Pietro Rombolo e Magellano
Quando Magellano raggiunse le Filippine scoprì di essere stato il secondo a visitarle.
La prima circumnavigazione del globo terracqueo non ce dubbio alcuno, fu quella intrapresa da Ferdinando Magellano. Pochi però ricordano quali primati furono accampati dai suoi biografi, e quanti di questi si possono definire primati. Nella storia dei viaggi per mare visitando il mondo, si sono immaginate le origini delle esplorazioni, e quando queste si sono spinte verso l’Estremo Oriente si è ritenuto la primogenitura appartenere a Magellano. Per esempio, durante quella traversata, il 16 marzo 1521 furono raggiunte le Filippine. Fra i testimoni di quella impresa spicca il patavino, Antonio Pigafetta, uno dei capitani e comandante di una delle tre caravelle al seguito di quella spedizione. Dalla cronaca del Pigafetta pubblicata la prima volta dal trevigiano Ramusio, nell’edizione del 1550 si svela una grande sorpresa. Infatti, in quelle memorie che riguardano l’arrivo nelle Filippine, allora inteso da alcuni cronisti cinesi, regno Sinii (Xini), i cinesi delle isole, per differenziali dai Sirii (Xiri), i cinesi del continente, ricorda il patavino l’incontro con alcuni indigeni presso l’isola dei Buoni Segnali. Interrogati questi ultimi dall’interprete malese imbarcato sulle navi cristiane proferirì con essi, traducendo il contenuto delle loro parole al Pigafetta e a Magellano: molte lune fa, altre navi come le vostre giunsero in questo regno, con le vostre medesime insegne (vele crociate), le vostre armature, i vostri paludamenti visitandoci in pace. Il Pigafetta esterrefatto ipotizzò las presenza di equipaggi cinesi, interdetto però sui simboli cristiani espressi nelle loro bandiere, innestate sopra i relativi pennoni. Chi mai si spinse prima della spedizione di Magellano in quelle terre? Un altro italiano all’insaputa delle cronache spagnole di inizio cinquecento, un altro spericolato navigatore, i cui viaggi e le relative imprese furono apprese dal pontefice Eugenio IV durante il giubileo del 1450 si era spinto fino a Pechino via mare. Certamente, uno sconosciuto esploratore giunse nel regno dei Sini, durante il lungo viaggio che lo condurrà dal porto eritreo di Dire in Estremo Oriente, dal 1444 al 1448. Quella impresa, le dinamiche ad essa collegate, le osservazioni fatte sul potenziale bellico di ogni paese visitato, dalle novità faunistiche e botaniche scoperte, dagli usi e dei costumi osservati, fa di Pietro Rombulo da Messina una primizia da rammentare ai posteri. Il suo principale biografo e corregionale che lo incontrerà a Roma e lo seguirà a Napoli, il palermitano Pietro Ranzano nella sua cronaca edita nel 1480, parlando espressamente di quel viaggio, riportando le memorie di Rombulo scrisse: ei fu il primo a raggiungere il paese dei Sini e in seguito nel viaggio il regno dei Siri. Rombulo è noto portava con se, mappe tolemaiche; gli itinerari espressi già nel II secolo d. C. da Tolomeo, il quale in rapporto a quei paesi lontanissimi, fece una sommaria descrizione del grande golfo presso il quale si ritrovava il regno di Sinae (Mar Cinese esteso dalle coste occidentali della Birmania a quelle orientali del Giappone) è stato segnalato dal messinese al palermitano nel 1450. E in quelle aree lontanissime Tolomeo segnalerà uno strano e sconosciuto regno, raggiunto la prima volta da un Siciliano, un terrone per l’appunto del quattrocento, cancellato dalle pagine della storia, da questa Italia; che pur dimenticandosi di lui, non lo accosta a quelle terre preferendo assegnare lo scettro del primato a uno spagnolo che a un suo rappresentante. E’ vero, la matrigna Italia, strabica per non dire cieca, quando deve esaltare un terrone, contribuisce semmai, a farlo dimenticare. Ecco perchè noi terroni siamo cittadini di serie inferiore. Italiani nei documenti ma, con dignità differenti perchè, secondo i ben pensanti “nulla di buona la storia ricorda provenire dal sud!”
Alessandro Fumia