Posted by altaterradilavoro on Mag 21, 2025
Commemorare gli eroi della propria Nazione è un dovere sacro.
E, per di più, imprescindibile: perché o commemori i tuoi oppure, che tu lo voglia o meno, finirai col commemorare gli “eroi” di chi ti ha colonizzato.
(Lorenzo Piccolo)
Giuseppe Schiavone nacque a Sant’Agata di Puglia, nel cuore dei Monti Dauni, nel 1838. Soldato fedele al Regno delle Due Sicilie, quando il Sud fu invaso dai piemontesi nel 1860, scelse di non piegarsi. Abbandonò l’uniforme borbonica per guidare una banda armata che avrebbe difeso la propria terra dalla repressione del nuovo Stato.
Schiavone non fu un bandito, ma un combattente per giustizia. Con la sua banda operò tra Puglia, Basilicata e Campania, proteggendo i contadini, colpendo presidi militari e liberando prigionieri. I Monti Dauni divennero rifugio e base della resistenza meridionale. Collaborò anche con José Borjes, generale inviato da Francesco II di Borbone, nella speranza di ricostituire un fronte legittimista.
Catturato nel 1864 e condannato a morte a soli 26 anni, Schiavone morì da patriota. La sua storia fu cancellata, come quella di tanti altri eroi del Sud, per nascondere la violenza dell’unificazione.
Oggi, Giuseppe Schiavone è simbolo di un popolo che non volle mai essere conquistato.
Fonti:
G. Costanzo, Brigantaggio e repressione postunitaria
F. Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità
Archivio di Stato di Foggia
M. Isnenghi, I luoghi della memoria
fonte
https://www.facebook.com/profile.php?id=61574918372380
Read More
Posted by altaterradilavoro on Mag 21, 2025
E questo è Verdi che aveva visto il suo cognome diventare un acronimo per inneggiare a quel re che nessuno voleva (VERDI = Vittorio Emanuele Re D’Italia). Il nostro sbagliava solo su un punto: NON morirono di fame tutti gli abitanti della Penisola, ma SOLO i Meridionali. Edmondo De Amicis, autore dello stucchevole “Libro Cuore”, anche lui deluso andò ad iscriversi al partito socialista. Mentre Carducci si ritirò a vita privata.
Read More
Posted by altaterradilavoro on Mag 21, 2025
LIBRO X
Marcia a Salerno. — Entrata in Napoli
I.— Se pure Francesco II aveva un istante potuto sperare che la costituzione valesse a ricondurre nel Regno la tranquillità e la pace, gli avvenimenti sopraggiunsero tosto a trarlo dai sogni dorati e a dissipare ogni vana illusione. Invano la diplomazia esauriva i suoi sforzi a galvanizzare un cadavere per metà putrefatto: invano i Napoleonidi cospiravano colle tradizioni italiane a rassodare sul capo del giovine Re la pericolante corona di Ferdinando II. Ispirata alle idee di un secolo intieramente diverso dal nostro, la monarchia napoletana era condannata a sfasciarsi al primo urto dell’Italia risorta. Il trono di Francesco Il avrebbe abbisognato per reggersi che l’Austria fosse eternamente rimasta dominatrice della valle del Po ed avesse continuato colla sua mana di ferro a comprimere l’intera penisola. Gli Italiani non domandavano al governo di Napoli leggi o riforme: non era la libertà od il patto costituzionale, ma il dominio stesso dei Borboni che i tempi ed errori infiniti avevano reso impossibile.
Read More