Alta Terra di Lavoro

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PERDONATE,SIGNORE, QUESTA E’ LA MIA PATRIA

Posted by on Giu 8, 2020

PERDONATE,SIGNORE, QUESTA E’ LA MIA PATRIA

Quando ho scritto questo libro gli amici, incuriositi, mi chiedevano di
cosa trattava e mi è sempre riuscito difficile rispondere brevemente, perché non è un lavoro ‘lineare’; procede a zig zag tra Storia negata, violenza taciuta ed esplorazione psicologica, intrapresa per comprendere le ragioni che portano i singoli individui, riuniti in popoli e nazioni, a compiere le loro azioni.

Non è quindi un libro di Storia, anche se la storia c’è, néun testo sulla violenza, anche se la violenza c’è, né di pedagogia, e anche quella c’è. È piuttosto una ricerca delle ragioni psicologiche ed educative per cui un singolo o un popolo diventa violento o non lo diventa, così che la sua storia evolve in un modo piuttosto che un altro. Trattandosi di un lavoro ispirato dalle vicende che videro il Regno Borbonico scompariredalla cartina geopolitica per diventare un generico Sud Italia diviso in Regioni, noterete che sono emotivamente ‘di parte’, essendo quel regno la mia ritrovata Patria originaria, ma questo non mi ha impedito di riportare i fatti in modo obiettivo, così come li ho trovati, anzi… come il mio paziente me li ha raccontati.

Parto da un assunto di base, di cui sono profondamente convinta: nessuno nasce violento, ma tutti possiamo diventarlo. Abbiamo tutti un patrimonio psicofisico, che ha bisogno di essere coltivato per esprimersi, e questo dipende dall’ambiente, umano e culturale, in cui ci accade di nascere.

Posso avere un corredo genetico stupendo e nascere in un paese senza acqua, senza cibo e medicine, la mia vita non supererà l’età infantile; svilupperò invece tutta la bellezza contenuta nel mio DNA se nasco in un paese ricco in cui riceverò tutto quello di cui ho bisogno.

A livello psicologico, dal nutrimento emotivo dipende il destino del nostro patrimonio emozionale. Così come accade al corpo, siamo, in tutti i sensi, ciò che ‘mangiamo’. Nutriti con amore saremo capaci di amare, nutriti di odio diventeremo violenti.

Quindi in questo libro, ciò che i fatti storici ci dicono è stato assimilatoalla storia di un paziente che mi racconta della sua vita, i suoi conflitti, i suoi dolori.

Parleremo anche di pedagogia e faremo riferimento a una forma di essa che Katharina Rutschky ha definito ‘Pedagogia Nera’, sfuggita all’attenzione di tutti finché lei non se ne è occupata, pedagogia che, a suo avviso, nasce con l’Illuminismo, sintetizzabile nel principio che “ti faccio del male per farti del bene, e lo faccio per il tuo bene, ma tu non dovrai saperlo”.

I miei punti di riferimento teorico-psicoanalitico sono Alice Miller, che si è avvalsa della Pedagogia Nera per leggere il nazismo e la figura di Hitler, e cercare quindi le radici della violenza, e Donald W. Winnicott,

psicoanalista e pediatra che si è occupato dello sviluppo della personalità, da lui definita Falso Sé, come conseguenza di una mancata, o carente,accettazione dei bisogni infantili da parte del suo ‘ambiente’ che è rappresentato da chi si occupa di lui.

Confesso che il mio vero paziente, in realtà, è il Sud, quello di cui sen to tutta la sofferenza, quello che oggi funge da colonia interna del Paese Italia, ex Regno Borbonico, che porta in sé il suo nemico, quel Regno di Sardegna dei Savoia che lo invase annettendolo e soggiogandolo.

In ogni persona che mi interpella c’è sempre il desiderio di smettere di soffrire a causa di un conflitto interno tra ciò che veramente vorrebbe e ciò che invece si trova a realizzare, diverso da quello che vuole. Dopo vari tentativi infruttuosi di risolvere il problema, chiede aiuto, come facciamo tutti noi, quando non riusciamo a risolvere da soli.

In quel momento ci rendiamo conto dell’esistenza di un quid che sfugge alla nostra coscienza e alla nostra volontà, come un punto dietro la nuca, che non riusciamo a vedere senza l’aiuto di due specchi. Ciò che da soli non riusciamo a vedere è l’inconscio. Io sono il secondo specchio, quello che vede la nuca e ne rimanda l’immagine nel primo: nello specchio che il soggetto può vedere con i suoi occhi, e in questo modo può conoscere quella parte di sé che sa di avere, ma a cui da solo non riesce ad accedere.

Dunque noterete che sono piuttosto ‘di parte’, come sono sempre stata nel lavoro di tutta la mia vita. Sono sempre stata dalla parte del paziente che soffre, dalla parte del suo se stesso autentico oppresso da un’altra parte sempre di se stesso, ma in contrasto. Si può essere super partes in questo lavoro? No, non si può, perché la persona che viene a chiedere aiuto, come disse una signora al mio maestro virtuale Winnicott, ha fatto fino a quel momento da balia al suo bambino interiore bisognoso di aiuto e si fiderà di noi solo se avvertirà che noi siamo dalla parte del suo bambino nascosto e in attesa, disponibili a sostenerlo per permettergli, finalmente, di esistere, ed essere se stesso.

Quella signora riuscì a dire questo a Winnicott perché aveva capito di avere trovato la persona giusta, che stava ‘dalla parte del suo bambino’ che lei aveva custodito intatto dentro di sé. Vi espongo quindi com’è nata l’idea di questo libro, e il suo ‘svolgimento’.

Buona lettura e grazie dell’attenzione

Liliana Isabella Surabhi Stea

1 Comment

  1. Sicuramente un approccio nuovo alle problematiche di chi soffre per la consapevolezza di aver perso qualcosa di quello che era…la sua terra!

    E’ proposto come un romanzo da leggere, ma è in verità l’introspezione dell’animo di chi sa che la realtà dell’oggi è una sovrastruttura pesante da sopportare, e guardando intorno il paesaggio che lo circonda d’infinita bellezza in fondo all’animo un’infinita tenerezza si sovrappone al senso di perdita, conoscendone la storia amara che in un certo senso glielo ha strappato via… Purtroppo non è solo il Regno delle Due Sicilie che è diventato altro…non sono solo lì che le genti consapevoli portano dentro di sé questa sofferenza…

    Io sono veneta e molti, moltissimi miei amici viviamo questa situazione, con sofferenza perché, quando sei anni dopo la fatidica sbandierata unità anche noi fummo inglobati per un accordo che ci era estraneo fra Francesco Giuseppe e Napoleone III, tantissimi abbandonarono tutto e se ne andarono via, per non essere servi di nessuno (fu la più alta emigrazione percentuale dopo l’annessione all’Italia)… e i loro figli si trovarono poi a ritornare nel secolo successivo inseriti negli eserciti alleati per le due guerre che qui durarono due anni più a lungo che altrove… prima e seconda mondiale con tutti gl’italiani che marciavano cantando come beoti al ritmo della marcetta nazionale di essere “schiavi di roma”…sono le aberrazioni del secolo scorso che ci coinvolsero tutti dalla Sicilia a Trieste! avremmo bisogno sì di qualche seduta di psicanalisi, tutti, sia quelli che soffrono perché ne sono consapevoli, sia quelli che continuano a delirare sbandierando un tricolore d’imitazione per un’Italia sotto il tallone di Roma…

    No, prima dovremo essere liberi tutti di ripensare il nostro destino e inventare un futuro di popoli liberi… che magari poi scelgono liberamente di confederarsi. E’ questo futuro che in Veneto si sta pensando di poter realizzare.. una luce in fondo al tunnel… vale per tutti! caterina ossi

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