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Per una storia non scritta: Il 1799 nel Vallo di Diano (II)

Posted by on Ago 24, 2020

Per una storia non scritta: Il 1799 nel Vallo di Diano (II)

“L’albero coppoluto nel regno dell’inganno”: Polla centrale operativa della controrivoluzione

Giuseppe D’Amico

Ottodì 28 Piovoso (sabato 16 febbraio) anno VII della Libertà; I della Repubblica Napoletana, Una e indivisibile”. Sul nr. 5 del <<Monitore Napoletano>>, il cui originale è esposto in mostra, Eleonora Pimentel De Fonseca scrive che “continuano ad essere disgustosissime le notizie di varie parti dell’interno della Repubblica“.

E’ fuor di dubbio che il Vallo di Diano per la sua collocazione strategica sulla via per le Calabrie giocò un ruolo decisivo per le sorti della Repubblica.

A Polla sarà infatti istituito il quartier generale delle truppe realiste, che potranno agevolmente controllare i traffici viari; sempre a Polla si fermeranno per diverso tempo i massimi responsabili del movimento sanfedista, i vescovi di Policastro e Capaccio mons. Ludovici e mons. Torrusio, unitamente al capitano inglese Guglielmo D’Arley.

Il 17 febbraio 1799 rappresenta la data di inizio  nel Vallo di Diano dei moti rivoluzionari contro la neonata Repubblica Napoletana: l’uccisione di Nicola Cestari, capo della municipalità di Montesano, piccolo centro all’estremo sud di Principato Citra, è peraltro uno dei più sanguinosi avvenimenti del semestre rivoluzionario[19]. Il pranzo macabro allestito dopo l’omicidio, dettato dalla volontà di oltraggiare Cestari anche da morto, si presta all’interpretazione antropologica che individua nel cannibalismo il desiderio di acquisire le doti positive possedute in vita dal nemico[20].

Recenti analisi degli atti del processo a carico dei mandanti e dei responsabili dell’assassinio di Cestari permettono di avanzare l’ipotesi di una diversa matrice dell’omicidio: esso fu determinato da vecchi rancori e risentimenti più che dalla fede repubblicana del Cestari. Alcuni atti del processo a carico dei mandanti e degli esecutori dell’assassinio[21], hanno consentito di fare piena luce sulle modalità del crimine, consentendo tra l’altro di dubitare che Cestari sia stato ucciso perché giacobino. Infatti, secondo quanto affermato da più testimoni durante il processo, Cestari non aveva affatto dimostrato simpatia nei confronti della neonata repubblica, costringendo il figlio a togliere la coccarda tricolore che aveva ricevuto nella vicina Tramutola, dove si trovava per motivi di studio.

Sette giorni dopo l’omicidio a Montesano, si verificò un altro grave episodio a Casalbuono, allora Casalnuovo, dove gli stessi assassini del Cestari uccisero e depredarono alcuni soldati francesi diretti a Napoli e provenienti dall’Egitto, via Crotone.

Il 25 febbraio Gerardo Curcio detto Sciarpa rompe gli indugi e abbatte l’albero della libertà che pure aveva contribuito ad innalzare nella piazza principale di Polla. Contemporaneamente invia i suoi uomini a fare altrettanto a Pertosa e nei paesi vicini. A Sala, ben conscio dell’importanza strategica che questo centro aveva nel Vallo di Diano, destina un gruppo di uomini al comando del capitano Michele Di Donato il quale, dopo aver abbattuto l’albero della libertà il 27 febbraio, resta a presidiare la città ordinando parecchi omicidi.

Anche per la figura di Sciarpa è stato possibile dare risposte ad interrogativi rimasti insoluti, e questo grazie ai documenti custoditi nell’archivio privato Carrano: tra i documenti esposti in mostra, l’ordine segretissimo che dispone la scarcerazione di alcuni capimassa e sancisce il “non luogo a procedere” nei confronti di Sciarpa, Fra’ Diavolo e Mammone, permette di individuare proprio nei Carrano, fedeli alla monarchia borbone e collegati con la corte di Vienna, coloro che forniscono alla reazione sanfedista nel Vallo ordini, uomini e mezzi.

Il 27 marzo, a Campestrino, lo stesso Sciarpa respinge in modo rocambolesco le truppe giacobine e francesi dirette in Calabria al comando del generale repubblicano Giuseppe Schipani; nello stesso giorno il colonnello  Alessandro Schipani, altro luogotenente di Sciarpa, si riprende Sicignano che era stata appena occupata dai giacobini dell’altro Schipani.

Dal punto di vista militare, l’avvenimento decisivo, e non soltanto per il Vallo di Diano, è rappresentato dalla vittoria conseguita da Sciarpa a Castelluccia, oggi Castelcivita, dove, di ritorno da Roccadaspide, Giuseppe Schipani lo attacca ma viene sconfitto. E con questa sconfitta le sorti dei repubblicani cominciano definitivamente a traballare. In merito ai giudizi negativi espressi sinora su Giuseppe Schipani e sulla tattica da lui adottata nella battaglia di Castelluccia, pesa enormemente l’opinione espressa da Vincenzo Cuoco nel suo saggio sulla rivoluzione, al quale si rifaranno quasi tutti gli storici che si occuperanno della vicenda. Per inciso, senza nulla togliere alla validità del contributo cuochiano per quanto riguarda l’analisi delle forze politiche in campo, qualche riserva si può nutrire su Cuoco cronista; ad esempio nel suo ampio lavoro esigui sono i riferimenti cronologici e non bisogna sottovalutare l’influenza, durante la stesura, della sua condizione di emigrato all’estero per scampare le forche borboniche.

Non è certo possibile analizzare in poche righe la battaglia di Castelluccia e valutarne le conseguenze, ma certamente la sconfitta di Giuseppe Schipani spalancò le porte della Basilicata a Sciarpa che, in rapida successione, conquistò alla causa sanfedista Vietri di Potenza, Tito, Picerno, prima di entrare nella città di Potenza, garantendo una preziosa copertura all’armata cristiana in marcia verso Napoli attraverso la Puglia.

Questa per cenni la cronaca degli avvenimenti; ma cosa resta della rivoluzione del 1799 due secoli dopo? Indubbiamente molto, e non solo in quanto preludio dell’epoca risorgimentale ed unitaria. Molto importanti sono da considerare le manifestazioni del Bicentenario, che con diverso scopo e valore si sono organizzate un po’ dovunque, testimoniando dell’attualità dell’esperienza repubblicana. La qual cosa, in conclusione, ispira due considerazioni.

La prima è che sull’esperienza repubblicana non si è scritto tutto perché non si è scavato a fondo negli archivi, soprattutto in quelli familiari ed ecclesiastici, la cui ricchezza è testimoniata dai documenti in mostra. C’è da sperare nella sensibilità dei possessori di antichi archivi familiari  (e sono tanti!) e nella loro disponibilità ad offrirli come fonti per la ricerca storica.

La seconda considerazione riguarda alcuni elementi di continuità e costanza che episodi, vecchi di due secoli, trasmettono fino ai nostri giorni: ad esempio, come negare che i capimassa sanfedisti costituiscono il modello, magari rozzo e feroce,  dei super ricompensati procacciatori di voti odierni, senza i quali è impensabile fare politica ed attraverso i quali si afferma il predominio di chi ha le risorse economiche, ma forse non l’intelligenza e la spinta morale. Ed ancora: che differenza c’è tra uno Sciarpa (che abbandona senza indugi i repubblicani per trasferirsi armi e bagagli nelle file realiste) ed i trasformisti della politica odierna che cambiano partito come gli abiti? Neanche i delatori mancano all’appello, e le parole di un cronista dell’epoca, lo Stassano, lo confermano: “Nei paesi, dopo la caduta della repubblica, si formarono clubs di gente perduta, che speravano farsi merito con la rovina altrui. Formavano un catalogo delle persone da accusarsi, con le imputazioni che intendevano dare a ciascuno, acciò si fossero trovati sempre unisono nelle loro denunce”.

Ora come allora è la politica a svolgere un ruolo preminente nella società e sono davvero molti gli avvenimenti di ieri uguali a quelli di oggi!

Storia e quotidianità: documenti di cultura materiale

Emilia Alfinito

Alcune carte, indispensabili per ridisegnare la storia del Vallo di Diano, sono rimaste gelosamente celate in un ricco archivio locale, rimasto per secoli inaccessibile alla consultazione, forse perché si tramandasse  una storia ben diversa da quella realmente accaduta, conservava una verità nascosta. Solo in occasione del Bicentenario dell’esperienza repubblicana del 1799 gli armadi si sono dischiusi ed ogni personaggio ha assunto la sua giusta collocazione nello scenario dei moti libertari. Si sono svelate losche trame ai danni di un’ingenua popolazione, eroi sono caduti dal piedistallo e sono stati scoperti personaggi di spicco, longa manus della corte napoletana.

Così si fa la storia, quella con la “S” maiuscola, che richiede tenacia, sacrificio, sguardo acuto e l’intraprendenza e la diplomazia che sole riescono ad aprire inaccessibili archivi e biblioteche. La storia locale, in questo caso, riflesso ed arricchimento di quella nazionale ed internazionale.

Ma la Storia la fanno gli uomini e le donne, quelli del Cinquecento, del Seicento, del Settecento….  Uomini e donne che vivono la vita di tutti i giorni, anche se intenti a così grandi ed importanti imprese, che come tutti mangiano, dormono, si vestono, lavorano.

E’ possibile quindi ricostruire alcuni aspetti della vita  quotidiana di questa piccola fetta di Regno di Napoli, in cui risiedevano i proprietari dei pochi ed eterogenei oggetti in mostra, piccolo patrimonio storico. Questi oggetti, giunti sino a noi dopo due secoli, sono anch’essi documenti, testimonianza preziosa così come gli atti estratti dagli archivi

Alcuni di essi rivelano, ad esempio, i contatti esistenti tra questa periferia e  la  corte napoletana; infatti la borghesia del Vallo, ed in genere di tutta la provincia a sud di Salerno, era proiettata sicuramente più verso la capitale che non verso Salerno. Le famiglie più facoltose avevano  casa a Napoli, alcune di esse frequentavano anche la corte, come i proprietari delle stampe con i ritratti dei sovrani e del medaglione in cui è raffigurata la regina Maria Carolina. Era quest’ultimo il dono della sovrana di origine austriaca per un “fedelissimo amico”, con cui intratteneva piacevoli contatti.

Pochi gli oggetti in mostra, si è detto, pochi ma rappresentativi di un modo di vivere proiettato verso il centro del potere, ma anche intimorito da questo. Prova ne è l’altro medaglione in esposizione, appartenente ad un altro collezionista, in cui è raffigurato un  ufficiale dell’esercito giacobino. L’immagine venne occultata, girandola verso l’interno e sul retro venne rapidamente e malamente dipinto un busto virile, per il timore di essere scoperti e condannati per tradimento. L’appartenenza dell’ufficiale del ritratto alla cellula rivoluzionaria è stata individuata grazie alla foggia della pettinatura e degli abiti detti alla “giacobina”, che era in genere l’abbigliamento dei notabili meridionali. Furono costoro, comunque, il nerbo di quella classe sociale che determinò una  rivoluzione sicuramente non sentita né voluta dal popolo.

Gli armadi delle case del Vallo conservano abiti di questo genere ed anche capi più eleganti, panciotti ricamati, corredi di preziosi paramenti sacri appartenenti ai membri della famiglia che avevano scelto la vita sacerdotale. In mostra è esposta anche la livrea di un servitore, imbottita nel suo interno da una bassa pelliccia, dato il gran freddo che faceva in zona.

I deliziosi cappellini di paglia, leziosamente adorni di colorati fiori di rafia, di nastri, veli, passamanerie seguivano sicuramente i dettami della moda napoletana e forse di quella austriaca o anche di quella francese: madame era sempre  al corrente di quel che “si portava”  in ogni momento e,  quando tornava in paese dalla sua bella casa napoletana, era, come sempre, notata per la sua eleganza.

Documenti*

Diano – dal 1862 Teggiano

Dichiarazione dei realisti di Diano

5 febbraio 1799

Agli inizi del febbraio 1799, mentre in tutti i centri del Vallo di Diano i giacobini scendono in piazza reclamando l’elezione delle nuove municipalità repubblicane, un nutrito gruppo di realisti di Diano fa redigere dal notaio Paolo Matera un documento nel quale attestano pubblicamente la loro fedeltà alla monarchia borbonica, esecrando l’esercito francese che ha invaso il Regno ” per introdurci il nefando Sistema Francese e la pretesa Democrazia, col rovescio della Sacrosanta Religione, e del Regal Trono, e di tutto l’Ordine“.

Archivio privato Carrano

A.D.

Assemblea cittadina straordinaria

5 aprile 1799

I comandanti delle truppe sanfediste, Angelo Biscotti e Giuseppe  Maria di Sevo, inviati da Gerardo Curcio detto Sciarpa, riuniscono l’assemblea cittadina per proclamare la fedeltà alla monarchia e per chiedere aiuti (uomini e mezzi) in favore della causa controrivoluzionaria.

Archivio comunale di Teggiano – Registro dei Parlamenti di Diano (1799-1801)

A.D.

Salvacondotto per la città di Diano e per la famiglia Carrano

19 aprile 1799

Su richiesta del giudice regio Francesco Maria Carrano, il Comandante dell’Armata Cristiana, acquartierata a Castelluccia (oggi Castelcivita), rilascia un salvacondotto per la città di Diano e per la famiglia Carrano.

Archivio privato Carrano

A.D.

L’attività di “normalizzazione” dopo la tempesta rivoluzionaria

7 marzo 1800

Il giudice Regio Francesco Maria Carrano, incaricato dal Visitatore generale della Provincia di Salerno Vincenzo Marrano, di “normalizzare” la situazione politica ed il gettito fiscale in alcuni paesi (Pertosa, Caggiano, Polla, Diano, Padula), svolge egregiamente la sua missione e poi comunica al Visitatore i risultati raggiunti.

Nel sottolineare le difficoltà incontrate, egli scrive: “La miseria che qui, ed in tutti i luoghi di questo Diparto, regna per la scarsa passata raccolta, e per la continua malagevolezza del tempo, è lo scoglio che fa ritardare l’esazione delle collette; me ne affliggo, e non posso rimediarci senza mettere alle strette gli poveri sudditi di Sua Reale Maestà. Userò la forza contro de’ mal’intenzionati, de’ quali procura diminuirne sempreppiù il numero, e segregarli da’ buoni, acciò restando soli, più agevolmente si sottomettino, e non trovino sequela“.

Archivio privato Carrano

A.D.

La ricompensa per un fedele suddito

9 novembre 1800

La Regia Camera della Sommaria conferisce a Giovan Battista Carrano la nomina di Governatore del feudo di Capaccio sequestrato al Principe di Angri, che è stato dichiarato reo di Stato.

Archivio privato Carrano

A.D.

Polla

Lettera del cardinale Ruffo al Governatore di Diano

7 maggio 1799

Da Matera il Cardinale Ruffo scrive al Governatore di Diano, avvertendolo  che alcuni giacobini di Polla hanno sollecitato i giacobini di Napoli a venire nel Vallo di Diano  “ad oggetto di fare una sanguinosa vendetta sul partito realista“; pertanto i cittadini di Diano “si pongano sollecitamente tutti in armi, come si è ordinato, per difendere il proprio Paese, e le proprie vite, né aspettino che li nemici avanzino, ma vadino a respingerli ed a seminarli, mentre Io verrò in loro aiuto con la maggiore sollecitudine possibile“.

Archivio privato Carrano

A.D.

San Rufo

Adesione dei cittadini di San Rufo alla Repubblica Napoletana

16 febbraio 1799

A San Rufo, casale di Diano, a metà febbraio 1799, i cittadini scendono in piazza e, dopo aver ascoltato un discorso tenuto da Giovanni Pellegrino, inneggiante all’avvento  della “sospirata epoca della Libertà” e alla fine della tirannia dei Borbone, decidono di “accettare lo Stato Democratico e di essere tutti attaccati alla Repubblica“, e inviano una deputazione di due cittadini (il sacerdote Cono Capuozzolo e Leonardo Palladino) a Napoli per prendere ordini dal governo repubblicano.

Archivio privato Carrano

A.D.

Sala Consilina

Una lunga scia di sangue

4 maggio 1799

Atto di morte diMichele Gatta(Angelo Andrea Genovese, adottato dalla famiglia del giureconsulto Diego Gatta), di 21 anni, dottore in utroque jure, colpito da due schioppettate nella piazza di Sala, davanti alla spezieria del notaio Giovanni Cioffi, cenacolo dei repubblicani, la sera del 3 maggio 1799. Morirà il giorno dopo nella casa “in mezzo la Terra”.

14 maggio 1799

Atto di morte di Domenico Cardinale, di 16 anni, ucciso con un colpo di pistola.

3 ottobre

Atto di morte del sacerdote D. Mariano di Vita, figlio del notaio Michelangelo, di 45 anni, sacerdote e confessore, partecipante della parrocchia ricettizia di Santo Stefano, che, dopo essere stato saccheggiato nella casa presso la chiesa di S. Pietro a Sala, fu raggiunto nel sonno da più colpi di coltello nella notte precedente il 3 ottobre 1799. Con grande pompa fu accompagnato per i funerali il giorno dopo da tutto il clero, dai Padri Cappuccini e dai fratelli della Congrega di S. Vincenzo de’ Paoli alla chiesa di  S. Stefano, dove, dopo le esequie, fu sepolto presso l’altare maggiore.

Archivio della parrocchia di S. Stefano – Registro degli atti di morte

G.C.

Clero repubblicano e clero realista

Il registro contiene i verbali delle riunioni dei sacerdoti partecipanti della parrocchia ricettizia di S. Stefano di Sala. Il 1799 è un anno cruciale, testimoniato dal verbale del 17 settembre, dopo che l’annuale riunione ordinaria del 3 agosto, giorno di s.Stefano, suscitò un insanabile contrasto tra due partiti all’interno del clero: una pagina è strappata a metà e una terza facciata è cancellata.

Alle ultime riunioni non risulta la presenza di Diego Gatta, rifugiatosi a Eboli dopo l’uccisione del fratellastro ai primi di maggio (già nel verbale del 3 agosto 1798 non è tra gli uffiziali), ma la sua influenza a difesa del carattere laicale della chiesa ricettizia e la sua competenza giuridica sono inequivocabilmente riscontrabili fin da quando, nel 1781, viene nominato prima razionale e poi avvocato e procuratore ad lites. 

Archivio della parrocchia di S. Stefano – Registro delle Conclusioni (1773-1847)

G.C.

Montesano sulla Marcellana

Un episodio di ferocia controrivoluzionaria

17 febbraio 1799

Atto di morte diNicola Cestari ucciso da un manipolo di controrivoluzionari che fece scempio del cadavere, giungendo a cibarsi delle sue carni. Il documento presenta molte integrazioni e correzioni che ne rendono ardua la lettura, ma recenti studi affermano  che il redattore del documento, l’arciprete Pietro Antonio Abatemarco, ha indicato gli esecutori ed il mandante del delitto nel testo interlineato tra la seconda e la terza riga.

Archivio della chiesa di S. Anna – Registro dei morti della parrocchia di S. Nicola

T.R.

Padula

Il sacrificio di due giacobini

Atti di morte, del febbraio 1799,  di Netti e Notaroberto, protagonisti dell’esperienza repubblicana a Padula.

Archivio privato Campolongo – Registro dei morti della chiesa parrocchiale di Sanza

A.T.

Regno di Napoli

Impunità per i Capi dell’armata Cristiana

Ferdinando IV, con un dispaccio regio comunicato dal Capitano generale Acton, ordina che si ponga in libertà qualsiasi capo massa che si trovasse carcerato e vuole altresì che contro il “Colonnello D. Michele Pezza (alias Fra’ Diavolo) e D. Gerardo Curcio Sciarpa, e contro D. Giovan Battista Rodio, ed altro Capo massa, quali si trovassero sotto inquisizione, non si proceda ulteriormente“.

Archivio privato Carrano

A.D.

Il ritorno alla normalità ed all’ordine

Ferdinando IV, con la prammatica del 12 settembre 1799, emana disposizioni affinché nessuno osi saccheggiare le case dei rei di Stato, eseguire arresti non autorizzati di persone, “insultare qualsiasi privato coll’infame nome di Giacobino”, portare armi vietate dalle Regie Prammatiche.

Archivio privato Carrano

A.D.

La fine dell’emergenza

Ferdinando IV abolisce la Giunta per i delitti di Stato e nello stesso tempo concede l’indulto ai rei di Stato, ordinando la scarcerazione di tutti coloro che si trovassero rinchiusi nelle carceri per tale reato.

Archivio privato Carrano. Supplemento alla Gazzetta Universale di Napoli-17 febbraio 1801

A.D.

Provincia di Salerno

Truppe irregolari per la vigilanza controrivoluzionaria

1 dicembre 1800

Avendo sua maestà Ferdinando IV ordinato la formazione di masse armate in tutto il Regno, si danno istruzioni ad un capo massa della Provincia di Salerno affinché si rechi in diversi luoghi – Serre, Postiglione, Controne, Castelluccia (Castelcivita), Oliveto, Valva, Buccino, Sicignano) – per organizzare la formazione di bande armate.

Archivio privato Carrano

A.D.


[1] L. Cassese, Realisti e Giacobini nel Vallo di Diano. Salerno 1949..

[2] Probabilmente è andato perduto il contenuto di due intere casse.

[3] Il restauro viene per lo più eseguito nel laboratorio di Grottaferrata, non avendo ottenuto i risultati sperati negli interventi fatti eseguire presso il laboratorio della Badia di Cava. E’ inutile sottolineare che è solo l’amore di mio padre che ha reso possibile il recupero dell’archivio e l’avvio del suo riordinamento.

[4] Una parte di questa terra è ancor oggi di nostra prorpietà.

[5] Biblioteca del Seminario di Teggiano, Fondo pergamenaceo, documento dell’11 gennaio 1434.

[6] C. Gatta, Memorie topografiche-storiche della Lucania, Napoli 1732, ristampa anastatica, Bologna 1966, pag. 445.

[7] L’imperatore peraltro era analfabeta.

[8] Uno dei tre fascicoli con i modelli di atti notarili ha per titolo: Incipiunt forme actum atque instrumentorum edite per egregium virum notarium Iulianum Salernitanum.

[9] Il fascicolo delle prammatiche reca questa intestazione: Incipiunt pragmatice leges, et constitutiones, et capitula edita et formata per l’illustrissimum et serenissimum Regem Ferdinandum Regem pacificum Hungarie, Sicilie et Hierusalem triumphatem etc.

[10] Pandetta che devono osservare li Magnifici Governatori, Giudici, e Luogotenenti che pro tempore saranno nella terra di Diano e suoi Casali, in conformità delli Privilegij, e Gratie concesse per gli Illustrissimi Padroni, confirmati dalli Serenissimi Re e dalla Cesarea Maestà Imperatore Carlo V, coll’esecuzione della Regia Camera della Summaria, sotto la data in Napoli dell’11 marzo 1536.

[11] Teggiano 1997.

[12] Segnalato da chi scrive mediante una corposa scheda che apparve nel 1982 sulla Guida alla storia di Salerno e della sua provincia, a cura di Alfonso Leone e di Giovanni Vitolo per le edizioni del compianto Pietro Laveglia.

[13] Su questo archivio cfr. la scheda, a cura di chi scrive, in Guida alla storia di Salerno e della sua provincia cit., vol.III ad vocem.

[14] Cfr. A. Didier, Diano, città antica e nobile (Documenti per la storia di Teggiano), Teggiano 1997, pp. 248-250.

[15] Cfr. A. Didier, Diano, città antica e nobile cit., pp. 258-260.

[16] E’ stato edito il primo volume, comprendente i documenti dell’età medievale: cfr. Regesti delle pergamene di Teggiano (1197-1499), a cura di A. Didier, nella collana  “Fonti per la storia del Mezzogiorno medievale”, Edizioni Studi Storici Meridionali, Altavilla Silentina, 1988.

[17] Archivio di Stato di Salerno, Regia Udienza Provinciale, Processo per i fatti di Montesano, v.4. In occasione del Bicentenario della Repubblica Napoletana, l’Amministrazione comunale di Montesano sulla Marcellana ha finanziato, a cura dell’archivio di Stato di Salerno, la microfilmatura dell’intero fascicolo giudiziario.

[18] A Napoli viveva il suo congiunto, l’abate Giuseppe Cestari, che già nel 1793 per le sue idee illuministiche, era stato confinato nel convento dei Redentoristi a Materdomini di Caposele; rientrato a Napoli, l’abate fu condannato all’esilio insieme a Mario Pagano, Vincenzio Russo e Giuseppe Abbamonte. Dopo la proclamazione della Repubblica fece ritorno a Napoli e fu nominato prima Commissario e, quindi, Presidente del Comitato dell’Amministrazione Interna. Morì il 13 giugno 1799 combattendo sul ponte della Maddalena contro i sanfedisti del cardinale Ruffo lanciati alla conquista della città.

[19] Il complotto era stato organizzato da Giuseppe Gerbasio che, però, alla vigilia del tragico evento partì per Napoli per non essere coinvolto (il classico “armiamoci e partite”!).

[20] Purtroppo del triste rito dell’antropofagia non sembra essere questo l’ultimo episodio: scrive infatti D. Marinelli nei suoi Giornali che Nicola Fiani, aiutante del ministro della guerra G. Manthoné, dopo essere stato afforcato in piazza Mercato a Napoli “fu ridotto a brandelli dalla carnivora plebe. Forse tutto fu abbrustolito e mangiato. Il fegato so che fu ridotto a cottura e mangiato tutto nell’istesso Mercato dalla vil Plebe Sanfedista. Un lazzaro avendo rifiutato di mangiarne fu ammazzato“.

[21] Recentemente rinvenuti presso l’archivio di Stato di Salerno grazie all’impegno dei funzionari

* I curatori dei regesti sono A. Didier (A.D.), G. Colitti (G.C.), T. Rotella (T.R.), A. Tufano (A.T.)

prima parte

FONTE

https://www.sab-campania.beniculturali.it/wp-content/uploads/eventi/1999/Vallo%20di%20diano/padula.html

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