Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Pastiera: origini di una golosità 

Posted by on Mar 29, 2024

Pastiera: origini di una golosità 

A Napule regnava Ferdinando
ca passava e’ jurnate zompettiando;

Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,
steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa,
o’ musso luongo, nun redeva maje,
comm’avess passate tanta guaje.

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FRANCO JAVARONE UN SARTO CHE DIVENTA UN GIGANTE DEL TEATRO E DELLA RECITAZIONE

Posted by on Mar 2, 2024

FRANCO JAVARONE UN SARTO CHE DIVENTA UN GIGANTE DEL TEATRO E DELLA RECITAZIONE

Grazie all’invito di Carlo Faiello, che ringrazio, ho avuto l’onore e il piacere di presenziare al compleanno di Franco Javarone festeggiato al Domus Ars davanti ad una sala piena di amici, in tanti sono rimasti in piedi, che hanno reso omaggio all’attore napoletano che per un ora ha parlato, con brevi intermezzi teatrali, della sua vita e di come s’è ritrovato a fare teatro. Javarone era un giovane sarto che come spesso accade nella vita, quasi che fosse un mandato divino, si ritrova ad esercitare un mestiere che amava ma che non immaginava di fare, il “teatro”, e con grande ironia e sorriso, è lui che ci ha fatto un bel regalo e non il contrario, ci ha donanto dei momenti di vita e di grande umanità. Una carriera lunga quella di Franco Javarone vissuta in tutti i teatri del pianeta come nel cinema, lavorando con giganti quali Eduardo, Roberto De Simone, Annibale Ruccello e Federico Fellini, i primi che mi vengono in mente, e anche con altri importanti esponenti teatrali come Giorgio Streler, secondo il mio modesto parere non all’altezza dei precedenti come anche lui stesso affermava, raccontando aneddoti ed episodi divertenti che ha messo, altresì, in evidenza il livello di considerazione che i suddetti giganti avevano di lui considerandolo al loro stesso livello. La bellezza della serata oltre a quello di aver scoperto l’uomo che c’è dietro l’attore, è stato anche quello di avere ascoltato dei brevi monologhi teatrali che hanno incantato e zittito noi presenti anche se personalmente mi sarei aspettato almeno un monologo il lingua napoletana che Franco Javarone conosce a menadito che espone con una originale musicalità. Mentre ascoltavo l’attore napoletano mi veniva in mente che se opere e lavori artistici importanti mondiali possono essere tradotte ed esibite in napoletano, come ad esempio La Tempesta di Shakespeare tradotta e messa in scena da Eduardo o i Sonetti, sempre di Shakespeare, cantati in napoletano da Gianni Lamagna, che spesso sono migliori dell’originale, tradurre in altra lingua le opere napoletane è quasi impossibile e quando lo si fa sono mediocri o finiscono nel dimenticatoio, ci pensate una Gatta Cenerentola in Inglese, in Francese o in tedesco? per chi volesse rivivere la serata di Franco Javarone vi invito a vedere il video di seguito

Claudio Saltarelli

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PIERO RICCI CON LA SUA PICCOLA ORCHESTRA ECLETNICA SBARCA NELLA CAPITALE, NAPOLI

Posted by on Feb 5, 2024

PIERO RICCI CON LA SUA PICCOLA ORCHESTRA ECLETNICA SBARCA NELLA CAPITALE, NAPOLI

La visione “visionaria” di Piero Ricci di creare un’orchestra con al centro la zampogna e il resto gli gira attorno, doveva prima o poi arrivare a Napoli, una volta Capitale politica ed oggi solo musicale, che ha sempre avuto un rapporto molto stretto ed intimo con lo strumento di nostro Signore che in passato ha portato Paisiello a scrivere una sinfonia per Zampogna per volontà S.A.R. Ferdinando IV di Borbone, ancora oggi quando gli zampognari durante le feste di Natale suonano per la città si vedono napoletani che si fanno il segno della croce nell’ascoltarli. Questo importante evento è accaduto il 28 dicembre 2023 presso LA CHIESA DELLA ASCENSIONE A CHIAIA ospiti di Don Giuseppe Carmelo organizzato dal Centro Culturale Popolare nello storico quartiere napoletano a pochi passi dalla casa dove è nato Peppino De Filippo

Quartiere di Chiaia a Napoli è un quartiere di “transizione” nato nella Napoli Ispanica, sviluppato dai Borbone per diventare il quartier generale della neo borghesia napoletana post unitaria quando la città è divenuta capoluogo di provincia da Capitale di antico Regno. Una città che non è diventata provinciale perchè secoli di aristocraticità non si cancellano in pochi anni ma ha contribuito a far nascere gli italiani nati a napoli che ha visto la sua culla proprio al quartiere di Chiaia per poi trasferirsi al Vomero. Quartiere che ancora oggi si mescola con il borgo dei pescatori che non gli ha fatto smarrire del tutto il senso di aristocraticità dove s’è esibita l’arte della “belle epoque” di fine ottocento che ha scritto pagine importanti della cultura planetaria, anche in questo caso Napoli è capitale della cultura. Palcoscenico dove residievano i nuovi ricchi che si atteggiavano a nobili, partoriti dal neo nato Regno d’Italia in salsa Savoia, che per la loro goffaggine a Napoli chiamano “le meze cazette” i nostri cafoni arricchiti per intenderci, derisi e ben rappresentati dal Teatro di Scarpetta che li aveva la residenza e che pensava di sostiure Pulcinella con “Felice Sosciammocca” fallendo clamorosamente, ma a cui bisogna riconoscergli di avere inventato un nuovo teatro divenendo il ponte tra la commedia dell’arte e quello del figlio Eduardo che ha creato una forma teatrale unica ed irripetibile che ancora oggi nessuno riesce a scavalcare nella letteratura come nella recitazione.

Spesso ho seguito i ragazzi di Piero nei loro vari concerti ma questa volta si percepiva e si respirava un’aria diversa con gli artisti che avevano intuito di stare a suonare in un luogo particolare davanti ad un pubblico che in tutto i suoi componenti è stato attento dalla prima all’ultima nota immerso nel “silenzio cantatore” che se non hai le spalle larghe ti fa tremare le gambe facendoti fare brutta figura cosa che non è accaduto per la bravura e la concentrazione degli artisti molisani ponendosi sullo stesso piano dei presenti. Non poteva mancare aimè, la solita giustificazione da parte di chi ha accolto, sempre con la consueta dolcezza e gioia, di non conoscere bene il Molise cosa a cui non avremmo assistito nel centro storico cuore pulsante dell’aristocraticità napoletana, eppure il Molise si trova al centro del mediterraneo crocevia dei popoli italici (in primis i Sanniti) e pre italiaci, dove ci sono testimonianze della civiltà umana uniche e dove nasce, come in tutto il Regno, prima il mito e poi la storia, se andate al museo paelolitico di Isernia e capirete perchè. A Pietrabbondante si rimane incantati dal sito archeologico Sannita con il teatro dove ci sono sedute ergonomiche che non so se si trovano in altri luoghi e se vi spostate al sito archeologico di Sepino vi sembra di salire sulla macchina del tempo che vi porta indietro di 2000 anni. Il Molise terra di grandissima spirtitualità e aristocraticità cattolica, ad Agnone costruiscono da secoli campane che vanno in giro per il mondo, che trovi in ogni angolo della regione che ha dato i natali a Celestino V, ma anche ad illustri pensatori come Vincenzo Cuoco, come a grandi politici come Nicola Santangelo e a Vincenzo Tiberio che si può considerare il padre della pennicillina. Il Tratturo è una delle opere pubbliche più importanti della storia costruito per volontà degli Aragonesi quando sedevano sul trono di Napoli e disseminati per tutto il territorio troviamo Castelli di qualsiasi epoca come quello di Monteroduni che per secoli è stato dimora dei Principi Pignatelli. Il Laborino Filippo Cirelli ha scritto, incompiuta per prematura scomparsa, una importante opera sul Molise che ci fa capire l’importanza e la grandezza della Regione e di cui, purtroppo, ne sono poco consapevoli proprio i molisani che inquinati dal provincialismo sono i primi loro a giustificarsi della loro provenienza ignorando che quando vanno in giro per il mondo lo fanno sulle spalle di un gigante. Sono ampiamenti perdonati perchè è caduta sulle loro teste una “damnatio memoria” terribile e costruita scientificamente, come per tutte le regioni dell’ex Regno, e la maledizione biblica di Cesare Abba ” meritereste che su di voi non venisse più né pioggia né rugiada, fin che durerà la memoria dei nostri, ingannati e messi in caccia e uccisi pei vostri campi e pei vostri boschi!… “con l’intento di cancellare la Storia del Molise inserita nel Regno di Napoli, per comprendere bene la lombrosiana operazione basta rileggersi Milan Kundera. Se il disegno è quasi fallito lo dobbiamo anche Piero Ricci prezioso e aristocratico artista, ‘O Zampugnaro d’O RRE, come il virtuoso Tartufo Bianco molisano che tutti vogliono per le sue carattestiche uniche e poco valorizzato dalla classe dirigente colonizzata dall’Unità, che con la sua musica fa conoscere l’essenza, l’entità della sua gente e della sua terra come è accaduto a Napoli in quella magica sera del 28 dicembre dove tutti i presenti alla fine hanno compreso cosa è il Molise grazie alla Piccola Orchestra Ecletnica, di seguito il video integrale

Claudio Saltarelli

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