Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Pagine di storia che non appartengono alla storia:Mazzini con il senno di poi di Elena Biachini Braglia

Posted by on Ott 5, 2022

Pagine di storia che non appartengono alla storia:Mazzini con il senno di poi di Elena Biachini Braglia

Introduzione
«Sto parlando col senno di poi, naturalmente, che in genere ha la tendenza a confermare conclusioni ovvie»
Raymond Carver

Che l’Italia, l’Europa e tutto il cosiddetto Occidente stiano vivendo oggi una profonda crisi è sotto gli occhi di tutti. Che la dissoluzione imperversi con una frenesia, una velocità senza precedenti, anche. Negli ultimissimi anni abbiamo assistito a una incredibile accelerazione del processo di disfacimento che ha raggiunto ogni settore, dalla politica alla religione, dall’economia alla vita quotidiana. Si sono persi tutti i punti di riferimento, si è smarrita ogni certezza. Quello che tuttavia non tutti vedono, è la radice di questa crisi. Spesso si tende erroneamente a relegare tutto al «qui ed ora», a questioni contingenti. In realtà c’è una radice, profonda e ben piantata in certi fatti e personaggi della nostra storia. Parlare di storia quando la crisi imperversa, quando la gente è sopraffatta dai problemi quotidiani, quando la guerra è alle porte, può sembrare un vano esercizio intellettuale, un inutile spreco di tempo e di energie. In realtà, senza capire l’origine di un problema diventa pressoché impossibile, non solo trovare una soluzione, ma anche gestire il problema stesso. Alcune pagine di storia non appartengono alla storia. Le conseguenze vive e cogenti di certi avvenimenti ci impediscono di relegarli semplicemente nella storia. Di considerarne lo studio e l’analisi un mero, per quanto nobile, esercizio intellettuale.

Fra gli avvenimenti che non possono essere definiti semplicemente storici in primis c’è il cosiddetto risorgimento. E i suoi protagonisti, per la medesima ragione, non possono essere definiti personaggi storici. Bisogna conoscerli, a fondo, in modo spesso molto diverso da come li abbiamo conosciuti a scuola, per comprendere ciò che accade ora.

Ha senso dunque parlare di Giuseppe Mazzini oggi, a centocinquanta anni dalla sua morte? Sì, ha senso, ma solo a una condizione. Che si abbandoni l’approccio agiografico che ha imperversato per decenni, che si lascino perdere le solite biografie, i racconti pomposi di fatti mitizzati, e lo si rilegga con il senno di poi. Già, il senno di poi. Quello di cui si dice «son piene le fosse», quello in cui tutti teoricamente sono bravi. Quello che rende fin troppo facile, scontato ogni giudizio. «Col senno di poi si è sempre saggi», scrive, tra i tanti, Edward Bunker. Bene, allora cerchiamo di non sprecare questa opportunità di saggezza. È lì, a portata di mano, ma bisogna coglierla. E non tutti lo fanno.

Il senno di poi, semplice e alla portata di tutti finché si vuole, richiede però un certo impegno e una buona dose di coraggio. Ammettere di aver sbagliato, o di esser stati ingannati è doloroso. Studiare la storia in modo diverso da come la insegna la vulgata è faticoso. Ed è faticoso anche andare a correggere eventuali errori commessi.

Tutto sommato, potrebbe risultare molto più comodo far finta di nulla, accettare le «idee già pensate da altri» di guareschiana memoria. Rinunciare infine a quel senno di poi che nasconde una doppia faccia, che alla fine è semplice sì, ma non semplicissimo, banale solo all’apparenza.

Ripensare a Mazzini con il senno di poi significa conoscere un personaggio molto diverso da come lo si era magari immaginato leggendo il suo nome su strade e piazze, o da come lo si ricordava dagli studi scolastici. Mazzini è un personaggio indifendibile, forse il peggiore fra i cosiddetti padri della patria. E non si tratta, si badi, di un giudizio sulla persona. La cosa, oltre che incauta – giacché a nessuno di noi è dato di conoscere l’animo umano, prerogativa di Dio – sarebbe anche inutile, visto che il nostro è morto e sepolto ormai da un secolo e mezzo. Si tratta semplicemente di conoscere le sue idee, le sue azioni e le loro conseguenze per poterci difendere dai loro effetti nefasti. E di effetti nefasti ce ne sono stati, ce ne sono e ce ne saranno, se non si pone rimedio.

Dal risorgimento stesso Mazzini esce sconfitto, dopo insurrezioni fallimentari, giovani morti per nulla, un terrorismo sfacciato che non piace neppure ai carbonari, ormai orientati ad abbandonare la strada della violenza per dedicarsi a quella, più subdola e lenta ma più sicura, della corruzione. Lo definiranno «un cospiratore da melodramma». È uno che parla troppo, che vuole sempre dire la sua, che vuole essere in primo piano – a meno che ovviamente non ci sia un pericolo, nel qual caso è meglio mandare avanti i giovani discepoli. Ha manie di protagonismo e una radicata tendenza a voler imporre ovunque e a qualsiasi costo le sue idee, anche le più utopiche. Il confronto con la realtà non lo scuote minimamente, l’unica realtà che riconosce è quella dentro la sua testa.

Mazzini non è simpatico nemmeno ai suoi, con quell’aria un po’ sepolcrale, lo sguardo sempre pensoso e cupo, la mania di «fare la rivoluzione da dietro la scrivania», come lo accusa Garibaldi. Durante gli anni del risorgimento viene lasciato in ombra, è uno sconfitto, è considerato scomodo, imbarazzante. Poi però, a partire dal giorno della sua morte, tutto cambia. Inizia la grande opera di costruzione del mito di Mazzini. Gli ambienti esoterici e massonici che lui amava frequentare procedono al rilancio della sua immagine, puntando tutto sull’eredità da lasciare all’Italia e al mondo intero. Un’eredità che non riguarda certo le sue imprese militari – inesistenti – o il suo contributo all’unità – pressoché inconsistente. Quello che interessa è il suo pensiero, o meglio il suo non-pensiero.

Quel caos che Mazzini ha in testa e che riversa nei suoi scritti, quel suo parlare continuamente di tutto e del contrario di tutto, appellarsi a Dio e poi negarlo, predicare Cristo e attaccare la Chiesa, invocare al contempo i doveri e la libertà incondizionata, celebrare l’Umanità con la U maiuscola e odiare l’uomo: tutto questo è perfettamente funzionale alla creazione di una nuova mentalità per una nuova società. Si tratta di un lungo lavoro a tappe di personaggi che si passano diligentemente il testimone. Non hanno fretta, l’importante è arrivare prima o poi, allo scopo. «Il lavoro che noi intraprenderemo non è l’opera di un giorno, né di un mese, né di un anno; può durare parecchi anni, forse un secolo; ma nei nostri ranghi il soldato muore e la battaglia continua», si legge nelle Istruzioni dell’Alta Vendita. Istruzioni che contengono in maniera sorprendente molti dettagli che oggi vediamo sotto i nostri occhi. E che collegate ad altri documenti, testimonianze e lettere secretate ci offrono infiniti spunti di riflessione. Col senno di poi, ovviamente.

I progetti sul lungo periodo di tutte le associazioni che Mazzini frequentava oggi si stanno realizzando, i suoi discepoli hanno continuato la sua opera, i suoi fedelissimi amici della famiglia Rosselli sono tra i fondatori della Fabian Society: tutto torna in maniera impressionante, riportandoci alla situazione di oggi. E sempre il famoso senno di poi ci viene in aiuto e ci suggerisce che non si tratta solamente di mere coincidenze. «Col senno di poi si è sempre saggi».

Elena Bianchini Braglia

1 Comment

  1. Leggendo il bellissimo articolo che analizza la storia messa in confronto col personaggio che la vulgata intellettualistica ha reso famoso, non si puo’ che condividere l’analisi profonda dell’Autrice!… Il personaggio e’ diventato un’icona per come ce l’hanno inculcato dai banchi della scuola… e forse i suoi scritti hanno generato su di lui un’ondata di adorazione/adulazione ed e’ diventato un caposaldo non della storia, ma per come ci viene ben illustrato, della retorica del pensiero risorgimentalista… Penso a come verra’ manipolata e inculcata in futuro la narrativa di quello che stiamo vivendo ora!… peccato che non ci saro’ piu’ per metterla a confronto con la realta’… L’analisi profonda della scrittrice questo mi porta a considerare! caterina ossi

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.