Risorgimento liberale, hegeliano e protofascista, culla del futuro fascismo di Giuseppe Gangemi
Silvio Spaventa nasce nel 1822 a Bomba, provincia di Chieti, Abruzzo. Partecipa ai moti del 1848. Dopo la revoca della Costituzione borbonica, viene arrestato e condannato a morte. La pena viene commutata in ergastolo e, poi, in esilio perpetuo. Torna a Napoli nel 1860 per assumere la carica di ministro della Polizia nel governo luogotenenziale.
Nel 1862 viene nominato segretario al ministero dell’interno nel Governo di Torino. In quest’ultimo ruolo, organizza la deportazione dei domiciliati coatti in base alla Legge Pica. Deputato dal 1861, diventa senatore dal 1886. Si definisce liberale ed hegeliano. Favorevole a un forte accentramento amministrativo, il suo modello di Stato è quello prussiano,
Il conte Pietro Manfrin nasce nel 1827 a Castione, frazione di Loria, provincia di Treviso, Veneto. Partecipa ai moti del 1848-49. Con il ritorno degli Austriaci, si reca in volontario esilio, insieme al padre Matteo, già attivo nei moti del 1821 e del 1831. Torna in Veneto nel 1866 e viene eletto deputato in più collegi. Senatore dal 1879. Si definisce liberale e municipalista. Favorevole a un forte decentramento, il suo modello di Stato è quello inglese. Scrive contro l’accentramento amministrativo un volume dal significativo titolo di Tirannide Burocratica.
Manfrin racconta di avere ascoltato un discorso intercorso tra un ministro di Grazia e Giustizia italiano e un deputato, entrambi liberali ed hegeliani, che lo ha lasciato perplesso e preoccupato. “Se un semplice cittadino si fa attore in una causa contro lo Stato e la vince, vince solo il cittadino e tutti gli altri perdono perché lo Stato rappresenta tutti. Se, invece, quel cittadino perde la causa, è solo lui a perdere e tutti gli altri vincono, compreso l’attore della causa perché lo Stato rappresenta anche lui. Quindi, è sempre meglio che vinca lo Stato”.
Inutile dire che quello che più ha contribuito a dare forma allo Stato italiano centralizzato è stato Spaventa. Soprattutto a partire dal 1889 quando un suo Discorso tenuto a Bergamo ha un’enorme eco, viene recepito dal Parlamento e viene tradotto in leggi che hanno perfezionato la forma di Stato burocratico e centralizzato vigente ancora adesso.
Manfrin non ha mai avuto incarichi di governo, Spaventa, purtroppo, ne ha avuti. Come segretario del ministero dell’Interno, il 5 luglio 1864, invia un telegramma alla Prefettura di Livorno che gestisce il collocamento dei domiciliati coatti in base alla Legge Pica: “A Cagliari posti preparati per trenta. Se nel Lazzaretto costà trovansi individui di età inoltrata non atti a lavoro estenda la spedizione a cinquanta. In questo caso telegrafi subito Ministero per gli ordini a Cagliari. Spaventa”.
Perché, se i posti pronti a Cagliari sono 30, si debbono mandare 50 domiciliati coatti? È evidente che Spaventa non parla di posti intesi come luoghi in cui essere ospitati. Parla, infatti, di posti di lavoro e i 20 in più da mandare sono parenti dei 30. Questi 20 richiesti da Spaventa devono avere le seguenti caratteristiche: “di età inoltrata, non atti al lavoro”. Dalle note del Prefetto si evince che, dai trenta, egli esclude cinque persone che definisce “malaticci”.
In conclusione, trenta devono essere di sana e robusta costituzione, cioè capaci di lavorare per mantenere se stessi e i 20 loro parenti di età anziana e non atti al lavoro. Spaventa vuole che siano inviati in Sardegna domiciliati in età avanzata (20), possibilmente con figli atti al lavoro duro (30). La cosa diventa più chiara nei tre telegrammi successivi.
Torino, 7 luglio 1864: “Prefetto di Livorno. Manifesti se per la parentela che accennai dispacci di ieri numero di coatti da partire venerdì per Cagliari si accresce e di quanti. Spaventa”. Telegramma da Torino del giorno dopo: “Prefetto di Livorno. Se tra coatti costì esistono padri mariti e fratelli delle donne che partiranno domani per Cagliari li faccia pure imbarcare. Spaventa”. Risposta del Prefetto: “Al numero coatti e delle coatte da mandarsi a Cagliari come per mio telegramma del giorno di ieri si debbono aggiungere due altri figli di uomini delle coatte. Così la spedizione di domani sarà in tutto 52. Prefetto Amari”.
I due ultimi telegrammi suggeriscono che le persone da inviare in Sardegna siano scelte a partire dalle donne e dagli anziani: individuata la persona non atta al lavoro, si scelgono coloro che debbono lavorare per mantenerla.
In altri termini, partendo la selezione dalle donne e dagli anziani, il ministero dell’Interno mostra che sta inviando in Sardegna persone che devono accettare l’unico lavoro disponibile, quello in miniera, per mantenere se stessi, le donne e gli anziani della famiglia con loro. Data la loro situazione famigliare, non possono permettersi di vivere di lavoretti saltuari.
Manfrin si convince che i liberali ed hegeliani non sono veri liberali sentendo una conversazione tra due di essi. Se fosse venuto a conoscenza dei telegrammi che si scambiano Silvio Spaventa e il Prefetto di Livorno e Senatore del Regno, Michele Amari, non si sarebbe limitato a denunciare la tirannide burocratica, ma avrebbe detto che lo Stato italiano nato dal Risorgimento è uno Stato proto-dittatoriale in quanto l’ideologia che lo guida preannunzia la dittatura e ne avrebbe costituite le fondamenta. Perché si affermi la consapevolezza che il liberalismo hegeliano (di ispirazione tedesca) è stato protofascista, e che solo il liberalismo di ispirazione anglosassone è realmente liberale, occorrerà aspettare il 1955, anno di pubblicazione di Politica e Cultura di Norberto Bobbio. Bobbio ha come obiettivo polemico Benedetto Croce, a suo dire hegeliano e protofascista fino al 1922, finché non abiurerà il fascismo e il modello statale tedesco. Le affermazioni di Bobbio possono essere estese anche allo zio e tutore di Croce (Silvio Spaventa, protofascista). A proposito di Pietro Manfrin, Bobbio avrebbe detto che, avendo assunto come modello lo stato inglese, era uno dei pochi, inascoltati, veri liberali. Il prevalere dell’hegelismo, di Silvio e Bertrando Spaventa, e di altri ha prodotto quell’attitudine liberticida dello Stato nato dal Risorgimento che è, poi, naturalmente e inesorabilmente, sfociata nel fascismo.