Onofrio MelvettiUna storia d’altri tempi tra Pagani e Torre del Greco dalla Belle Époque alla Grande Guerra di Vincenzo Pepe
Perfezionato dal matrimonio, l’amore tra Simone e Anna crebbe in intensità dal primo giorno di vita insieme, e di-ventò esclusivo e coinvolgente, al punto che nessuno dei due riusciva a sopportare di stare senza l’altro, nemmeno per po-che ore durante la giornata. Anche se effetto della naturale attrazione fisica di due giovani corpi, il loro bisogno reci-proco non si esauriva tuttavia in questa.
Come si è già avuto modo di accennare, ancorché giova-nissimi, ambedue erano angustiati da pene intime che in al-cuni momenti diventavano insopportabili. In Anna, l’amore di Simone, e per Simone, leniva gli effetti di un cruccio sordo che la giovanetta si portava dentro, e che minacciava conti-nuamente di salire in superficie a intorbidare la sua naturale radiosa giocondità. Questo succedeva specialmente quando il discorso cadeva sulla maternità; o semplicemente quando vedeva le donne del cortile alle prese con i loro bambini; o quando si soffermava a riflettere sul suo corpo come poten-ziale generatore di vita. In quei momenti il pensiero andava alla sconosciuta figura che l’aveva messa al mondo e l’aveva poi abbandonata nel brefotrofio napoletano. A quella figura la sua mente di giovanetta inesperta si sforzava di assegnare un volto, tratti somatici, una fisionomia morale. Cercava di immaginare anche i motivi che potessero averla spinta alla terribile decisione di abbandonarla subito dopo averla messa al mondo. Capiva che un atto estremo come il rifiuto di accogliere quello che è il frutto di noi stessi, poteva essere dettato solo da disperazione immensa. Ma se così stavano le cose, l’averla abbandonata non era da ritenersi atto di crudeltà di madre innaturale; se ci si rifletteva, lo si poteva ad-dirittura pensare come manifestazione di affetto, … sì, come …
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