Alta Terra di Lavoro

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Noi viviamo nell’inganno

Posted by on Feb 12, 2025

Noi viviamo nell’inganno

Noi Meridionali viviamo nell’inganno, siamo un battello col timone rotto che naviga nella direzione imposta da un vento che soffia da troppo tempo da nord. Viviamo in un inganno culturale, storico, sociale, economico, inseriti a forza in un modello che non è il nostro. Noi, dell’Occidente siamo figliastri, il padre nostro naturale ha un profumo che sa di Est, di Sud.

Ci siamo lasciati portar via la coscienza di noi stessi, dovremmo riparare il timone e riprendere la rotta che ci appartiene. Non fatevi gabbare dalle favole che spacciano per storia, il nostro è un sangue greco colorato dalle genti mediterranee, greca è la nostra mente impegnata nei vortici della filosofia da millenni. Greca è la nostra terra dai primordi, per nascita non per importazione, e la grecìa che ci ha guidato per secoli ci ha fatto vivere in una dimensione tutta nostra, rotta da un vento gelido disceso a scaldarsi al sole nostro. Parlare la nostra lingua è il primo passo per ritrovare noi stessi, poi parleremo meglio tutte le altre. Chi vi dice che è antistorico, nostalgico, che non serve, vi dice il falso, e ve lo dicono soprattutto gli ascari. La parola segna il legame sociale fra l’uomo e il mondo, ne costruisce e ricostruisce il rapporto, sancisce un punto di equilibrio. Perderla dopo millenni, significa eliminare un’intimità creata. E noi che parliamo lingue imposte non siamo più in rapporto intimo con la terra, perché parliamo lingue diverse. Chi mi segue sa che insieme ai ragazzi di to dommadi greko stiamo costruendo un giardino di parole con i vocaboli che la nostra gente ha costruito nei millenni con l’ambiente che ci ha sostentato, una parola al giorno, ènan lògo tin imèra, e la parola di oggi è, appunto, lojo, parola, seguita da una domanda: Aderiscono le parole alle cose? Ta lòja ce ta pràmata ène ismìa? La risposta è no, le parole che noi usiamo non aderiscono alle cose che ci circondano, sono avulse dal contesto a cui apparteniamo, non segnano il legame millenario uomo-natura. E non è un fatto semantico, è il meccanismo che genera il nostro agire rispetto al creato. Esempio, la maggioranza degli aspromontani vive l’Aspromonte con ostilità, ciò per avere l’uso, imposto, di una parola sbagliata: aspro, dal latino asper. Ed è naturale che per i latini la nostra montagna fosse aspra, venivano per conquistarla e lei si mostrava ostile. I suoi figli, invece la chiamano aspru che in greko è bianca, lucente, perché le appartenevano, ne erano conquistati, il rapporto era d’amore non di conflitto. Ecco che l’uso corretto della parola cambia il rapporto uomo natura, e ciò che ne discende è, appunto, l’amore, il rispetto, la reciproca considerazione. Parlare lingue diverse significa tradire il patto primigenio uomo-natura. Significa vivere egoisticamente, piegando l’ambiente ai propri desideri, il che ne contiene la devastazione ove fosse utile all’appagamento. Parlare la propria lingua e rapportarsi col mondo secondo un modello culturale stratificato dai secoli vuol dire vivere pienamente la vita. Noi, saremo noi davvero quando riprenderemo il dialogo con Mana Ji che i nostri avevano cominciato e portato avanti. E sapremo dove sarà giusto portare la nostra nave.

Celestino Filomena

1 Comment

  1. Bellissimo e verissimo

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