Padre gesuita Nicola Miozzi – alle origini degli esperimenti per l’illuminazione pubblica elettrica – tra i primi in Italia
Padre Nicola Miozzi (San Giovanni in Galdo, Campobasso 1811 – Tolosa 1872) studiò lingua cinese, ebraico, filosofia e fisica. Dell’interesse del Miozzi per le applicazioni dell’elettricità e dei suoi esperimenti a Lecce ci restano poche informazioni come quella, riportata nei diari del Collegio, di suoi “esperimenti di Elettricità con la caldaia a vapore” nel 1852 [Diario del Convitto e Collegio S. Giuseppe in Lecce, ms., citato in F. Iappelli, Un pioniere dell’illuminazione elettrica. Il gesuita Nicola Miozzi, in “La Civiltà Cattolica”, a. 139 (1988), nn.3315/3316, p.251, nota 11] e quella dell’esperimento di illuminazione, con una lampada ad arco alimentata da pile Bunsen, del Palazzo dell’Intendenza in occasione della visita del Re Ferdinando II a Lecce nel 1859 “; “diffondendo un oceano di luce indorava a mo’ dell’astro maggiore della natura il grandioso edifizio non che le stanze del Reale Alloggiamento” [N. Bernardini, Ferdinando II a Lecce (14-27 gennaio 1859), Tipografia Cooperativa, Lecce 1895, p. 75].
Padre Nicola Miozzi fu docente di Fisica del Real Collegio di San Giuseppe a Lecce (1849 – 1860) di cui fu anche direttore dal 1857. Fu maestro di monsignor Giuseppe Candido. Il Miozzi, al ritorno dei gesuiti a Lecce nel 1849, era succeduto nella cattedra di Fisica del Collegio a Raffaele Rubini, che a sua volta aveva sostituito, dopo la cacciata dei gesuiti nel 1848, il Padre Giuseppe Paladini, che era stato maestro del Miozzi a Napoli [F. Iappelli, Un pioniere dell’illuminazione elettrica. Il gesuita Nicola Miozzi, in “La Civiltà Cattolica”, a. 139 (1988), nn.3315/3316, pp.247-255]. Nacque in provincia di Campobasso, giunse a Lecce il 2 Ottobre 1849 e già nel 1852 i suoi studi sull’energia elettrica erano ad un buon livello. In quell’anno aveva eseguito una serie di esperimenti di elettricità con la caldaia a vapore. Tanto che già sin dal 2 settembre del 1852 fu acclamato come una celebrità. Una prima dimostrazione di illuminazione elettrica organizzata dal Miozzi a Lecce, pare sia avvenuta con un esperimento, forse non riuscito, nel 1852. Su questa informazione ne parla Pietro Palumbo quando, citando il ritorno dei gesuiti a Lecce dopo l’espulsione del 1848, scrive: «Il P. Miozzi si applicava all’elettricità ed una prima lampada espose in una festa di S. Oronzo» [P. PALUMBO, Lecce vecchia (a cura di P. F. Palumbo), Centro di Studi Salentini, Lecce, 1975, p. 224]
Mentre nel 1857 Oronzo Romano aveva creato un apparecchio per l’illuminazione elettrica analogo a quello del Miozzi [Cfr: L.Ruggiero, Un primato leccese caduto nell’oblio, in “Lu Lampiune”, a. IV (1988), n. 1, pag.13], il 14 gennaio del 1859, in occasione della visita del Re Ferdinando II a Lecce, Padre Nicola Miozzi eseguì una serie di esperimenti di illuminazione con lampada ad arco alimentata da pile Bunsen presso il Palazzo dell’Intendenza, dove alloggiava la famiglia reale.
Alle origini degli esperimenti per l’illuminazione pubblica elettrica – tra i primi in Italia – come giustamente sottolineato in ”Alle radici di una storia dimenticata” di Livio Ruggiero.
E’ dal testo di Nicola Bernardini “Ferdinando II a Lecce (14-27 gennaio 1859)“, che abbiamo importanti informazioni sull’illuminazione elettrica con becco bunzen del padre gesuita Miozzi per illuminare il palazzo dell’Intendenza, che ospitò l’arrivo di re Ferdinando. “Dopodichè il corteo reale rientrò nel palazzo dell’Intendenza fra le acclamazioni della folla.
All’inbrunire, l’atrio dell’Intendenza fu illuminato dai fanali situati nei ventotto archi e da quatro candelabri con altri otto fanali eretti agli angoli dell’atrio. Ma la novità di questa illuminazione fu una lampada a luce elettrica, una pila Bunsen, situata nel centro del cortile, che fu costruita per l’occasione dal gesuita padre Nicola Miozzi.”
La notizia fece scalpore fra i giornali del Regno. Ecco come commenta l’avvenimento un giornale dell’epoca:
[…] il loro Reale Animo non potette non rimaner commosso dall’aspetto brillante che presentava Lecce in quella sera, in cui anche il cielo colla sua serenità e la luna coll’argenteo suo raggio concorrevano coi torrenti di luce che smagliavano le innumerevoli luminarie, a fugare l’oscurità della notte. Brillava sopra ogni altro il maestoso atrio del palazzo dell’Intendente, in cui i grandi fanali messi nei suoi 28 archi, e i quattro candelabri con altri otto fanali eretti nei quattro angoli dell’atrio medesimo venivano oscurati dalla magnifica lanterna elettrica opera del chiaro Padre Miozzi della Compagnia di Gesù, la quale diffondendo un oceano di luce indorava a mo’ dell’astro maggiore della natura il grandioso edifizio non che le stanze del Reale Alloggiamento [Giornale del Regno delle due Sicilie, 22 gennaio 1859, n.16, p.1 e 26 gennaio 1859, n. 19].
Fu considerato come una rivoluzione scientifica e il 25 gennaio 1860 il Miozzi fu convocato presso la regia corte in Napoli per una missione “scientifico-elettrica”. A Marzo Miozzi esibirà i suoi esperimenti che furono accolti con entusiasmo tanto da ipotizzare la realizzazione di 22 fari elettrici alimentati dalle Pile Bunsen per l’illuminazione cittadina delle coste del Regno Napoli.
Cfr : “La Civiltà Cattolica, anno 139, Vol III, Quaderno 3313, 2 luglio 1988, pag 253”
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Sempre al padre Nicola Miozzi si deve anche l’uso del piccolo telegrafo elettrico del Laboratorio di Fisica del Collegio per segnalare da Campi l’arrivo del corteo regale, come racconta Nicola Bernardini nella sua descrizione del viaggio del Re [N. BERNARDINI, Ferdinando II a Lecce (14-27 gennaio 1859), Tipografia Cooperativa, Lecce, 1895]
La imminente invasione garibaldina e savoiarda cancellerà lo sviluppo, l’imprenditoria e l’ingegno di tutte le forze meridionali; questa del Miozzi non fu esclusa. Garibaldi quando giunse a Napoli l’11 settembre, decretò l’espulsione dei gesuiti dal Regno.
Miozzi fu costretto all’esilio a Tolosa; qui insegnò filosofia, diritto e lingua ebraica. Morì il 9 Ottobre del 1872.
Qui di seguito le pagine de “La Civiltà Cattolica”, del 2 luglio 1988, in cui si ricorda che per l’evento dell’arrivo di re Ferdinando II a Lecce del gennaio 1859, i numerosi fanali a gas che illuminavano il cortile del palazzo della prefettura, furono accesi con le lanterne elettriche
Nicola Bernanrdini esperimento elettrico in onore dell’arrivo di re Ferdinando II a Lecce (14-27 gennaio 1859)
All’inbrunire, l’atrio dell’Intendenza fu illuminato dai fanali situati nei ventotto archi e da quatro candelabri con altri otto fanali eretti agli angoli dell’atrio. Ma la novità di questa illuminazione fu una lampada a luce elettrica, una pila Bunsen, situata nel centro del cortile, che fu costruita per l’occasione dal gesuita padre Nicola Miozzi.
Finita la presentazione dell’esperimento del Miozzi, il corteo Reale si recò presso il teatro; qui il pubblico gridava “viva il re”; ma nonostante le acclamazioni festanti, anche in teatro re Ferdinando aveva sentito forti brividi di freddo. La stessa sera ebbe luogo una sontuosa cena presso l’Intendenza a cui presero parte le principali autorià. Dopo tutti asistettero all’accensione di fuochi artificiali che chiusero i festeggiamenti della giornata.
La partenza per Bari era prevista per il mattino successivo, ma durante la notte Ferdinando fu irrequieto e si preferì sospendere la partenza. Sabato 15 gennaio 1859 fu visitato dal medico Giuseppe Leone (benchè di idee liberali), il quale opinò che il Re non dovesse assolutamente rimettersi in viaggio. Quel giorno e il successivo furono sospesi i ricevimenti, nonostante da ogni punto giungessero sindaci e rappresentanze; e al re fu fatto un “salasso” come era consuetudine dell’epoca.
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