Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

RELAZIONI ISTORICHE DE’ POPOLI CICOLANI IN PROVINCIA DELL’AQUILA 1799 (II)

Posted by on Nov 4, 2022

RELAZIONI ISTORICHE DE’ POPOLI CICOLANI IN PROVINCIA DELL’AQUILA 1799 (II)

Non si sgomentò il Micarelli alle minaccie. Non credé alle assertive, e molto meno si fece sedurre dalle false voci di libertà, pace, e tranquillità.

Attacchi avuti coi Francesi

I Francesi vedendosi così poco prezzati, e sentendosi sempre intorno ad una nuova gente, pensarono di fugarla colla forza delle loro armi; usciti perciò dall’Aquila fuori Porta S.Antonio attaccarono i nostri alle ore venti a dì 1° Febraro. Il Comandante Salomone colle masse di Arischia, Cicoli, Pizzoli, Barete, e con quelle della Città di Montereale diretta dal coraggioso Giovane D.Cesare Marj, nella di cui organizzazione efficacemente cooperarono li Avv. D.Carlo Maria Conti, e D. Nicola Canofari, sostenne con intrepidezza l’assalto, e se dalla parte de lati aveva i stabiliti rinforzi, quel giorno avrebbe deciso della vittoria; si pugnò con egual sorte sino alla sera, che sciolse colle tenebre il combattimento. A dì 7 le Armate Popolari de Cicolani, Monterealesi, Arischiesi, Pizzolani, Cagnanesi & c. corsero di nuovo alle porte della Città. Furono militarmente situati ne luoghi di eminenza tra le Vigne di S.Giuliano, ed incontro la Porta di S.Antonio: Ad onta del continuo foco del Castello, e delle batterie situate a S.Silvestro dentro l’Aquila, la massa Cicolana volle battersi faccia, a faccia, per cui furono obligati i nemici alla ritirata sotto la protezione del cannone. A dì 11 fu attaccato un Corpo Francese a Campodifossa. Questo postati i cannoni sopra il Ponte Rasarolo, faceva continuo foco: Le masse però di Pianola, Bagno, Avezzano, Scurcola & c., situate dirimpetto sul monte, in vece di tremare alle palle, che gli fischiavano intorno, le raccoglievano intrepide, e si andavano avvezzando a quella insolita armonia. A dì 15 vi fu altro attacco fuori di Porta S.Antonio, d’onde sortendo la Cavalleria Francese, e numerosa Infanteria s’inoltravano a passi vittoriosi verso Coppito, per cui spaventati i nostri pareva, che non avessero potuto scampare, che con una vergognosa fuga; quando venuto un gagliardo rinforzo di coraggiosi Cicolani fece voltar fronte alle masse, le ricondusse incontro al nemico, e fece precedere una piccola Colonna avanzata, disponendo il resto negli agguati, e nelle imboscate; accorgendosi i Francesi di quelle disposizioni fatte con tutta la tattica militare, e pensando che se più si fossero inoltrati, sarebbero stati circonvenuti da lati, rincularono con loro non leggiera perdita; e lo stesso gli successe anche a Campodifossa a dì 20 per opera anche delle armate di Cicoli. Rimarcabile però più di ogni altra è la Zuffa del 21, la quale è necessario di qui circostanzialmente descrivere. Alle ore 19 cominciò l’attacco a Campo di Fossa; i Francesi si situarono intorno le mura. Il foco continuo però usciva dal Ponte Raserolo. Le masse del Quartiere di Pianola situate all’altura del Monticello sopra il ponte erano di posizione incontro al Nemico. La massa Cicolana del quartiere di Rojo disposta dal Micarelli in diversi punti guardava la strada Maestra, la Porta della Rivera, e la Porta di S.Antonio, il rimanente era postato sulle alture di Monteluca. Principiò il foco, che durò sino alle ore 21. Dopo la scarica di 19 cannonate dalla strada contigua all’Orto de Cappuccini, sei Francesi uscirono dalla Porta Rivera per far foco contro le Masse, ma la colonna situata incontro ne uccise due, perciò li convenne ritirarsi dentro di essa, che subito chiusero. Avvedutosi il Micarelli, che si faceva gran foco a S.Antonio radunò la Massa, e dalla stradella del Monteluca la fece passare al Ponte di Pile. Valicò a Cavallo il Fiume con pericolo di vita. Situò i suoi lungo il muro della Vigna di Carli, ed un’altra porzione l’imboscò nella Fratta, e ne Casini di detta Vigna; l’altra gente Cicolana, che stava acquartierata a Coppito la fece postare dietro un muro rotto nella chiesa di S.Antonio assistita dal bravo D.Felice Colasi, e vietò che non si facesse foco contro al Nemico, se non fosse giunto a giusto tiro. I Francesi si stringevano in piccola Colonna per intimorire le Masse; Queste li scaricarono tante palle addosso, che appena se ne poté salvare un solo ferito. Fu richiusa subito la Porta, e si seppe, ch’erano periti 36 de Nemici, e de nostri Cicolani uno solo ferito.

Come il Comandante Salomone fosse eletto

Generale di tutte le Masse

Siccome in tutte queste operazioni vi necessitava un Capo Generale autorizzato dal pubblico consenso, acciò se li prestasse quella esatta ubbidienza, che la disciplina Militare ed il buon ordine esigge, si pensò di congregare tutti i Capi Masse della Provincia, e si scelse la Chiesa della Madonna di Rojo per detto congresso. In questa al dì 28 Febraro tutti unanimemente stabilirono, e scelsero per lor Generale il Signor D.Giovanni Salomone, e ne formarono solenne Istromento per mano di Notar Sante Scoccia di Rocca di Mezzo. Eseguito quest’Atto con tutta la formalità, e prestatosi infrangibile giuramento sul Vangelo di difender la Religione, la Patria, e gli Augusti Sovrani, di essere ubbidienti, e soggetti a detto Generale, e di dipendere da suoi ordini, si stabilì il modo, ed il giorno di attaccar l’Inimico dentro la Città, e di liberarla dalle sue forze. Nel dì 2 marzo fu perciò concordemente fissata una simile intrapresa, che sebbene pericolosa, per esser le Masse senza Cannoni, la loro ardenza però non si arrendeva a veruno ostacolo. Alle ore 20 di detto giorno l’Abate Micarelli si portò a tale effetto al Quartiere di Coppito, si scelse la più coraggiosa gente del Cicolano, e la condusse al Quartiere Generale di Rojo; Fece ivi una valida Predica, e alle ore ventiquattro si pose alla lor testa per dare in quella stessa notte l’assalto al nemico.

Inviatosi verso Paianola, passò pel Molino di Collemaggio, il quale fece circondare, e trovandovi dieci persone armate le fece condurre a Bazzano: Ivi trovò l’indefesso Giovane D.Baldassarre Catalano colla sua brava gente tutta disposta alle operazioni necessarie. Fece fare gran quantità di Cartocci con la sua buona polvere, e alle ore cinque della notte fece sfilare con buon ordine, e chetamente le sue Masse, precedute da quaranta scale per poter salire le mura della Città.

Il Micarelli entra nell’Aquila per la porta del

Convento di S.Bernardino

Appena giunto vicino al recinto della Città spedì molte persone capaci per ispiare quali posti tenessero le Guardie Francesi, nella di cui operazione si distinse egregiamente il Catalani sudetto, Ciò saputosi si avanzò al muro dell’Orto di S.Bernardino, che forma le Muraglie del circondario della Città, e per mezzo di una porticella, che ivi si aprì entrarono le Masse nell’Aquila. Per quanto segretamente ciò seguisse non poté occultarsi ai Francesi, i quali subito assediarono la Chiesa. I Cicolani non si perderono d’animo, fecero foco contro di essi avanti la Tesoreria, e dalla parte della Porticella nella piazza dove si gioca a Pallone, nella quale azione oltre al Catalani si distinse benanche D.Daniele dello Diaco Leccese, e D.Angelo de Petris dell’Aquila. Aumentatosi però il loro numero fecero fronte alle Masse, che furono respinte due volte presso la Casa di D.Nicola Alfieri, ma infine circondati da tutte le parti dalle altre Masse furono obbligati di ritirarsi al Castello. Poche ore dopo risortirono col più vivo foco, rioccupando la Casa d’Aragona, dove abitava il Comandante della Piazza. Avvedutosi però che la forza contraria era molto superiore si respinsero dentro il Castello inseguiti dalle Masse a traverso delle Palle de Cannoni, che piovevano dalle batterie. Sul far del giorno il Quartier di Coppito sotto gli ordini del Comandante di Montereale D.Cesare Marj, e dell’Ajutante del Generale D.Luigi Masci entrò per porta S.Antonio. Il Quartiere di Pianola, Bagno e Fossa entrò per Porta Bazzano regolato dal valoroso Generale Salomone. Il Quartiere di Rojo per Porta Rivera, in cui D.Felice Colasi, regolando porzione de Cicolani li divise, e parte li fece salire per Campodifossa, mettendo in mezzo l’Inimico, parte ne introdusse per detta Porta, che fece abbattere, e così si avanzò nella Piazza. Rinchiuso il Nemico nel Castello per mantenere bloccato il medesimo l’Abbate Micarelli sempre vigilante, sempre in moto, non risparmiando né stento, né spesa, soffrendo l’umido della notte, ed il freddo della Mattina, fu assalito da grave infermità di costipazione. Obligato parciò a guardare il letto, non poté agire con prontezza, e disporre le sue Masse ad una valida difesa, in caso che fosse rinforzato il Nemico; Ed infatti trovandosi egli in questo stato cominciò a mancare l’ubbidienza, e l’attività, per cui molti si partivano senza licenza, e cominciò tutto a dissordinarsi.

Rinforzo de Francesi giunto nell’Aquila, e come
Questi facessero una terribile Carneficina
Nella Città, nel Sabato Santo

Nel Sabato santo giorno memorabile, ed infausto negli Annali della crudeltà, e che farà Epoca di lutto, e di tristezza per la infelice Città dell’Aquila, i Nemici ebbero rinforzo dalla parte di Rieti, Sorpresero di notte le Masse, le fugarono, l’uccisero, e sparsero le furie della rabbia, e della vendetta sulle triste, e desolate rive di Aterno. Tutti fuggirono. Il Generale Salomone vedendosi abbandonato appena poté sottrarsi alla lor Carneficina; Micarelli tutto fasciato pel male saltando a gran rischio le mura della Città, si salvò colla perdita del Cavallo, e di tutto il suo equipaggio. Prese la via di Rojo, e si restituì in Cicoli. Appena ebbe ricuperate le forze cominciò a ridarsi del moto in quelle Contrade; animò, esortò, regalò, e raccolse a sue spese molte genti, le quali fece postare nelle Frontiere per potere impedire una minacciata invasione in quella Comarca. Mantenne in tutti il buon ordine, e li trovò tutti fedeli verso il loro Monarca. I Francesi intanto desolavan la Città, rapivan da Tempj ciò, che vi era di più prezioso, e dopo un sacco di tre giorni, dopo aver scannati ventisette Ministri del Santuario di San Bernardino, e tutti quelli che trovarono in armi, spaventavan tutta la Provincia colle minaccie, e col terrore. La Guarnigione dell’Aquila essendosi così raddoppiata, e fortificata, il resto della Colonna si accinse a tornare in Roma carica di oro, e di argento. Il Cielo però non permise che andassero inulti i delitti de profanatori del Sacro Culto.

a cura di

Raimondo Rotondi

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