Pasolini Personaggio: un libro strano
Ogni anno escono, come minimo, una decina di titoli su Pier Paolo Pasolini, anche perché, diciamoci la verità, va di moda; è, per un giornalista, come stare sempre sul pezzo. L’ultimo libro di Gian Carlo Ferretti, dal titolo “Pasolini Personaggio”, edito da Interlinea nel 2021, non aggiunge nulla di più e di nuovo a quanto un lettore avvertito potesse già sapere sull’argomento.
Allora, scusatemi; spontaneamente sorge una canonica domanda: perché questo libro è stato scritto? Chissà, si potrebbe supporre che sia stato scritto perché l’Autore, conoscente di lunga data di Pier Paolo Pasolini, voglia rimuginare il passato, rievocare le comuni frequentazioni, pur sapendo che un punto finale, unanimemente condiviso dalla critica letteraria, non lo si troverà mai. Tuttavia, ormai che ci siamo, recensiamolo.
Pasolini, a gennaio 1950, abbandona Casarsa della Delizia, prendendo all’alba il treno per Roma assieme alla madre. Agli inizi, i due, vivranno di stenti, conducendo un’esistenza molto grama. «A Roma, dopo un periodo di lavori precari e di difficoltà economiche (comparsa a Cinecittà, correttore di bozze, insegnante in una scuola media parificata a Ciampino), le cose per Pasolini cominciano lentamente a cambiare» (p. 20). Conosce Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, Alberto Moravia, inserendosi nel giro degli intellettuali à la page.
Dopo anni di serrata ed intensa attività di scrittore, poeta, analista visionario e profetico, di profondo conoscitore delle borgate romane, colto da enfasi autocelebrativa, nella rivista “Officina”, con un epigramma intitolato “A un papa” si scaglia violentemente contro Pio XII; per questo violento affronto all’editore Valentino Bompiani sarà negato l’ingresso all’esclusivo Circolo della Caccia. Tra Pasolini e Bompiani sorgono delle incomprensioni, trasformate in altrettanti sapidi epigrammi pasoliniani, con incommensurabili stoccate sarcastiche: « (1) Ai nobili del Circolo della Caccia: non siete mai esistiti, vecchi pecoroni papalini:/ora un po’ esistete perché esiste Pasolini. (2) A Valentino Bompiani: molto posso perdonare, molto posso capire:/ ma una cosa non posso fare: tacermi che sei un vile» (pp. 24-25).
Trascorrono interi decenni, Pasolini diventa sempre più provocatorio, un personaggio a tutto tondo, che non separa la mente dal corpo; stando contro gli studenti, a Valle Giulia si mette dalla parte dei poliziotti, contesta le verità assodate, detesta il perbenismo; «Pasolini nella sua vita notturna e nella Roma più degradata, pratica pienamente la sua sessualità, talora al limite (e oltre il limite) del rischio personale, ma forse non riesce ad accettare fino in fondo la sua omosessualità, a vivere dentro di sé una sessualità liberata, a praticarla in modo pieno e felice (e innocente)» (p. 64). Probabilmente, tutto ciò avvenne a causa di un oscuro senso di colpa, di una disperazione assoluta, portata avanti fino in fondo, alle estreme conseguenze. Fu comunista sempre, pur sapendo che alcuni partigiani comunisti uccisero suo fratello Guido durante la Seconda guerra mondiale. Intraprese la via del cinema, ci riuscì alla grande. È stato oggetto di una bibliografia sterminata.
Non si riesce a comprendere però l’uso smodato delle citazioni tratte dal libro “Il sogno del centauro”, di Jean Duflot. Non si può rimestare ed offrire per nuovo ciò che è roba risaputa; un libro non è un post su Facebook. Nel paragrafo “Io so”, a pagina 129, c’è un’imprecisione marchiana, quando si afferma che «Pasolini perciò scrive il suo “romanzo sulle stragi”: “io so i nomi dei responsabili delle stragi”, da quella di Milano nel 1969 a quelle di Brescia e Bologna nel 1974».
A parte il fatto che Pasolini non sapeva i nomi dei mandanti, ma la sua era una provocazione e come tale va accettata; la strage di Bologna avvenne nel 1980, cinque anni dopo la sua morte. Ad ogni buon conto, se volete, compratelo pure; Gian Carlo Ferretti rimane un Maestro.
di Giangaspare Strano
fonte