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Rinascita e storia recente di Fiorentino Bevilacqua

Posted by on Apr 17, 2018

Rinascita e storia recente di Fiorentino Bevilacqua

A commento di qualche notizia o post che riguarda il Sud, la revisione storica, la nostra rinascita etc, a volte qualcuno scrive che, se della ripresa del Sud gli interessa molto, non gli importa nulla del Regno delle Due Sicilie e dei Borbone.

Come se le due cose, rinascita e passato storico recente,  fossero due cose tra le quali non c’è alcuna relazione.

Non sono d’accordo.

Anni fa, un amico mi raccontò, indignato, della distruzione, avvenuta nella sua zona, di un manufatto che risaliva ai tempi dei Borbone.

La mia rivoluzione copernicana (galileiana!) circa la storia patria, sarebbe avvenuta di lì a qualche tempo, per cui, all’epoca dei fatti, conoscevo solo quello che a scuola mi avevano insegnato e avevo le idee che da ciò potevano nascere.

Pensai, perciò, tra me e me: “…ma ancora stiamo pensando ai Borbone!?” e “ Che cosa avranno mai fatto di tanto meritorio i Borbone da causare indignazione per la distruzione di un manufatto al loro periodo risalente?”.

Feci, perciò, i miei commenti di circostanza, convinto com’ero che nulla di valore e di valido ci potesse essere nell’epoca storica cui risaliva il manufatto (probabilmente una villa, se non ricordo male) e che nulla di positivo fosse perciò ascrivibile a merito della Casa allora regnante: appunto quella dei Borbone Due Sicilie.

Ma, se non si inquadra in maniera storicamente corretta il presente, almeno per quanto riguarda le sue relazioni con il passato prossimo, si rischia di inseguire soluzioni che non risolvono  un bel niente. Si resta impantanati dove si è e, anzi, si complicano ulteriormente le cose perché si imboccano vie senza uscita.

Come, per esempio,  a voler risolvere la scarsa industrializzazione del Sud, finanziando, con soldi pubblici, la costruzione, al Sud, di stabilimenti di proprietà di imprese del Nord che, magari, trasferiscono in essi  le loro code di produzione mentre, al  Nord, adeguano i vecchi opifici alle nuove produzioni richieste dal mercato.

Chi ci perde, due volte, è il Sud: i soldi usati per finanziare la costruzione degli stabilimenti qua giù sono anche suoi; lavora un po’, è vero, ma poi le commesse cessano e si ritrova, per di più, con un rudere che abbrutisce il territorio, ha impermeabilizzato una vasta superficie  di suolo e deve essere, oltretutto, rimosso.

Chi ci guadagna, invece,  è quello del Nord: con la scusa di aiutare il Sud, ottiene finanziamenti per costruire un impianto al Sud. Una parte del denaro, magari, lo usa per adeguare lo stabilimento del Nord alle nuove richieste del mercato mentre, in quello del Sud, trasferisce gli ultimi ordinativi (le code di produzione) per prodotti con la tecnologia che fra poco non vorrà più nessuno.

Grazie alla fabbrica del Sud, non perde i vecchi clienti, i vecchi ordini, quelli con tecnologia obsoleta e, nel frattempo, prepara lo stabilimento del Nord ad evadere  gli ordinativi che richiedono la nuova tecnologia …

Ovviamente, quando il mercato vorrà solo i nuovi prodotti e quelli vecchi non li vorrà più nessuno, la fabbrica del Nord sarà bella e pronta a produrli; quella del Sud no e, dunque, dovrà chiudere.

Anche questa è fratellanza, anche questi sono aiuti… con molta “cazzimma”, direi.

Come da 150 anni a questa parte…

Dov’è la liaison con i Borbone, cioè con la nostra  condizione preunitaria?

Il nesso è nella condizione di colonia interna in cui ci ha precipitato la cosiddetta unità, condizione che oggi consente quanto detto (ed altro!), così come a partire dal 1860.

Ma queste sono cose che bisognerebbe studiare a scuola, con una particolare attenzione a quelle che erano le condizioni preunitarie di quelli che, cominciando da prima che l’impresa partisse,  provvidero a dipingere se stessi come dei buoni samaritani che, raccolto il grido di dolore  che da ogni parte d’Italia (dicunt) si levava verso di loro, scesero lungo lo stivale per aiutare (narrant) noi e gli altri popoli della Penisola.

Allora non si parlava di fake-news: molte espressioni e molti lemmi erano diversi da quelli che usiamo noi oggi, ma concetti e contenuti sono gli stessi.

Ne è un esempio il termine  “carrozzino”:  secondo un  giornale dell’epoca,  Il cittadino, di Palermo, esso entrò in “gioco” (ma non era la prima volta, né sarebbe stata l’ultima, nella vicenda cosiddetta dei Mille) nell’affaire delle ferrovie meridionali la cui costruzione era stata assegnata, dai Borbone, a  società come quella costituita del barese Emanuele Melisurgo1. Il carrozzino,  fu intascato da Crispi e Bertani2, due strettissimi collaboratori di Garibaldi il quale, nelle sue vesti di prodittatore, il 25 settembre 1860 concesse la costruzione delle ferrovie alla ditta Adami e Lemmi di Livorno3.

Un altro capitolo, della storia “unitaria”, del lavoro che, tolto al Sud, viene portato (assieme a ingenti capitali…) al Nord, creando povertà, insorgenza  ed emigrazione qui, lavoro e benessere al Nord; un altro capitolo che avrà un seguito quando, di lì a due decenni, sia pure con modalità diverse, le Ferriere e la fabbrica d’armi di Mongiana, in Calabria, chiuderanno e saranno sostituite da quelle aperte a Terni…

Altre cose, tolte qui, andarono su, a Nord…Livorno incluso4.

La politica inaugurata allora, la politica che ha informato il processo che ha portato alla nascita dell’Italia cosiddetta Unita, è continuata fino ai nostri giorni.

La rinascita e la nostra storia recente sono, perciò, due cose inscindibili.

Per noi, dunque, diventa centrale la risposta alla domanda su cosa fare per venir fuori da questa situazione: eliminare ogni simulacro di unità o impostare, se possibile, un nuovo rapporto tra Sud e Nord?

 

Fiorentino Bevilacqua

14.04.18

1)   https://it.wikipedia.org/wiki/Emmanuele_Melisurgo

2)   G. Buttà, citato in G. De Crescenzo,  Contro Garibaldi,  Editoriale Il Giglio, Salerno 2006, p. 60.

3)   https://www.eleaml.org/ne/zenone/zde_primo_scandalo_tosco-padano_ferrovie_meridionali_2014.html

4)   Dunque, il grido di dolore c’è stato, si è levato dalle nostre Terre, certo. Ma solo dopo il 1860, non prima! Prima, la nostra Terra se non era il Paradiso terrestre era, come affermò Giacinto de’ Sivo,  “il sorriso del Signore”.

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