Ninco Nanco, il Brigante più temuto e odiato dai Savoia
“Perché lui è nato zappaterra e ammazzarlo non è reato e dopo un colpo di rivoltella l’hanno pure fotografato. E la sua anima è già distante, ma sul suo volto resta il sorriso, l’ultima sfida di un brigante: quant’è bello murire acciso”. Il Brigante al quale Eugenio Bennato ha dedicato una canzone nel 2011 è Giuseppe Nicola Summa, morto nel 1864 dopo essere stato per quattro anni uno dei più fidi compagni di Carmine Crocco.
Summa, conosciuto come Ninco Nanco, nacque ad Avigliano nel 1833. Cresciuto in una famiglia violenta imparò già da adolescente l’arte della guerriglia. Fu più volte malmenato e pugnalato, ma imparò anche a vendicarsi uccidendo uno dei suoi aggressori a colpi di ascia. Per quest’azione fu condannato a dieci anni di carcere, dal quale riuscì a fuggire nel 1860. Ninco Nanco non diventò subito un Brigante. Inizialmente cercò, infatti, di arruolarsi nell’esercito di Garibaldi cercando di ottenere la grazia. Rifiutato, tentò poi di arruolarsi presso la colonna insurrezionale di Avigliano, guidata da Nicola Mancusi, e la Guardia Nazionale Italiana, ma anche in queste occasioni fu scartato.
La sua vita cambiò quando nel 1861 incontrò Carmine Crocco, capo leggendario del brigantaggio lucano post-unitario conosciuto come “Generale dei Briganti”, “Napoleone dei Briganti” oppure “Generalissimo”. Ninco Nanco partecipò alle battaglie di Melfi, Rionero e Acinello, durante la quale si distinse per le sue capacità belliche e per la sua ferocia. In questi anni Summa si legò sentimentalmente con Maria Lucia Di Nella, brigantessa di Pisticci, chiamata Maria ‘a Pastora, che era solita seguirlo in tutte le sue attività. Nel 1863 il Brigante fu protagonista di diversi attacchi alle truppe piemontesi fino a quando, un anno dopo, la sua banda fu scoperta e decimata nei pressi di Avigliano. Il mese successivo, insieme ad altri tre compatrioti, fu catturato nella foresta di Lagopesole dalla Guardia Nazionale. Vi sono diverse versioni sulla morte di Ninco Nanco. Secondo alcuni fu ucciso dal caporale Nicola Coviello che volle vendicarsi della morte del cognato assassinato dal Brigante. Per altri fu ucciso dal comandante don Benedetto Corbo, esponente di una delle famiglie più facoltose della zona per evitare che si scoprissero sue complicità controrivoluzionarie. Certi raccontano che Summa fu tradito proprio dalla donna amata stanca dei suoi continui tradimenti. Alla fine il corpo del Brigante, dopo essere stato fotografato, fu appeso all’Arco della Piazza di Avigliano come monito per coloro che avevano scelto di combattere i Savoia. A dimostrazione che, come canta Bennato, “Per sconfiggere il brigantaggio e inaugurare l’emigrazione bisogna uccidere il coraggio e Ninco Nanco è meglio che muore”.
Fonti: Unificato, “Arte del Francobollo”, n. 46 aprile 2015
Giovanni Battista Bronzini, “Il viaggio antropologico di Carlo Levi: da eroe stendhaliano a guerriero birmano”, Bari, Dedalo, 1996
Germana Squillace
fonte vesuviolive.it