“QUALCOSA DELLA NOSTRA LINGUA” ‘O NNAPULITANO
“Una parlata assurge al rango di lingua quando la sua esplicazione può annoverare termini medici e clinici che non hanno una immediata traduzione nell’idioma italico. La napolitana lo è e prossimamente ne parleremo”
Cerchiamo di chiarire il significato di alcune parole della nostra lingua che, così come scritte, hanno piu’ di un significato.
A’ GENUVESE
E’ un classico e tipico sugo napoletano che assolutamente non ha radici o riferimenti alla città di Genova; addirittura in quella città non sanno proprio cosa significhi, attesa la presenza del pesto quale tipico sugo per la pasta.
L’origine della “sarza ‘a genuvese” è da riscontrarsi nel periodo della dominazione francese sul territorio del Reno di Napoli che, successivamente al Congresso di Vienna del 1816, divenne Delle Due Sicilie.
I cuochi di corte di quel periodo erano di nazionalità svizzera e piu’ precisamente della città di Ginevra.
L’intruglio di cipolla, carne e spezie varie, gustosissimo, divenne “’a sarza de genuviese”,da Genevè come si pronunzia in lingua, ovvero dei cuochi di Ginevra e tale appellativo è rimasto legato a quel tipo di sugo.
La preparazione è molto simile al ragu’, con la differenza sostanziale che la cipolla (abbondante e della qualità ramata) prende il posto del pomodoro.
Chi interessato, se non conosce l’esatta ricetta ed è interessato, può contattarmi e volentieri la enuncio.
‘O SARTU’
Anche per questo piatto, ormai tipico della cucina napoletana, abbiamo riferimenti specifici al periodo 1805 – 1815 quando sul trono del Regno di Napoli regnavano i francesi con Gioacchino Murat e Giuseppe Napoleone.
I cuochi francesi, nel rispetto della loro cucina che prevedeva la preparazione di piatti che contemplavano la presenza di polpettine di carne, uova sode e pisellini saltati, accompagnati da baghette e vino rosato, generò una reazione quasi a livello di sommossa da parte del personale di corte (napoletani abituati a mangiare per saziarsi) che, puntualmente aveva ancora desiderio di cibo dopo aver gustato quanto loro propinato.
La reazione fu recepita e per saziare gli affamati della corte, su tutto quanto presente nel piatto (polpettine, uova sode e pisellini) venne messo il riso.
L’operazione, alla francese, fu detta e suor tout le riz, napoletanizzata ‘o sartu’ e riso.
A’ ZUPPA INGLESE
Anche per questo gustoso dolce della tipica tradizione dolciaria napoletana non vi sono riferimenti specifici alla produzione dolciaria del suolo Britannico.
I rapporti internazionali, al tempo di S.M. Ferdinando II di Borbone delle Due Sicilie erano frequentissimi, stante la grandezza del Re e la lungimiranza che aveva nel governare (saggiamente) il suo Regno.
Un giorno, ospite a Corte c’era il plenipotenziario del governo inglese (che poi divenne uno squallido e viscido voltagabbana) e S.M. pregò il monzu’ (cuoco di corte) di preparare un bel dolce per l’ospite inglese.
Quando il dolce fu servito in tavola tutti, esaltandone la bontà e il gusto eccezionale, chiesero al Re come si chiamasse. Poiché neanche il Re ne era a conoscenza non avendolo neanche Lui mai mangiato, fu invitato al tavolo il cuoco ed alla domanda di S.M. : “Monzu’ comme se chiamma stu dolce” il cuoco rispose “Majstà, ‘a zuppa po’ nglese”.
Il riferimento a “zuppa inglese” è presto fatto.
Agostino Catuogno
p.s.
Francesco Sabatini (linguista) autore del “Morandini” dizionario…è intervenuto a Unomattina in famiglia:
“non esiste e non è mai esistita alcuna lingua Lombarda e Veneta…non esiste e non sono mai esistite lingue Settentrionali…nel Settentrione esistono e sono esistiti solo “DIALETTI”… le uniche lingue preunitarie riconosciute sono: Greco Antico, Latino, Napoletano e Siciliano.