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Perversione: l’inverso dell’amore

Posted by on Ago 4, 2021

Perversione: l’inverso dell’amore

In latino il verbo pervertere significa volgere qualcosa contro il senso derivante dalla sua origine. Perversione è rovesciare il percorso che dovrebbe portare l’originato a rispettare in sé il principio da cui si origina: in questo senso la perversione è sempre contro natura, non perché la natura imponga nell’uomo leggi da seguire, ma perché è incluso nel modo di essere della natura che nell’originato si possa compiere il destino di ciò da cui si originò. Le perversioni sono tutte accomunate dalla separazione tra amore e desiderio, e non consentono al soggetto di desiderare se non nella riduzione dell’Altro ad oggetto muto ed incapace di svincolarsi sia dal desiderio dell’Altro, sia dal proprio. L’Altro può essere desiderato solo nell’abiezione, nella riduzione a vittima espiatoria, in un contesto in cui i ruoli si possono scambiare facilmente, ad ulteriore testimonianza del misconoscimento dell’amore.

Secondo Ettore Perrella (Per una clinica delle perversioni) la perversione è una struttura patologica, e lo è dal punto di vista etico. Il soggetto perverso è scisso: una parte del suo Io conosce la legge, un’altra preferisce ignorarla. In questo senso, posseduto da un fantasma di onnipotenza immaginaria, il perverso usa illegalmente la legge e misconosce l’alterità dell’Altro: godendo del dolore di un altro o del proprio, per esempio, egli si illude di controllarlo, di essere superiore ad esso o di assicurarsi la sincerità dell’Altro quantomeno nell’espressione del dolore che prova (sadismo e masochismo); godendo al vedere qualcun altro godere o costringendolo a vedere ciò che gli fa vedere, egli si illude di poter decidere come e quando generare il godimento dell’altro (voyerismo ed esibizionismo). Secondo Lacan il soggetto perverso assoggetterebbe così un altro soggetto, la sua vittima, sacrificandola sull’altare del godimento di un terzo: l’immagine di una madre reale che avrebbe concepito la relazione col figlio come occasione per l’appagamento diretto ed immediato del proprio desiderio. Il soggetto perverso cerca di sfuggire a questo divoramento offrendo al complesso/fantasma, al proprio posto, un’altra vittima da divorare. Questa intuizione rimanda ai parallelismi tra cannibalismo, incesto e pedofilia di cui molti miti sono impregnati, in primis quello di Edipo e della sua stirpe. L’elemento traumatico è la violenza del desiderio dell’Altro, il fatto che l’amore non si manifesta che in un atto di violenza, in un sopruso, in un abuso, o più semplicemente in un uso. Per la madre del soggetto perverso il figlio è assolutamente necessario, e per questo stesso fatto egli viene ridotto ad oggetto di cui godere. Perverso è ridurre l’amore a desiderio sessuale. Perversa è anche la psicoanalisi, quando tenta di ridurre l’arte ad attività sublimatoria di pulsioni sessuali. Per questi stessi motivi, invece, la pederastia della Grecia classica non è affatto perversa, perché inserita in pratiche iniziatiche educative in cui l’amore svolgeva una parte fondamentale. La perversione non è che una solitaria parodia dell’amore, perché lo imita senza potersi però permettere il rischio necessario dell’uscita, anche per il solo momento dell’orgasmo, dalla propria individualità, e perché non può fare a meno di avere il controllo sui risultati dell’atto.

Seguendo questa impostazione, risulta chiaro che la perversione può anche non appoggiarsi alla sessualità, poiché il fattore essenziale per definirla non è l’azione che produce ma l’impostazione dell’atto, cioè il tipo di relazione che si instaura tra il soggetto perverso e l’Altro. Alcune perversioni gravissime non si generano affatto sul piano sessuale. Intere comunità, gruppi, istituzioni, società possono essere regolate totalmente in base a princìpi perversi. Pensiamo ai totalitarismi, al colonialismo, alle guerre. Ecco come la Arendt descrive Eichmann, funzionario nazista (in La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme): “Quanto più lo si ascoltava, tanto più era evidente che la sua incapacità di esprimersi era strettamente legata ad una incapacità di pensare, cioè di pensare dal punto di vista di qualcun altro. Comunicare con lui era impossibile, non perché mentiva, ma perché le parole e la presenza degli altri, e quindi la realtà in quanto tale, non lo toccavano.”

La perversione, più che l’odio, è l’inverso dell’amore. Mentre un amante offre liberamente il proprio corpo e la propria vita per salvaguardare il bene dell’amato, il perverso si appropria forzatamente del corpo e della vita di qualcun altro per sfuggire al divoramento di un terzo idolatrato e sentito come onnipotente, per appagare un bisogno d’amore originario sempre mancato. Nel feticismo il desiderio può manifestarsi solamente in presenza del feticcio, il quale consente di placare la Dea Madre onnipotente e crudele senza rischiare di scomparire. Di più: il soggetto portatore del feticcio è del tutto indifferente, e qui sta la perversione vera e propria: si può desiderare, cioè, qualunque donna indossi, per esempio, una pelliccia. La Soggettività dell’Altro è fuori questione, ma persino il suo corpo è percepito come inanimato, morto, freddo, e solo il feticcio lo rende vivo e desiderabile. O le feci, nel caso della coprofilia e della coprofagia. La cleptomania, invece, mostra molto bene il meccanismo di erotizzazione della trasgressione di una legge, in questo caso di quella che vieta di rubare. Nel film Crash di David Cronenberg vengono erotizzati addirittura gli incidenti stradali. Il sadismo ed il masochismo si manifestano come il bisogno di mettersi al riparo da qualsiasi finzione dell’altro attraverso una prova di dolore subìto o inflitto. In questa particolare perversione si evidenzia il paradosso dell’esigenza di contratti più o meno espliciti (come quelli descritti da Masoch) per poter esercitare un controllo in un atto di sfida alla legge stessa: una legge per sfidare la legge. Il pedofilo sfrutta in genere una carenza affettiva ed emotiva dei bambini a cui rivolge le sue attenzioni, pretendendo di colmare così un loro vuoto emotivo mentre invece si limita a sfruttarlo.

La perversione consiste nello sconfessare la legge dell’amore mascherando questa sconfessione da fedeltà alla legge. Nell’uso, cioè, della legge contro lo spirito della legge. Non c’è via di scampo, nemmeno per le generazioni successive, attraverso le quali le perversioni tutte sembrano correre velocemente lungo la deformazione delle relazioni tra genitori e figli, i quali si trasmettono il testimone di una legge considerata come mera finzione, da sfidare ognuno attraverso una propria perversione. Il soggetto perverso tenderà ad avere nei confronti del proprio oggetto sessuale la stessa posizione di non riconoscimento soggettivo (mascherato da idealizzazione amorosa) che i genitori perversi hanno avuto nei suoi. In definitiva, essere perversi vuol dire non riconoscere nell’Altro il principio della sua individuazione, la sua libertà di decidere del proprio desiderio; vuol dire non riuscire a pensare l’Altro e non riuscire a vergognarsene. In questi casi, tipicamente, il perverso può incontrare un terapeuta per la prima volta in carcere. Quando invece esiste il senso della vergogna nei confronti dei propri impulsi o comportamenti, la posizione che il Soggetto assume nei loro confronti è diversa, tale da rendere più probabile una richiesta d’aiuto autonoma, per formulare la quale, tuttavia, bisogna essere più forti dell’imbarazzo che il raccontare di sé inevitabilmente procura all’inizio. Difficile, ma non esistono altre possibilità. 

Marco Canciani

segnalato da Francesco Rotondi

fonte

Perversione: l’inverso dell’amore | Dott. Marco Canciani – psicologia, psicoterapia, psicoanalisi

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