PASTIERA NAPOLETANA
è il dolce più nobile che esiste perché era il dolce dei re poiché i sovrani napoletani inviano in tutti le corti d’europa la prelibatezza che forse non ha eguali al mondo. L’associazione
I SEDILI DI NAPOLI-Onlus ci da la possibiltà di pubblicare alcuni cenni storici tra storia e leggenda…………
Non c’è Pasqua a Napoli se non c’è
a tavola una bella e fragrante PASTIERA!
E’ questo infatti, il dolce napoletano primaverile per eccellenza anche se, la grande popolarità di questo tipico prodotto della creatività gastronomica partenopea, spinge tante pasticcerie a produrla durante tutto l’anno. La tradizione vuole che la pastiera venga realizzata nelle case napoletane, esclusivamente il giovedì o il venerdì santo, per consentire a questo dolce di “asciugare” ed assestarsi per il giorno di Pasqua. Già la domenica precedente (Domenica delle Palme), i napoletani ritirano nelle chiese cittadine un ramoscello di ulivo e l’acqua benedetta con i quali i capifamiglia benediranno anche il pranzo pasquale, compresa la pastiera che, finalmente, accompagnata da un buon limoncello, potrà essere gustata a fine pranzo!
Tra Mito e Storia.
Le origini della Pastiera si perdono, come molte altre eccellenze napoletane, nella notte dei tempi. La presenza della ricotta fa subito pensare alla cultura della Antica Grecia e Napoli, o meglio Neapolis, è una città fondata nel V Secolo a.C. da genti di etnia greca. Ulteriori memorie, fanno “rinascere” la pastiera in epoche successive.
LA LEGGENDA DELLA PASTIERA:
Molto probabilmente la pastiera era un dolce sacrificale che veniva offerto alla Sirena Parthenope ed una antica leggenda, il cui ricordo è ancora vivo, racconta che:
“Parthenope, ad ogni Primavera si manifestava al popolo di Neapolis e lo allietava con la sua voce incantatrice, con canti d’amore e di gioia di vivere!
Una volta il canto della Sirena fu così soave e generoso di emozioni che i Neapolitani la vollero ringraziare per questo prezioso dono, offrendole quanto di più prezioso essi possedevano:
Sette fra le più belle giovani della Città, in rappresentanza delle sette principali “fratrie”, ebbero l’incarico di portare i doni alla bellissima Parthenope:
– la farina, a simboleggiare la forza e l’abbondanza della campagna;
– la ricotta, omaggio dei pastori e delle pecore che pascolavano libere nei campi;
– le uova, simbolo di vita che sempre si rinnova;
– il grano tenero, bollito nel latte come simbolo dorato della vita germogliante e rafforzato dal primo alimento della vita;
– l’acqua di fiori d’arancio, come l’omaggio più profumato della Terra;
– le spezie, come omaggio dei popoli più diversi che a Neapolis sempre trovano accoglienza;
– lo zucchero, per esprimere la dolcezza che il canto di Parthenope racchiude e che dona all’Universo.
La Sirena Parthenope, felice di questi doni li portò al cospetto degli Dei per mostrare loro la Generosità e l’Amore del popolo napoletano e questi, inebriati essi stessi dal canto soave della Sirena, mescolarono i doni e crearono la Pastiera!”
Un dono divino che solo Napoli, da quel tempo lontano e per sempre nei secoli avvenire,
ha il privilegio di riprodurre e di condividere con il Mondo intero!
E, come si sa, alle origini della Storia c’è sempre un fondo di verità nelle leggende dei popoli!
UN PO’ DI STORIA
In epoca greco-romana
La Pastiera era l’offerta sacrificale simbolo di rinascita primaverile, che le sacerdotesse di Demetra/Cerere, durante i riti primaverili, portavano in processione insieme alle uova ed a fasci di grano, tutti simboli di vita nascente.
(Percorrendo Via San Gregorio Armeno, al n° 14, affianco ad una delle famose botteghe artigiane, un attento osservatore noterà, inglobato in un muro perimetrale, un blocco marmoreo raffigurante proprio una Canephora: una sacerdotessa di Cerere recante in mano una torcia ed un fascio di grano e che faceva parte di un più esteso bassorilievo rappresentante la processione rituale)
La decorazione a “grata” di pastafrolla sulla pastiera, in numero di sette strisce complessive (quattro in un senso e tre nel senso trasversale), a croce greca, formano la “planimetria” di Neapolis così come ancora oggi si presenta con i tre Decumani e con i Cardini che li attraversano in senso trasversale; rappresentando così, in maniera simbolica, l’offerta alla Sirena Parthenope ed agli Dei, dell’intera Città stessa, come sublime e collettivo atto di devozione.
Il grano o il farro, unito alla crema di ricotta, richiamano, invece, il pane di farro del “confarratio”:
il pane in uso nel rito matrimoniale romano.