Quarto lemma carlista: Re (2) di Gianandrea de Antonellis

La “Barbajada” è una bibita inventata dal mio bisarcavolo Domenico Barbaja, mischiando cioccolato, caffè e latte, per stimolare, irrobustire e addolcire. La presente rubrica intende rivolgersi al lettore stimolandolo con il caffè delle considerazioni, irrobustendolo con il cacao delle dimostrazioni e, possibilmente, addolcire il tutto, rasserenandolo con lo zucchero dell’ironia o la panna della leggerezza.
Re tradizionale
Cosa si intende per Re tradizionale e quindi per Monarchia federativa e organica? Si intende un Regno che nasca dalle società intermedie (e che, ovviamente, le rispetti). Abbiamo visto come un tempo la legge sorgesse dal basso, ma anche la stessa società nasceva (come del resto qualsiasi edificio) dal basso. Noi siamo attualmente abituati all’idea di uno Stato, sostanzialmente come un Moloch, costituito da cittadini, cioè da abitanti senza nessuna distinzione tra loro, in un appiattimento totale. In Italia, ad esempio, siamo circa 60 milioni di cittadini con volontà individuali che poi, sommate, danno (o meglio darebbero) una maggioranza che stabilisce quello che dovrebbe essere considerata la volontà “generale”, in realtà del solo governo.
Mettendo da parte il fatto che sappiano benissimo che per l’articolo 67 della Costituzione («Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»), i cosiddetti “rappresentanti del popolo” in realtà non rappresentano affatto i loro elettori, né sono tenuti a farlo, per cui possono promettere tranquillamente A e, una volta eletti, fare B, che può essere magari esattamente il contrario di A, senza che possano essere minimamente perseguiti o, semplicemente, destituiti per nona ver compiuto l’incarico per il quale erano stati inviati al Parlamento. Il vincolo di mandato – fondamentale per la formazione dei Parlamenti di antico regime – non esiste né in Italia né altre nazioni europee. Quindi la “volontà della maggioranza popolare” è di fatto inesistente.
Al di là di ciò, rimane il fatto che siamo abituati all’idea di uno Stato che stia “al di sopra di tutto”, che riconosciamo naturalmente come uno Stato sovrano e quindi accettiamo il fatto che crei regole per tutti, anche per le società intermedie, che invece dovrebbero essere autonome, nel senso etimologico di autoregolate, come accadeva naturalmente una volta.
Un tempo, la sana società nasceva da un gruppo di famiglie. Si parte sempre dalla famiglia: il nucleo principale non è l’individuo, ma la famiglia. Tutti nasciamo all’interno di una famiglia. Ci sono casi tristi, per fortuna rari, in cui si nasce senza avere una famiglia: bambini abbandonati o che perdono i genitori per gravi motivi, per incidenti e via dicendo. Ma, ringraziando il cielo, sono casi rari: la maggior parte, anzi, la stragrande maggioranza delle persone non nasce in un orfanotrofio, non viene trovato all’interno della ruota degli esposti né tantomeno sotto un cavolo, ma nasce all’interno di una famiglia. Quindi il primo gruppo è quello familiare. Non è un caso che quando si effettuavano i censimenti, un tempo – pensate al catasto onciario voluto nel Regno di Napoli da Carlo di Borbone – si ragionava per fuochi, cioè per gruppi familiari, domestici, non per individui. Attorno al fuoco, infatti, ci si incontra, attorno al fuoco si cucina, attorno al fuoco ci si riscalda e si passano le serate. Si utilizzava dunque il termine fuoco per indicare il nucleo familiare.
E quindi sono i fuochi, le famiglie, ad essere alla base della società. E ad avere un capofamiglia.
E i vari capifamiglia si riuniscono e, rappresentando le necessità delle singole famiglie, creano il villaggio, in cui ci sarà un capo villaggio; e i vari capovillaggio creano un agglomerato di villaggi limitrofi (in Spagna, per la particolare conformazione orografica, si usa molto il termine valle). Utilizzando termini contemporanei, potremmo dire semplicemente che le varie famiglie costituiscono un Comune. I vari capofamiglia eleggono un sindaco. I vari sindaci, riunendosi, costituiscono la Provincia; i vari capi delle varie giunte provinciali costituiscono la Regione[1] e le varie Regioni formano il Regno.
Questo è il percorso di crescita naturale dello Stato, con uno sviluppo dal basso e quindi il Regno, con un Re alla sua testa, viene riconosciuto dalla volontà di tutte queste società intermedie, che ho indicato da un punto di vista geografico, ma si possono visualizzare anche da un punto di vista sociale. Perché all’interno di ogni Comune esistono vari gruppi, che possono essere di tipo religioso (parrocchie, confraternite), di tipo lavorativo (le corporazioni), di tipo culturale (accademie e università).
A proposito di università, una volta esse avevano una vita veramente autonoma: pensate soltanto che la prima università spagnola, la Complutense di Alcalá de Henares, era cinta da mura ed aveva al proprio interno addirittura un carcere, perché nei suoi statuti imponeva agli studenti di dormire all’interno dell’università e non all’esterno; e quindi prevedeva una condanna al carcere per coloro che infrangevano questa regola. Il motivo era logico: all’università si va non per divertirsi e per gozzovigliare, ma per studiare; quindi è importante che la notte gli studenti dormano serenamente per potersi applicare agli studi il giorno seguente; se invece la passano girando di osteria in osteria o facendo serenate al balcone della bella di turno, devono essere puniti, appunto con il carcere (anche se per poco). Era una regola accettata da tutti coloro che volevano studiare alla Complutense: iscriversi all’università non è obbligatorio, ma se lo si fa, bisogna accettare le regole che impone. Adesso tutto ciò non sarebbe più possibile, ma soprattutto non è più nemmeno concepibile: non è accettabile che un’associazione privata, in cui si entra liberamente e volontariamente possa comminare una punizione corporale. Altrimenti lo Stato non la riconoscerebbe come istituzione.
Gli esempi sono tanti: lo stesso Ordine di Malta, nonostante i suoi 900 anni di storia, ha dovuto (e voluto) adattare i propri regolamenti interni non alla sua quasi millenaria storia, bensì alle volontà del legislatore statale del momento e per, essere riconosciuto, ha inserito le quote rosa e altre amenità democratesche, che non fanno assolutamente parte della gloriosa storia dei Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di Gerusalemme. Quindi lo Stato, che teoricamente, in una visione tradizionale, dovrebbe essere riconosciuto dall’insieme delle società intermedie (e non viceversa!), rovesciando l’ordine naturale delle cose, impone le proprie regole per riconoscere tali società, che si devono uniformare alla volontà di quello Stato che dovrebbe dipendere dal loro riconoscimento…
In tal modo le società intermedie perdono lo scopo esistenziale ed il valore fondativo che hanno sempre avuto.
Consideriamo infatti quale ruolo svolgevano nella società tradizionale, ad esempio, le corporazioni: ogni singolo mestiere aveva un proprio gremio che controllava la qualità del lavoro svolto dai singoli operai e li promuoveva soltanto nel momento in cui essi dimostravano di essere ben capaci di svolgere quel determinato mestiere, che fosse quello di muratore, di carpentiere, di falegname, di ciabattino, etc. Pensate all’ultimo atto dei Maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner, che si svolge nel Cinquecento, e noterete la fondamentale presenza delle corporazioni. Che, tra l’altro, possono essere intrecciate tra di loro, perché c’è la corporazione dei Maestri cantori (nella quale si può entrare solo superando un rigido esame), ma di essa fanno parte calzolai, orafi, fornai e via enumerando. Nell’ultimo atto, che si svolge il 24 di giugno, festa di San Giovanni e della città di Norimberga, in occasione dell’esame pubblico per diventare maestro cantore, sfilano tutte le varie corporazioni cittadine, ciascuna con il proprio inno (calzolai, sarti, fornai), perché la società è fatta di famiglie e di gente che lavora e che ha interessi simili; e tutte queste corporazioni (macellai, panettieri e via dicendo) hanno anche un ruolo politico, perché i loro rappresentanti influiscono sull’amministrazione gestione della città. E quindi non sono anonimi cittadini, ma i rappresentanti di questa o quella corporazione, i rappresentanti delle istituzioni culturali o delle famiglie, etc. Ed anche i “semplici” operai hanno un ruolo, perché è più semplice far sentire la propria voce nell’ambito della ristretta riunione di un gremio che quale isolato “cittadino” di una nazione o anche solo di una città!
Nella Napoli ispanica qualcosa di simile c’era, ad esempio, per quanto riguarda specificamente le famiglie, con i capi-casa, che non erano necessariamente i portinai del palazzo, ma i rappresentanti dei problemi e delle volontà delle varie famiglie abitanti in una determinata casa. Ogni “portone” aveva un capo-casa e poi vari di essi (presumibilmente una decina) eleggevano un capodieci e i vari capodieci si rivolgevano al capitano delle Ottine, che invece era il capo di una delle 29 Ottine in cui erano divisi i quartieri di Napoli, città divisa in Sei (poi ridotti a cinque) Sedili o Piazze Nobili, più quello del popolo. Diciamo che le Ottine potrebbero essere definite, con termini di altre città, quartieri o sestieri; ad ogni modo i capi di questi quartieri (i Capitani delle Ottine) si rifacevano ai capi-casa, che rappresentavano loro i problemi delle singole famiglie di ogni singolo caseggiato. Quindi c’era una partecipazione concreta che invece il sistema attuale, democratico e egualitario, ha del tutto azzerato.
Infatti alle elezioni comunali vanno a votare tutti i cittadini, senza distinzione di ruolo, senza che le varie corporazioni, che di fatto non esistono più (gli attuali sindacati sono tutt’altro)[2], o le confraternite abbiano un ruolo concreto; anzi, tutte le associazioni esistenti in Italia e in Europa (e nel mondo “occidentale”), per essere riconosciute devono ottemperare alle indicazioni imposte dall’alto dallo Stato (altrimenti non vi è alcun riconoscimento).
La conseguenza è che, nella gestione amministrativa, non si tiene in conto delle reali necessità che giungono dal basso, ma c’è esclusivamente un governo (locale o statale) che dall’alto impone la propria ideologia.
Avete dunque compreso cosa fosse il Regno tradizionale, che nasce dal basso: dunque l’erede al Trono, all’atto dell’incoronazione, riconosce il valore di tutte le società intermedie (la cui unione costituisce lo Stato o meglio il Regno) e queste a suo volta lo riconoscono come Re, attraverso i parlamenti (quelli tradizionali: gli attuali degli antichi conservano soltanto il nome) che un tempo venivano convocati dal Re perché esprimessero, di volta in volta, l’effettiva volontà popolare. E i rappresentanti inviati alle Cortes erano tenuti a un assoluto vincolo di mandato, cioè potevano esprimersi solo e soltanto su ben determinate questioni e decidere in un senso o nell’altro, solo e soltanto a seconda di quello che era il mandato ricevuto dai propri elettori. Esattamente il contrario di quello che accade adesso, grazie al citato articolo 67 della Costituzione italiana, che non prevede alcun vincolo di mandato (già cancellato dallo Statuto Albertino): quindi l’eletto può votare quello che vuole: quello che ha promesso di fare o anche quello che ha promesso di non fare; mentre una volta esisteva questo stretto vincolo di mandato perché il Parlamento non era in seduta permanente, ma veniva convocato quando c’erano questioni importanti.
Il Re tradizionale, dunque, riconosce la volontà dei corpi intermedi, è impedito a emanare nuove leggi senza convocare ed ascoltare le Cortes, i Parlamenti; ed ovviamente è subordinato al diritto naturale, nonché, dovendo essere un Re cattolico, a quello divino,
Abbiamo visto quindi che cos’è un Re tradizionale: un Re che rispetta il diritto naturale in alto e il diritto costituito, i fueros, in basso; un Re che rispetta le società intermedie e che da loro prende forza – a differenza, ripeto ancora una volta, dello Stato, che invece non nasce in forza delle società esistenti, ma anzi sottopone al proprio capriccio e alla propria legiferazione i corpi intermedi. E quindi, di fatto, ne annulla l’intrinseca essenza.
[1] Usando termini più antichi, potremmo usare quello di contea (che ancora si usa o in Inghilterra e addirittura negli USA!).
[2] Spiegare perché i sindacati sono altro.