In Napoli si stampa un giornale, che si chiama l’Avvenire; ed ha giustamente assunto questo titolo perchè, informato siccom’è dallo spirito maniaco d’oggi giorno sospira a una condizione di cose, che, la Dio mercè, rimarrà sempre avvenire;come il domani del trattore, che prometteva agli avventori credenza.
In Napoli si stampa un giornale, che si chiama l’Avvenire; ed ha giustamente assunto questo titolo perchè, informato siccom’è dallo spirito maniaco d’oggi giorno sospira a una condizione di cose, che, la Dio mercè, rimarrà sempre avvenire;come il domani del trattore, che prometteva agli avventori credenza. Or dovete sapere che il prelodato giornale ci vuole a noi poveri romani, un ben dell’anima, e ci desidera le più scapestrate felicità che si possano imaginare.
con il contributo di Argentino T. D’Arpino Prefazione di Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro Edizioni Kirke, Cerchio – Avezzano (AQ) Pagg. 202, formato 15 X 21
Ne pubblico la copertina e il sunto, tratto dalla quarta di copertina.
Nella Prefazione, Carlo di Borbone ricorda come i medesimi autori nel 2000 avevano dato alle stampe “Testimoni di pietra, storia del confine tra Regno delle Due Sicilie e Stato Pontificio”, in cui sono censite le colonnette in pietra che segnavano il confine fra i due Stati.
Gli stessi ora pubblicano quest’altra originale ricerca, che susciterà non poco interesse negli studiosi di Storia, specialmente economica, nonché fra gli studiosi dei paesi di confine, fra cui erano Arce, Ceprano, Falvaterra, San Giovanni Incarico, ecc. ecc.
Ricordo che il territorio delle odierne province di Frosinone e Latina era diviso fra i due Stati preunitari.
Arce (Frosinone) 27 maggio 1849 Nicola Grossi (mio trisavolo) si scontra con Garibaldi
Nel maggio del 1849, Garibaldi, proveniente dalla Repubblica romana, alla testa di quattromila uomini, portò un attacco al Regno delle Due Sicilie.
Sul confine, in prossimità della dogana di Collenoci, trovò schierati, capeggiati da Nicola Grossi, cento arcesi della Guardia Urbana, i quali, dopo una breve scaramuccia, vista la preponderanza delle forze nemiche, preferirono battere in ritirata.
Nicola Grossi riparò ad Atina, da dove inviò all’Intendente di Caserta un dettagliato rapporto sull’accaduto, che ho rinvenuto nell’Archivio di Stato di quella città e pubblicato, insieme con altri documenti sulla vicenda, nel secondo volume della mia monografia su Arce, da cui è tratta la foto del Grossi.
La sera dello stesso giorno Garibaldi lasciò Arce perché richiamato da Mazzini a Roma.
L’iscrizione che vedete nella foto, da me dettata, è stata posta a dimora dall’ing. Marco Marrocco, che ha trasformato la casa di Nicola Grossi in un accogliente B&B denominato “Palazzo Tronconi”.
Nello stesso Palazzo, come ricorda un’altra lapide, il 22 novembre 1798 fu ospitato Ferdinando IV di Borbone.
I borbonici sanno ora dove poter venire “in pellegrinaggio”, come fece il Comandante Giovanni Salemi.
Che Roccadarce fosse stata abitata fin da tempi lontanissimi non ci sono dubbi, tutto ciò è suffragato da testimonianze archeologiche risalenti all’età del ferro, probabilmente perché Roccadarce era situata in una zona centrale nella Valle del Liri, ricca di falde acquifere e di cacciagione. Nella costruzione della strada che da Roccadarce raggiunge il cimitero, vennero ritrovati reperti di ceramiche incise e decorate con scene casalinghe.