Alta Terra di Lavoro

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Non vi vogliamo di Fiorentino Bevilacqua

Posted by on Ago 15, 2018

Non vi vogliamo di Fiorentino Bevilacqua

Mi sembra un po’ forte, ma è quello che ho sentito dentro…

È una depressione” ha detto la signora che era in fila alla cassa, davanti a me, questa mattina in pasticceria.

È una depressione qui” ha precisato poi, sempre rivolta alla sua amica accanto a lei.

Lo ha detto non abbassando la voce, già a volume contenuto; ma il tono era chiaro, inequivocabile: disprezzo, disprezzo per il posto in cui si trovava, il mio Paese.

L’accento … L’accento e l’inflessione erano settentrionali, “ostentatamente” settentrionali.

Non ho fatto in tempo…l’arrivo del loro turno, l’interruzione dello stato di attesa, mi ha impedito di dirle, con gentilezza, quello che ho sentito dentro: “Non ci venga più. Non ci venga più, grazie!”. E avrei anche  aggiunto, se la cosa non avesse corso il rischio di risultare offensiva (e se avessi avuto l’opportunità di farlo): “Ci liberi della sua presenza”.

E sarebbe stata una richiesta di liberazione dalla mediocrità di soggetti che nemmeno sanno che lo stato socio-economico del Sud, innegabilmente non allo stesso livello del loro è, appunto, quello che consente, crea e mantiene questo dislivello a loro favorevole.

Mediocri!

Mediocrità funzionali al mantenimento dello stato duale della Penisola, che avvantaggia loro e danneggia noi. E danneggia noi PER avvantaggiare loro.

Poco intelligenti, oltretutto: il parassita di lungo  corso, evoluto, non porta a morte il parassitato, l’ospite; né, in una situazione di presa di coscienza di questi (là dove c’è coscienza), ne provoca la reazione…

Ma è anche una questione di non conoscenza della realtà del Sud, di quello che in esso avviene, di quello che in esso è cambiato e sta ancora mutando…

Ricordo una signora, quella sì, che mi aspettò, alla fine di un convegno in cui avevo detto quattro cose sull’agricoltura.

Mi chiese di dove ero. “Di Caserta” feci io senza precisare il comune di provenienza, certo come ero che a lei, di quella bella provincia dell’Italia centrale, quel nome non avrebbe detto nulla. “Me lo aspettavo”  ribatté lei. “Solo quelli del Sud possono fare le citazioni che ha fatto lei” (avevo inserito, nella mia presentazione, un passo delle Georgiche e una frase di Francois-René de Chateaubriand).

Queste sono le persone che più di altre meritano di venire qui, in quanto  capaci di addentrarsi  negli angoli più nascosti e meno frequentati di un territorio che, per le sue valenze,  conoscono, apprezzano e stimano forse più dei residenti.

Dunque, chi era quella signora che faceva la fila? Probabilmente una nata dalle nostre parti, come suggeriva l’ostentazione dell’accento del nord e che, nel disprezzare queste contrade, cercava, probabilmente, di dimostrare a se stessa, ma forse più all’amica, che lei, ora, era veramente del Nord, che non aveva più nulla a che spartire con la Terra che aveva lasciato, anni addietro, senza conoscerne le ricchezze e l’origine delle miserie storiche volute, create e mantenute proprio da coloro che l’avevano … “accolta” (per usarla!) al Nord.

Quel disprezzo era anche un tentativo di acquisire ulteriore benevolenza da parte di questi ultimi ritenuti, in fondo, gli elargitori del benessere goduto al presente;  quelli, quindi,  la cui mano va leccata quando concessa.

Così, si diventa razzisti nei propri confronti.

Un caso di auto-razzismo, dunque, questa volta messo in atto da chi, provenendo dal Sud, è “diventato” nordico e tale vuole sentirsi… (tu  che mi hai “accolto” al Nord, sei migliore di me, per questo cerco di acquisire la tua benevolenza al punto di rinnegare quello che del sud c’è in me, il mio passato e la mia terra che non  meritano altro che disprezzo … stante l’ignoranza della cause della situazione che ha costretto ad emigrare).

In questo comportamento ci potrebbe essere anche uno studiato calcolo1 come un più probabile processo spontaneo di cui non si ha consapevolezza, forse perché è così che diventa più facilmente credibile.

La situazione è complessa, lo so, e quella psicologica di certi soggetti  lo è sicuramente ancora di più.

Resta comunque il fatto che essere disprezzato da un negro da cortile mi è più insopportabile che l’essere disprezzato dal suo padrone.

Fiorentino  Bevilacqua

13.08.18

 

P.S. La signora, quella auto-razzista senza saperlo, avrebbe potuto dare sollievo alla sua noia solo che lo avesse voluto. Poteva deliziarsi della Natura dei nostri boschi; poteva  visitare i monumenti e ammirare le architetture dei nostri borghi; poteva gustare vini e prodotti tipici del territorio. Ma avrebbe prima dovuto essere a conoscenza dell’esistenza di queste cose e poi avere la libertà psicologica di non negarle.

Non so quale delle due sia la cosa più ardua per lei.

 

1)   Ricordo ancora l’intervista ad un contadino musulmano fatta poco dopo la dissoluzione dell’URSS: diceva che, negli anni del dominio sovietico, aveva solo finto di negare la propria fede per non inimicarsi il regime. Ma dentro di sé, col cuore e con la mente, era rimasto consapevolmente musulmano …

Fiorentino Bevilacqua

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