Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

PER IL TRONO E PER L’ALTARE

Posted by on Gen 26, 2021

PER IL TRONO E PER L’ALTARE

Il 13 febbraio 1861 cadeva la fortezza di Gaeta: tre mesi di resistenza eroica; tre mesi di sofferenze disumane; tre mesi di massacri perpetrati dal generale Cialdini. 160 mila bombe rasero al suolo la città tirrenica e fiaccarono per sempre la sua vitalità ma non la sua storia. 

Eroico fu Francesco II, il giovane re napoletano, ed eroica fu la sua consorte, regina Sofia; eroica fu la truppa; eroica fu la gente di Gaeta che quasi in massa entrò nella cittadella fortificata per difendere la propria libertà e la propria dignità. Camillo Benso di Cavour diede al generale Cialdini un ordine sacrilego ed assassino: distruggere Gaeta in quanto stava ritardando i tempi per il suo disegno. Il Primo Ministro piemontese sapeva che il Piemonte era alla bancarotta, come sapeva che la sifilide lo stava divorando. Prima di morire voleva vedere attuato il suo capolavoro: la cosiddetta unità d’Italia. Il 13 febbraio 1861 è una data che ogni Meridionale dovrebbe memorizzare perché da allora iniziò una resistenza senza quartiere contro gli invasori savoiardi che al Sud nessuno voleva. Nacque in quel giorno infausto la questione meridionale. Il Sud ricco e prospero venne saccheggiato delle sue ricchezze e delle sue leggi; venne immolato alla causa nazionale; venne immolato alla massoneria che da Londra dirigeva e stabiliva il nuovo assetto mondiale. Il Regno delle Due Sicilie, unico stato libero ed indipendente da influenze straniere, fu dato in pasto agli affamati e barbari piemontesi. Il Piemonte, per conto di Mr. Albert Pike, Gran Maestro Venerabile della massoneria di Londra, nel 1861, cominciò la prima pulizia etnica della storia del nostro paese. A metà agosto i giornali di regime stampavano con enfasi le vittorie militari dell’esercito sabaudo e fecero passare per una grande battaglia la scaramuccia di Castelfidardo, mentre calavano una cortina di silenzio sugli eccidi perpetrati dai generali felloni e criminali di guerra contro cittadini inermi.

Cannoni contro città indifese; fuoco appiccato alle case, ai campi; baionette conficcate nelle carni dei giovani, dei preti, dei contadini; donne incinte violentate, sgozzate; bambini trucidati; vecchi falciati al suolo. Ruberie, chiese invase, saccheggiati i loro tesori inestimabili, quadri rubati, statue trafugate, monumenti abbattuti, libri bruciati, scuole chiuse per decreto. La fucilazione di massa divenne pratica quotidiana. Dal 1861 al 1871 un milione di contadini furono abbattuti. Mai nessuna statistica fu data dai governi piemontesi. Nessuno doveva sapere. Alcuni giornali stranieri pubblicarono delle cifre terrificanti: dal settembre del 1860 all’agosto del 1861 vi furono 8.968 fucilati, 10.604 feriti, 6.112 prigionieri, 64 sacerdoti, 22 frati, 60 ragazzi e 50 donne uccisi, 13.529 arrestati, 918 case incendiate e 6 paesi dati a fuoco, 3.000 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate, 1.428 comuni sollevati. Naturalmente questi dati erano sottostimati almeno di cento volte; le notizie, il ministero della guerra le dava col contagocce, in quanto all’estero doveva apparire tutto tranquillo, e mai giornalista fu ammesso a constatare ciò che stava accadendo nelle province meridionali. Il movimento rivoluzionario anti piemontese, chiamato brigantaggio, in realtà fu un grande movimento di massa. Molti tribunali definirono i briganti partigiani, regi legittimisti: difendevano la loro patria, il loro Re e la chiesa cattolica da un’orda massonica che voleva colonizzare il Meridione …….. Le cifre che pubblicavano i giornali stranieri, come abbiamo detto, erano sottostimate; il governo piemontese aveva dato ordine di mettere a ferro e fuoco il Regno delle Due Sicilie e dette carta bianca ai vari comandanti militari per emanare bandi terroristici. L’esercito piemontese, anziché essere impiegato per prestare assistenza alle persone affamate da mesi di anarchia amministrativa, fu ammaestrato ed addestrato agli eccidi di popolazioni inermi, a rappresaglie indiscriminate, al saccheggio, alla fucilazione sommaria dei contadini colti con le armi in mano o solamente sospettati di manutengolismo. 

Alcuni comandanti piemontesi (1) emanarono, fra il 1861 e il 1862, bandi che i nazisti mai avrebbero sognato di applicare a popolazioni di origine germanica. Naturalmente i piemontesi non erano italiani e si sentivano in diritto, contro tutte le convenzioni, contro il diritto internazionale, di poter fucilare chiunque trasgrediva i molteplici divieti, che, di fatto, paralizzarono la vita sociale, politica ed economica di tutto il Mezzogiorno d’Italia ……….. Noi diciamo semplicemente che erano dei criminali di guerra e non riusciamo a capire, come, ancora oggi, nelle scuole non si insegni ai ragazzi la vera storia del Risorgimento piemontese che per il Sud, in realtà! fu vera colonizzazione e sterminio di massa: arresti di manutengoli o solo di sospettati, fucilazioni, anche di parenti di partigiani, o solamente di contadini; stato d’assedio di interi paesi. L’aiutante di campo di Vittorio Emanuele II, generale Solaroli(2) definiva i contadini la più grande canaglia dell’ultimo ceto. I contadini dovevano essere tutti fucilati, senza far saper niente alle autorità. Imprigionarli non era conveniente perché, una volta in galera, lo stato doveva provvedere al loro sostentamento. …….

Antonio Ciano

I Savoia e il Massacro del Sud” – Grandmelò, ROMA, 1996

1 Comment

  1. rigrazio pubblicamente Antonio Ciano per il suo meravigliosamente tragico libro, che è il primo che ho letto in argomento e ca m’ha scetato d’ ‘o suonno

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