Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

L’OSPEDALE DEGLI INCURABILI, PATRIMONIO UNESCO

Posted by on Apr 16, 2019

L’OSPEDALE DEGLI INCURABILI, PATRIMONIO UNESCO

Quando la bellezza aiutava a curare il corpo e lo spirito

Prima di perdere la sua indipendenza e il titolo di capitale, Napoli eccelleva in molti ambiti; quello della medicina non era certo il minore.
È a circa 50 chilometri dalla città partenopea, a Salerno, che nel X secolo i medici cominciarono ad acquistare una fama internazionale. Punto di convergenza delle quattro tradizioni più prestigiose dell’epoca, giudaica, araba, greca e latina, Salerno vide nascere la prima scuola di medicina d’Europa, una istituzione in cui le donne occupavano un posto di primo piano: elaboravano rimedi e terapie, facevano operazioni chirurgiche complesse. Nel giardino di Minerva, in cui venivano coltivate le erbe medicinali, risuonano ancora i loro nomi: Trotula, Speranzella Calenda, Costanza Calenda, Rebecca Guarna, Abella…
Quanto ai medici napoletani, già imbevuti di tutte queste correnti medico-filosofiche, non si fermarono e nel XII secolo avviarono una tradizione secolare destinata a diventare il fiore all’occhiello del regno a partire dal XVI sec.
Nel XVII sec. Napoli disponeva di 150 istituzioni ospedaliere, tutte fondate e gestite da ordini religiosi o da confraternite. Queste ultime facevano riferimento agli artisti e artigiani più famosi per decorare con dipinti le pitture, sculture e maioliche ogni minimo spazio dei loro edifici. I chiostri erano abbelliti da piante e alberi profumati e decorativi, oltre alle piante medicinali che servivano ai farmaci preparati sul posto. Tutte queste meraviglie artistiche e naturali non servivano soltanto ad onorare Dio o la Vergine, ma a rallegrare l’animo del personale medico e a mitigare la sofferenza dei pazienti, poiché, secondo la filosofia napoletana, la bellezza è terapeutica. Anche i muri del lazzaretto dell’Ospedale della Pace, situato in pieno centro città, erano ricoperti di magnifici affreschi (è ancora in buono stato di conservazione ed è possibile visitarlo su appuntamento – vedi ‘Napoli insolita e segreta, ed. Jonglez, 2014/17).
Autentici templi della carità, questi ospedali accoglievano non solo i malati ma anche i diseredati: si aiutavano i meritevoli a risollevarsi in caso di fallimento non fraudolento, si pagava il riscatto di prigionieri di guerra, si assistevano i condannati a morte o si tentava di ottenere per loro la grazia se erano innocenti, si pagavano i funerali dei più poveri…Gli orfani, i bambini abbandonati o bisognosi erano assistiti fin dalla nascita e ricevevano una buona educazione. Insomma, queste istituzioni si occupavano dell’essere umano dalla nascita alla morte.
Ancora oggi, l’arciconfraternita dei Pellegrini, ormai priva del suo omonimo ospedale dagli anni ‘70, provvede ai bisogni di 300 famiglie indigenti, e assicura cure gratuite ai poveri in un dispensario poliambulatoriale.

L’Ospedale “Santa Maria del Popolo degli Incurabili” via Maria Longo 50 (ancora funzionante), era considerato il non plus ultra della medicina dell’epoca. Inaugurato nel 1518, dopo 2 soli anni di lavori, fu costruito su una collina rocciosa, Caponapoli, luogo famoso per la salubrità dell’aria.
Vera e propria cittadella, “Gli Incurabili” divennero uno dei complessi ospedalieri più importanti e moderni d’Europa. Fin dalla sua apertura, poteva accogliere 1.600 pazienti, aveva quattro chiese monumentali, un laboratorio-officina, parecchie farmacie, e anche un servizio di interpretariato per i numerosi stranieri che venivano a farsi curare, e perfino un proprio macello . Fu poi fondata una scuola di medicina sperimentale provvista di un anfiteatro per le lezioni di anatomia e la pratica della chirurgia su cadaveri.

A questa struttura già imponente, si aggiunsero alcune case di riposo, quella di Torre del Greco, situata ai piedi del Vesuvio, riservata ai pazienti affetti da patologie polmonari, e quella per i malati bisognosi di una cura termale, costruita alle porte della città, ad Agnano, luogo noto fin dall’Antichità per la qualità delle sue terme.

Le donne
Fondato da una donna, Maria Lorenza Longo, l’ospedale degli Incurabili, come numerose altre opere di assistenza e di carità che caratterizzavano all’epoca Napoli, aveva come prima vocazione la salute delle donne, qualunque fosse la loro condizione sociale, la loro moralità, l’età, la nazionalità.
Una volta ristabilite, se lo desideravano, potevano rimanere nell’istituzione, che le prendeva interamente a suo carico. Le donne incinte venivano ricoverate, con il loro eventuale accompagnatore, in un servizio specializzato chiamato ‘la casa delle partorienti’. Qui si preparavano le madri e i padri alla nascita del bambino; e questo compito era svolto da ostetriche formate nella scuola dello stesso ospedale, un primato assoluto in Europa. Gli orfani (anche solo di padre) o i bambini di madri nubili erano assistiti fino all’età adulta e beneficiavano di una formazione.

Nel XVIII secolo, quando fu ampliata la Farmacia, splendente per la bellezza delle sue decorazioni, con le sue boiseries, sculture, dorature e ceramiche policrome, si volle rendere omaggio alle donne e alla medicina con due sculture in bronzo dorato che raffigurano due uteri, uno vergine e l’altro contenente un bambino, una decisione tanto più sorprendente se si pensa che a decidere erano degli ecclesiastici.

Nell’ospedale degli Incurabili, come in tutti i 150 ospedali napoletani, le donne, anche in buona salute, non erano mai abbandonate: vedove senza risorse o rimaste senza marito, donne maltrattate o nubili, prostitute o figlie di prostitute, tutte erano accolte ed aiutate. Le giovinette ricevevano una buona educazione, e se desideravano maritarsi, veniva loro donata una dote.

I malati

La vocazione di questo complesso era anche quella di accogliere pazienti affetti da malattie croniche che altri ospedali rifiutavano, da cui il nome di ‘Incurabili’, nome che non era tuttavia sinonimo di ‘inguaribili’. Di contro, i malati affetti da malattie mortali e molto contagiose come la lebbra, per esempio, erano mandati nei lazzaretti. Non venivano nemmeno accettai pazienti che lamentavano mali minori.

Un’altra specificità di questo ospedale era il servizio di psichiatria; esso divideva i malati in tre categorie : i maniaci, i malinconici e i ‘taciturni’, per poter fornire loro cure personalizzate. La musica e piccoli lavori (distribuzione dei pasti, trasporto dell’acqua, ecc.) facevano parte delle terapie applicate dagli psichiatri ante litteram napoletani. Inoltre, una volta l’anno, in occasione del Carnevale, i malati di mente non violenti erano autorizzati ad uscire sotto sorveglianza, e potevano anche andare a ballare nelle sale del palazzo reale aperto a tutti durante queste festività.
La grande varietà di patologie trattate, valse a questo immenso complesso d’avanguardia la qualifica di ‘Museo di tutta la Medicina’.

Complesso dell’ospedale degli Incurabili: ingresso della Farmacia e chiesa di Santa Maria del Popolo.

I malati erano sottoposti ad una visita di accettazione, per poter poi essere mandati nel reparto idoneo, cosa che costituiva il primo esempio di ‘triangolo ospedaliero’, organizzazione degna di una struttura moderna.
Il tasso di mortalità dei pazienti era basso, molto inferiore a quello registrato all’Hotel Dieu di Parigi, per esempio. Questo primato era dovuto al fatto che si inviavano in altri ospedali i pazienti che avevano bisogno di un intervento chirurgico, cosa che limitava la propagazione di microbi.

Il funzionamento

Possiamo agevolmente immaginare che una siffatta struttura impiegasse moltissimo personale che non solo era remunerato, ma beneficiava anche di vitto, alloggio e servizio di lavanderia. A queste spese di per sé esorbitanti, si aggiungeva l’enorme costo dell’assistenza ai poveri. Si trovò quindi un sistema di auto-finanziamento istituendo il Banco di Santa Maria del Popolo. I “Banchi”, equivalenti ai monti di pietà, erano istituzioni finanziarie, emanazione di corporazioni laiche operanti nel settore della carità pubblica, dell’assistenza e del credito a favore delle classi povere. Molto legate alla storia di Napoli, esistevano già da qualche centinaia di anni al momento della fondazione degli Incurabili.

Oltre al personale stipendiato, diverse associazioni caritatevoli davano il loro contributo, ciascuna in un giorno prestabilito: il lunedì, i padri operai restavano al capezzale dei moribondi o si occupavano dei morti. Il martedì le dame di famiglie nobili distribuivano i pasti…

Il corpo medico e la Scuola Medica Napoletana

I medici, ciascuno con la propria specializzazione, non erano sottoposti a nessuna forma di gerarchia, poiché ciascuno poteva decidere liberamente quale terapia applicare; non consultava nessun collega se non lo desiderava. I praticanti (così come il personale curante) erano presenti 24 ore su 24, poiché erano formati e alloggiavano presso il complesso ospedaliero. Esso ospitava infatti una prestigiosa scuola di medicina, che selezionava con rigore candidati provenienti da tutte le province del regno, attenendosi alla regola del numero chiuso. Gli studenti, alloggiati sul posto come nei campus universitari moderni, beneficiavano di corsi teorici, di anatomia applicata e di pratica con i malati, un metodo di formazione che rese famosa la Scuola napoletana di medicina.

In questo ospedale si praticarono le prime anestesie, il parto cesareo e furono applicati i primi cateteri, senza contare l’invenzione di molti strumenti chirurgici molto originali fabbricati da artigiani locali.
Questi oggetti sono oggi esposti nel museo dell’ospedale (museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina e della chirurgia), che si può visitare su appuntamento.

Questa scuola smise di esistere dopo l’invasione dell’esercito piemontese che portò all’annessione del Regno delle Due Sicilie. Un altro colpo mortale fu assestato agli Incurabili da un incendio durante il quale andarono in fumo preziosi volumi contenenti un tassello inestimabile della storia della medicina occidentale.

I medici degli Incurabili hanno fondato un’associazione, ‘Il Faro di Ippocrate’ che ha come obiettivo la valorizzazione di questo prezioso patrimonio. Tutti i sabato, si dedicano a turno al compito di far da guida ai visitatori (per appuntamento : http://www.ilfarodippocrate.it)

Maria Franchini

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EVENTO FRA DIAVOLO AGLI “INCURABILI”

Posted by on Nov 8, 2018

EVENTO FRA DIAVOLO AGLI “INCURABILI”

L’11 novembre 2018, nello storico Ospedale napoletano di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, sarà commemorato Michele Pezza, alias Fra Diavolo, ivi sepolto nella chiesa sita nel cortile dello stresso complesso ospedaliero. L’eccezionalità dell’evento sta nel fatto che tale rievocazione si terrà per la prima volta in assoluto, a duecentododici anni dalla sua morte, proprio dove i Bianchi della Giustizia, che all’epoca assistevano i condannati a morte, ne trasportarono il corpo dopo l’esecuzione. L’ispiratore di tale avvenimento è il professor Erminio de Biase che accarezzò l’idea già nel 2006, bicentenario della morte di Fra Diavolo. Per dodici anni, egli ha coltivato questo proposito costantemente, tenacemente, senza mai abbandonare le speranze di poterlo realizzare. Ovviamente, però, esso è stato reso possibile solo grazie alla gentile disponibilità del dottor Gennaro Rispoli, un vero appassionato di Storia Patria, oltre che creatore ed animatore del Museo delle Arti Sanitarie, ed al suo “braccio destro”, la dinamica ed impareggiabile Carmen Caccioppoli che ha indirizzato e seguito, passo, passo, l’organizzazione pratica dell’evento. Nell’occasione, chi verrà ad assistere all’incontro, avrà anche la possibilità di visitare o di prenotare una visita ai luoghi storici (Museo delle Arti Sanitarie a parte) che fanno dell’Ospedale degli Incurabili un luogo, nel suo genere, unico a Napoli, un luogo in cui arte e scienza si incontrano e si fondono l’una nell’altra: dalla famosa Farmacia storica, alla Cappella dei Bianchi della Giustizia, alle sale dedicate a San Giuseppe Moscati… angoli pregni di Storia, di Storia Napoletana che si irradia dalla magica collina di Caponapoli.

Riferimenti Geografici

 

 

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CON FERDINANDO IV DI BORBONE EMILIO GIN SMONTA BENEDETTO CROCE

Posted by on Gen 22, 2024

CON FERDINANDO IV DI BORBONE EMILIO GIN SMONTA BENEDETTO CROCE

La storia Patria Italiana, soprattutto per i primi 80 anni dopo il 1860, si fonda sugli studi e sulle tesi di Benedetto Croce che ha speso una vita a studiare la Storia con immense ricerche sul Regno di Napoli fin dagli albori, dal suo punto di vista ovviamente. Un liberale italiano quindi fazioso e anticattolico utilizzando i monumentali studi,questo è un gran merito, per far passare e rafforzare le opinioni personali che denigravano e in alcuni casi ridicolizzavano, la grande storia di un Regno che ha contribuito a scrivere, da protagonista, la storia universale. Il bersaglio preferito di Benedetto Croce, ricordo che aveva legame parentale molto stretto con Silvio Spaventa suo zio e tutore, sono sempre stati i Borbone di Napoli pur riconoscendo, alla fine della sua vita, che forse nel Regno delle Due Sicilie le cose non andavano così male, comportamento simile lo ha avuto anche Giuseppe Galasso. Grazie alla sua volontà sono stati rimessi al centro della storia italiana i protagonisti della Repubblica Napoletana che la storiografia risorgimentale voleva cancellare perché  ritenuta una vergogna che macchiava la retorica nazionale basata sulla cacciata delle straniero mentre i repubblichini da operetta napoletani nella loro vicenda, che è durata poche settimane, aiutarono lo straniero francese ad invadere la Patria Napolitana, ricordo solamente quello che fecero a Castel San’Elmo o agli Incurabili, come ricordo che un altro padre della patria come Mazzini li ha condannati in un suo saggio. Ferdinando IV lo ha fatto passare sempre come un incapace dedito solo ai piaceri della vita e se qualcosa è stato fatto di buono il merito è della Regina Maria Carolina, teoria che ha dettato le linee guide alla storiografia italiana che ancora oggi è condizionata dai suoi studi e che la rendono provinciale e antistorica.

In contrapposizione alle teorie del Croce e della vulgata dominate, c’è una vastissima saggistica figlia di accurate ricerche d’archivio e bibliografiche che viene prodotta con onestà intellettuale e professionalità da studiosi non accademici, ma semplici appassionati dalla comprovata bravura e specchiata onestà che da decenni lavorano e studiano nell’oscurità riuscendo a ritagliarsi degli spazi nella palude della storiografia ufficiale.

Da qualche anno, però, anche il mondo accademico comincia a porsi qualche domanda e ci sono professori che sentono la necessità di distinguersi dai prezzolati che dominano l’Università Italiana dando un contributo importante al ripristino di verità storiche che come abbiamo visto sono state cancellate o modificate, fornendo un contributo di altissimo livello inattaccabili sotto tutti i punti vista, mettendo in imbarazzo la vulgata dominante e la narrazione ufficiale. Un docente universitario che grazie alla sua capacità e alla sua onestà intellettuale che considero un principe della ricerca storica scientifica, è certamente Emilio Gin Professore all’Università degli studi di Salerno che da sempre rivolge i suoi studi sulla storia che va dal XVIII secolo fino al risorgimento e che personalmente ho molto apprezzato nel suo primo lavoro “Santa Fede e congiura antigiacobina” scritto nel 1999 dove si parla delle insorgenze nel Regno evidenziando quella che operava nella città di Napoli molto attiva e tenace. Il suo ultimo lavoro che definisco un capolavoro, è “Ferdinando IV di Borbone” (il regno di napoli e il grande gioco del mediterraneo) edito da Rubettino dove emerge il “Re dei Lazzaroni” in una forma e in una essenza completamente diversa da quella che la vulgata dominante fa apparire da decenni mettendo in discussione le tesi di Benedetto Croce. La politica estera dei Borbone di Napoli fin dall’inizio con Carlo è sempre stata impostata sulla ricerca della neutralità con l’ambizione di far diventare il Regno di Napoli una media potenza nella consapevolezza che non era possibile affiancarsi alle potenze Imperiali dell’epoca, cosa che aveva anche capito per il neonato Regno di Italia Giolitti quando era al potere.

Carlo quando divenne III di Spagna e nonostante lasciò scritto sull’obelisco di Bitonto

“CAROLO HISPANIARUM INFANTI
NEAPOLITANORUM ET SICULORUM REGI
PARMENSIUM PLACENTINORUM CASTRENSIUM DUCI
MAGNO AETRUSCORUM PRINCIPI
QUOD HISPANICI EXERCITUS IMPERATOR
GERMANOS DELEVERIT
ITALICAM LIBERTATEM FUNDAVERIT
APPULI CALABRIQUE SIGNUM
EXTULERUNT”     

non accettò mai che Napoli potesse emanciparsi dalla tenaglia Borbonica ed Asburgica che in quel secolo dominava in Europa continentale e ostacolò sempre suo figlio Ferdinando, divenuto Re di Napoli quando lui divenne Re di Spagna, che invece voleva rendere il suo Regno autonomo ed indipendente e non una costola dei Borbone di Spagna e Francia.

Emilio Gin grazie ai suoi studi che so iniziati anni fa, ci fa conoscere un Ferdinando IV con una grande capacità di statista che sapeva muoversi nello scacchiere internazionale dell’epoca con intelligenza e pazienza senza mai perdere la fiducia verso la sua visione nonostante i continui rifiuti di suo padre Carlo di dargli una legittimità internazionale. Aveva capito che tutto passava per il mare e fin dall’inizio concentrò i suoi sforzi politici ed economici alla creazione di una flotta che se non poteva competere con le potenze straniere, in Italia primeggiò e riuscì a far diventare il suo Regno neutrale e una media potenza. Grazie all’importazione del ferro utile per la costruzione della sua flotta, riuscì a strappare il primo e tanto sudato trattato internazionale con la Russia e Gin, grazie al suo lavoro, ci fa comprendere perché il Regno fu la prima nazione che legittimò la Repubblica Francese nata dopo il 1789. Grazie altresì a questi studi, posso affermare che con Ferdinando IV nascono i Borbone di Napoli che si emangipano dalla subalternità in cui Carlo III voleva lasciarli nel periodo in cui i nazionalismi si consolidarono, con una posizione nella geopolita autonoma e indipendente che durerà fino alla sua fine essendone la causa, per questo possiamo dire con orgoglio che il Regno è terminato con Onore e Dignità. I suoi rapporti con Tanucci e Acton sono descritti all’opposto di come noi li abbiamo conosciuti fino ad ora, grazie sempre dal “Croce Nazionale” e soprattutto la collaborazione con il cattolico Acton erano improntanti su il rispetto e fiducia reciproca. Sulla Regina Maria Carolina grazie alle ricerche di Emilio Gin, abbiamo scoperto che mai ha avuto un ruolo importante nella vita politica del Regno rappresentando per Ferdinando IV solo un affare di Stato, che ha gestito con grande capacità e pazienza anche quando dovette andare oltre la diffamazione dell’ambasciatore Spagnolo che cercava di screditarlo a livello internazionale strumentalizzando la vita extraconiugale dell’asburgica. La gestione dalla Sicilia sulle drammatiche vicende del 1799, l’ha sempre fatta in prima persona e tutte le decisione prese sono state solo sue come le scelte sulle capitolazioni dei tre castelli napoletani con Nelson che agiva sotto i suoi comandi tranne a Procida dove ebbe fretta di giustiziare i traditori giacobini procidani e non è un caso che non se ne parla mai perché inquinerebbe la retorica repubblichina.

Unico disaccordo che posso avere è sull’analisi dei giacobini come su i sanfedisti, perché ad Emilio Gin sfugge che per la prima volta nel Regno ci fu una drammatica spaccatura tra il popolo e la neonata liberal-borghesia e che gli atti di violenza, che in alcuni casi sfociò nella crudeltà come spesso accade nei fraticidi, era solo una reazione alle misfatte, ben peggiore degli insorgenti, dell’esercito invasore francese e dell’alto tradimento di cui si macchiarono i fiancheggiatori giacobini napolitani, un esempio sono i fatti di dell’Eccidio di Isola Liri del 12 maggio 1799. Sul testo posso solo dire che quando mi è arrivato tra le mani, anticipato da un’attesa pluriennale e tanto decantato, vedendolo di solo 140 ho pensato che non avrebbe soddisfatto le mie attese ma nel leggerlo sono rimasto folgorato dalla capacità di sintesi e comunicativa del docente salernitano, non comune negli accademici. L’impostazione non è crociana storicizzando i fatti, ma sono legati tra di loro con un’impostazione vichiana rendendo il libro fruibile a tutti e non rivolto ad un pubblico di nicchia, stile tipico di chi ha nella conoscenza e nella libertà la sua forza, di seguito alcune informazioni

Indice dei nomi 5 pag.

Fonti archivistiche e bibliografiche 10 pag.

Fonti per introduzioni 18 pag.

Con ricerche effettuate in italia e all’estero che fa capire la portata del lavoro e che apre, partendo da una posizione accademica quindi autorevole, un nuovo scenario sulla storia dei Borbone di Napoli e sull’ultimo secolo e mezzo di vita del Regno. C’è ancora da scrivere sul Ferdinando dopo il 1799 fino alla sua morte dove, secondo il mio modesto parere, “non ne azzeccò una”, come sui rapporti tra casa regnante e massoneria non sempre cristallini, Raimondo Rotondi ci indica la strada da seguire, su le due correnti politiche Ro-mo (rivoluzione o morte) a cui appartenevano gli asserragliati di Castel Sant’Elmo e Lo-mo (libertà o morte) più concilianti con la corte e sui i rapporti Stato e Chiesa nella piena ubriacatura illuminista di cui fu vittima tutta l’Europa nel ‘700 e di cui ancora oggi ne subiamo i nefasti effetti.

Claudio Saltarelli 

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