Alta Terra di Lavoro

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“QUANDO IL NORD ERAVAMO NOI” di C. Lucio Schiano (V)

Posted by on Apr 6, 2021

“QUANDO IL NORD ERAVAMO NOI” di C. Lucio Schiano (V)

A proposito dell’appunto che il Gladstone faceva sul sistema carcerario nel Regno di Napoli, il principe Schwarzenbach si domandava come mai due galantuomini  inglesi, come Gladstone e Palmerston , tanto lungimiranti e tanto severi nel giudicare su semplici “ si dice “ quanto avveniva nel Regno di Napoli, si mostrassero così miopi da non accorgersi di quanto accadeva proprio in casa loro, cioè in Irlanda, ove la forca funzionava a pieno regime già prima della famosa lettera del Gladstone. E la cosa era risaputa in tutta Europa!

Considerando che, ove più ove meno, il modo di governare era il medesimo e che nessuna dinastia può considerarsi esente da critiche, perché alcuni modi di amministrare il potere non destavano scalpore e non facevano notizia, mentre altri sono stati bollati con i più infamanti epiteti? Da qui il desiderio (anche se solamente platonico) di tentare di restituire dignità ed onore ad una dinastia probabilmente diffamata per questioni meramente utilitaristiche, per cui gli interrogativi e i dubbi sull’eventuale calunnia, anche se ragionevoli, necessitano del conforto di informazioni storicamente valide ed inconfutabili.

     Vorrei precisare che non ho ricevuto da alcuno l’incarico di avvocato difensore dei Borbone,  sia perché non fornito dei necessari titoli sia  perché carente di sufficiente competenza storica. La voglia di restituire onorabilità e reputazione alla Casa regnante spodestata dai piemontesi  non ha un fine immediato ed utilitaristico ma scaturisce dal desiderio di restituire, attraverso una sua riabilitazione, dignità ai miei avi (ingiustamente tacciati di essere una razza inferiore ed un popolo di briganti) e, trasmissibilmente per via di sangue, a me stesso, ai miei figli ed ai miei nipoti. 

     Se la menzione relativa all’interrogativo postosi dal principe Schwarzenbach può dare l’impressione di una scelta non casuale tra le tante possibili, riporto quanto sulla stessa questione dell’ applicazione della giustizia in Inghilterra nello stesso periodo scrissero uno storico francese (P. E. Durand Forges –  Originali e belli spiriti dell’ Inghilterra contemporanea. Biografie di ‘O Connell e di ‘O Connor)  ed uno inglese (G. M. Trevelyan  – Storia dell’ Inghilterra nel secolo XIX).

     Per il Durand Forges le esecuzioni dei “ colpevoli “ avvenivano in base alle delazioni di spie prezzolate dalla polizia; per il Trevelyan la protesta portata avanti dai contadini per non pagare la decima ad un ministro di culto di una religione per loro eretica condusse alla proclamazione di stati d’assedio ed allo stanziamento in Irlanda, per mantenervi l’ordine, di un esercito più forte di quello che presidiava l’India “. Questo per dimostrare da che pulpito venne intonato il  De profundis per la dinastia napoletana e per scrivere una volta per tutte nei libri di storia che la lettera del Gladstone è un falso, di cui l’autore è reo confesso, così come falsi sono “il grido di dolore”, il “furto” delle due navi, i plebisciti, ecc. E, sempre a proposito dei personaggi di specchiata moralità che fecero della loro vita una missione per eliminare dalla scena politica un’antica casa regnante, vediamo la moralità del più grande artefice della scomparsa dei Borbone dal Regno delle Due Sicilie: il conte Camillo Benso di Cavour. Tanto per cominciare, nonostante fosse piemontese, il conte, nei propri Diari, a proposito della relazione tra il suo re ed una popolana di nome Rosina, [1] aveva definito il dialetto piemontese il più orribile gergo che esista nella Cristianità. Inoltre, durante il colera del 1853 in Piemonte, incurante delle estreme condizioni di bisogno del popolo, il grande statista – azionista della Società dei Molini di Collegno –  aveva accumulato più di quindicimila sacchi di grano ed altrettanti di farina nel Teatro Nazionale, fregandosene della gente che per la fame cadeva a terra come mosche  così come se ne fregò dei bersaglieri che mandò a morire in Crimea, per consentire al Piemonte di  sedere nel concerto delle potenze europee. Per quanto riguarda, poi, la regia dell’ unificazione italiana in campo internazionale anche qui il conte mostrò di non conoscere affatto né l’esistenza né il significato di parole come correttezza e integrità morale. Basti pensare che mentre si adoperava in tutti i modi per ottenere l’appoggio della Francia, senza il cui esercito, non avrebbe potuto imbarcarsi nell’avventura della conquista dell’Italia, il conte di Cavour aveva appoggiato e finanziato l’attentato di Felice Orsini contro Napoleone, tant’è che, quando l’Orsini fu condannato, alla sua vedova fu assegnata una pensione.

Ancora.

     – Quando Nizza e la Savoia erano già state cedute alla Francia, il Cavour continuò ad ingannare quelli che ormai, a loro insaputa, erano divenuti stranieri nella loro patria, facendo svolgere regolarmente le operazioni per i referendum.

      – Per quanto riguardava i Borbone, mentre si accingeva ad eliminarli dalla scena politica come Casa regnante, continuava a rassicurarli che li avrebbe protetti dai rivoluzionari radicali.

      –  Ai patrioti fece credere che la loro lotta fosse per l’indipendenza dall’oppressione e dallo  straniero.

      – Ai Francesi garantiva che il Piemonte parteggiava per Napoleone III.

      – Agli Inglesi – che erano anglicani – fece intendere  che l’alleanza aveva tra i suoi obiettivi anche quello   di distruggere il potere temporale del papa.

      – Agli Austriaci diede ad intendere (nettamente smentito dai precedenti accordi di Plombières) che il Piemonte non avesse alcuna mira sul Veneto.

 –   Infine a Garibaldi (che aveva tentato di fermare a più riprese) fece arrivare la garanzia  che stava dalla parte dei rivoluzionari.

     Come premio per la liberazione, le popolazioni del Sud, oltre alla immediata disoccupazione, all’ esponenziale fenomeno dell’ emigrazione, alla leva obbligatoria e ad un impoverimento senza precedenti, allo smembramento del Banco delle Due Sicilie (la cui liquidità andò a confluire nelle casse della Banca Nazionale dello Stato Sardo), l’abolizione della libertà di stampa (con la soppressione di tutte le testate) ebbero in regalo anche il nuovo sistema contributivo introdotto con la proclamazione del Regno d’Italia:

– Tassa del decimo di guerra e Tassa del registro graduale (1861)

– Tassa sull’industria (1862)

– Imposta sui redditi di ricchezza mobile e Fondiaria (1864)

 … Tutto questo ed altro per una liberazione non richiesta!

     A conclusione di quanto fin qui detto, salta lampante il grande debito che la Storia ha nei confronti dell’ ingiustamente vilipesa Casa Borbone e di tutto il Sud  e  riporto con piacere il sereno e pacatissimo giudizio del deputato inglese Patrick Keyes O’ Clery,  che, in considerazione della nazionalità, dovrebbe propendere  più per la linea conservatrice imposta finora che per quella revisionista:

«Amanti della Verità qual siamo, non abbiamo altro obiettivo che dissipare la nuvola di pregiudizio e di inganno che ha, fin qui, oscurato la narrazione di quegli eventi agli occhi di molti che ne condannerebbero come noi gli autori, se conoscessero il vero carattere della rivoluzione che ha creato la cosiddetta unità d’Italia. Noi la giudicheremo non dalle invettive dei suoi nemici, ma dalle confessioni degli amici, molti di loro complici ed alleati dell’ arcicospiratore Cavour. Una cosa chiediamo che ci sia riconosciuta: il principio da cui siamo partiti e cioè che la falsità non diventa verità perché asserita da uno statista o da un re, e che il furto non cessa di essere disonesto e disonorevole quando il bottino è un intero Regno». [ Patrick Keyes O’ Clery, in “La rivoluzione italiana. Così fu fatta l’unità della nazione”, trad. it. Ares, Milano, 2000].  

     A proposito dell’amore per la verità, voglio riportare solo qualche altro esempio sul grado di civiltà che differenziava all’epoca il Nord ed il Sud dell’ Italia. Non starò qui ad enumerare i vari primati di cui la dinastia borbonica costellò il proprio regno (chi fosse interessato può trovarli facilmente) , primati che avranno pure un loro significato e che dovranno pur essere presi in considerazione, non fosse altro che per le occasioni di lavoro che generavano . Ci dovrà pur essere una spiegazione sul perché l’accentuarsi della miseria, della disoccupazione e del massiccio fenomeno dell’emigrazione siano iniziati da subito dopo l’unificazione. [2]

     A conforto dell’altra menzogna relativa alle condizioni di miseria e di vita subumana del popolo del Meridione, diffusa per umiliare la terra che ha permesso il decollo del Settentrione, riporto quanto sull’argomento scrisse il conte Alessandro Bianco di Saint – Joroz, capitano del Corpo di Stato Maggiore Generale nel suo libro “ Il brigantaggio alla frontiera papalina dal 1860 al 1863 “. Vorrei ricordare per chi non lo sapesse che la cronaca del Saint – Joroz è  una cronaca  di parte, ma di parte sabauda, per cui le notizie riportate hanno un valore immenso per  il tentativo di riabilitazione che intendiamo portare avanti. Scrive, dunque,il Saint – Joroz,dopo di aver verificato di persona che le informazioni che gli avevano fornite sul Sud e sulle sue popolazioni erano palesemente false, che, prima dell’invasione piemontese, il popolo meridionale << … nel 1859 (era) vestito, calzato, industre, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta. Egli comprava e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia; tutti, in propria condizione, vivevano contenti del proprio stato materiale. Adesso è l’opposto>>. 

     Da tutti i documenti esistenti (rapporti diplomatici, relazioni finanziarie, studi economici, diari di viaggio ,ecc.) risulta in maniera lampante la maggiore importanza del Sud rispetto al Nord. Qualcuno mi spiegasse, sennò,perché Napoli fosse la città che,in Europa,veniva subito dopo Parigi e Londra e perché quello Duosiciliano venisse considerato come il Regno più industrializzato della Penisola, mentre non vi è menzione di alcuno degli Stati (poi Regioni) di quello che sarebbe divenuto poi il tanto decantato triangolo industriale. Questa è storia!

     Se si vuole continuare con gli stereotipi e con i luoghi comuni sostenendo che a Napoli, nello stesso periodo, c’erano pure condizioni di miseria, non ci dimentichiamo che la Parigi dell’esposizione mondiale era quella descritta ne I Miserabili e Londra quella di David Copperfield e di Oliwer Twist. I modelli di vita e le condizioni sociali dell’epoca erano più o meno gli stessi dappertutto. Solo che quelli del Meridione, che pur – a differenza di altri Stati più civili e più progrediti – aveva adottato degli accorgimenti sia in relazione all’età dei minori impiegati nell’industria che all’orario di lavoro (due ore al giorno in meno, rispetto agli altri) debbono essere presentati per forza sotto una luce negativa, per completare il quadro falso e diffamatorio che le potenze interessate avevano concordato di presentare al mondo!

     Anche da un’altra testimonianza non sospetta,quella dell’autore di Moby Dick, si rileva che Melville confessò candidamente di non riuscire a trovare alcuna differenza tra Napoli e Broadway.

Significa qualcosa quest’altra testimonianza?  

     Dall’analisi dei dati relativi al fenomeno dell’emigrazione emergono due realtà:

 (1) Se le popolazioni del Nord erano costrette ad emigrare percentualmente sette volte in più di quelle del Sud, la cosa va letta nell’unico modo possibile e, cioè, che le condizioni di vita non erano certamente quelle decantate e sbandierate con tanta insistenza!

 (2) Se nello stesso periodo le popolazioni del Sud erano interessate al fenomeno per appena il 6,6% e questa percentuale – subito dopo l’annessione – si impennò fino a raggiungere il 40,1%,vorrei che qualche storico o qualche economista me ne spiegasse i motivi.

      Ma ci è stato sempre detto e ci viene costantemente ripetuto che il Nord dell’Italia e, nella fattispecie, il “nobilissimo” e “civilissimo” Piemonte fossero molto più avanti del” retrogrado” Regno delle Due Sicilie. Qualcuno di questi assertori, allora, vorrei che mi  chiarisse perché, inventariando i beni saccheggiati dalla reggia di Caserta,  non si trovò neanche il termine adatto (tanto l’oggetto era sconosciuto!) per catalogare il “bidet” e si ricorse alla definizione di  “oggetto sconosciuto a forma di chitarra”.

     Ci sembra, a questo punto, di aver fornito prove sufficienti per stabilire che, veramente, fra le due parti del Paese  esistevano delle differenze, che, però, vanno lette a favore della parte fin qui calunniata e vilipesa. Le prove, come dimostrato (non ultimo il caso dell’oggetto a forma di chitarra), sono state fornite dagli stessi artefici di questo periodo storico, per cui ci sembra di non poter essere accusati di aver attinto a fonti interessate e, quindi, di dubbio valore dal punto di vista della verità storica. Se tali prove possono sembrare degli stereotipi, penso che alla stessa stregua debbano essere considerate anche le insistenze dell’altra parte nel rimarcare le diversità fra Nord e Sud, a scapito di quest’ultimo. Ancora oggi, infatti, quando il Sud non riesce a scrollarsi di dosso la nomea di “zavorra” del Nord, si continua ad assistere ad una fedele recita del copione imposto e recitato pappagallescamente da più di un secolo e mezzo. Intanto, attraverso le rimesse delle persone costrette ad emigrare – cioè con i capitali rastrellati al Sud – sono state finanziate le imprese del Nord, ed il Sud, che già fu costretto a pagare – con la tassa di guerra – l’acquisto dei cannoni rigati che determinarono la sua scomparsa dalla scena internazionale, continua a pagare ! Ma, chissà perché, vigente tuttora l’omertoso silenzio generale che fu all’origine della Questione Meridionale, questo Sud continua ad essere considerato ancora la parte malata della Nazione.

     Forse una voce autorevole,veramente al di sopra delle parti come potrebbe essere quella del Presidente della Repubblica che, per costituzione, deve essere il garante  della dignità di tutti, potrebbe mettere fine al protrarsi a tempo indeterminato di questa incresciosa situazione che sembra non prevedere possibilità di soluzione. Non dimentichiamo che, se questa Italia, così com’è,  è stata fatta, e se le forze politiche,  anche se solo per opportunismo , sono convinte della necessità e della bontà del processo di unificazione, tutti i morti hanno diritto a ricevere pari rispetto, specialmente quelli disciolti nella calce viva nel lager di Fenestrelle,[3] di cui non è rimasta traccia e  che, quindi, sono stati privati perfino del conforto di una lacrima amica. L’unità della nazione è stata fatta anche col loro sangue e con quello di tutte le Marie, le Rose, le Concettine finite a colpi di baionetta dopo di essere state violentate dinnanzi agli occhi dei propri cari ! [4]      In attesa che una qualunque figura o voce, con la propria onestà morale ed intellettuale e con la propria autorevolezza derivantele proprio dalle due qualità precedenti riesca a mettere la parola “fine” a questa questione infinita, noi continuiamo a sostenere che, quando i veli del silenzio e della menzogna hanno cominciato  a sollevarsi, quando è dimostrato dai fatti che gli italiani sono ancora da fare e quando i miasmi di quelle cose da cloaca  impediscono perfino di respirare,  non  si può più sostenere di non sapere, né si può continuare a dare la colpa agli altri.

Perseverare nell’ignoranza non è più ammesso. Ma insistere nella menzogna è un crimine!

 .C. Lucio Schiano 
01.04.2021


[1]  Trattasi di Rosa Vercellana, figlia di un tamburo maggiore dell’ esercito piemontese, creata successivamente Contessa di Mirafiori … e divenuta ipso facto di sangue blu.

[2]  Negli anni dal 1861 al 1870 il fenomeno dell’emigrazione interessò complessivamente un milione e duecentomila persone (una media di 120.000 persone all’anno). Però, mentre nei primi anni gli emigranti del Nord rappresentavano  l’80 % della popolazione che lasciava il Paese, il Sud passò dal 6,6 al 40,1 % . (Fonti:”L’emigrazione negli anni 1861 – 1913” di Fioravanti Bosco  e cronologia.leonardo.it)

[3] Forte di Fenestrelle : complesso fortificato eretto nel sec. XVIII in località Fenestrelle ( TO ). Per le sue dimensioni (superficie 1.300.000 mq. – lunghezza oltre 5 km. – dislivello 650 m. ) la fortezza è conosciuta anche con il nome  di Grande Muraglia piemontese.  Fu progettata dall’ ingegnere Ignazio Bertola con funzione di protezione del confine  italo – francese, ma fu usata principalmente come prigione, tristemente nota, perché, per aumentare le sofferenze dei detenuti, le celle, oltre ad essere prive di pagliericci e coperte, in posti ove la temperatura era quasi sempre sotto lo zero, venivano private anche dei vetri e  degli infissi per rieducare i segregati col freddo.  (da Wikipedia )

[4]  << … si è introdotto il nuovo diritto, sul quale le dichiarazioni del ministero non hanno lasciato alcun dubbio : il diritto, dico, di fucilare un uomo preso con le armi in mano. Questa si chiama guerra di barbari, guerra senza quartiere. Ed all’interno, come si chiama? Dateci voi un nome, io non so darlo. E se il vostro senso morale non vi dice che camminate nel sangue, non so come spiegarmi>> (Intervento dell’onorevole Giuseppe Ferrari in Parlamento,29 novembre 1862).

1 Comment

  1. ringrazio, di vivo cuore, della difesa ma io sono orgoglioso di esser tacciato di appartenere ad una razza inferiore

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