasi legame di partito».

di Natascia Festa

Il Corriere del Mezzogiorno di oggi 15 giugno ‘22

segnalato da Erminio De Biase

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